Finalmente l’Iran apre le porte degli stadi alle donne. Dopo quarant’anni, la Repubblica Islamica è stata costretta dalla Fifa a interrompere la sua politica di accessi per soli uomini al mondo del calcio, fondata sull’idea che le appassionate dovessero essere protette dall’atmosfera prettamente maschile e dalla visione di giocatori in pantaloncini, quindi semi-vestiti. La spinta decisiva è arrivata dopo il caso di Blue-Girl, la trentenne Sahar Khodayari, che si è data fuoco ed è morta prima di essere condannata per ingresso non autorizzato allo stadio: la tifosa dell’Esteghlal, la squadra blu della capitale Teheran (da qui il soprannome Blue-Girl), si travestiva da uomo per poter bypassare i controlli ai tornelli degli impianti iraniani.
Sahar Khodayari è morta nello scorso settembre, dopodiché la Fifa ha obbligato l’Iran a concedere dei biglietti destinati alle donne per la partita tra la Nazionale maggiore e la Cambogia, valida per la qualificazione ai Mondiali 2022. Il match si giocherà domani allo stadio Azadi di Teheran, e il primo lotto di biglietti per le donne è stato venduto interamente nel giro di un’ora. Una delle 3500 donne che presenzierà alla partita è Raha Poorbakhsh, giornalista calcistica: «Non riesco ancora a credere che questo accadrà, dopo tutti questi anni di lavoro passati guardando il calcio in televisione, ora posso sperimentare tutto di persona», ha detto all’Afp, in un’intervista riportata anche dal Guardian.
Il divieto di ingresso degli stadi non era codificato in maniera scritta, ma era stato applicato con grande rigidità. Dalla rivoluzione islamica nel 1979, il regime ha concesso l’accesso alle donne in occasione di pochissime partite: una nel 2001, valida per la qualificazione ai Mondiali, e un’altra nel 2005. Si trattava però di eventi eccezionali, che non hanno avuto effetto sui regolamenti e/o sulle consuetudini della Repubblica Islamica. Ora, però, tutto è cambiato.