Il Bordeaux di Paulo Sousa è la rivelazione della Ligue 1

Un quarto posto inatteso dopo un mercato davvero piatto.

Lilla, Monaco, Lione. Negli ultimi tre anni di Ligue 1, le gerarchie dietro al Psg (in realtà il Monaco ha anche vinto il titolo nel 2017) sono state decisamente liquide, evidentemente è difficile confermarsi come contender del club parigino quando il gap economico è così ampio. Ecco che allora c’è un riciclo continuo, un avvicendamento senza sosta, per cui pure delle squadre non troppo ambiziose – almeno a breve termine – riescono a imporsi in posizioni nobili di classifica. In virtù di tutto questo, il Bordeaux si candida come possibile erede di questa tradizione: la squadra di Paulo Sousa è quarta in classifica, a due punti dall’Angers (altra grande rivelazione in questo avvio di stagione) e a tre dal Marsiglia, quindi in piena corsa nel campionato degli “umani”.

A differenza della squadra di Villas-Boas, che si è esposta decisamente di più sul mercato negli ultimi anni (la nuova proprietà americana ha investito oltre 150 milioni dal 2017 a oggi), e dell’Angers, che da un decennio costruisce il suo progetto sul player trading e sulla valorizzazione dei giovani, il Bordeaux non ha ancora un’identità chiara. O meglio: Paulo Sousa è arrivato quasi al termine della scorsa stagione al posto di Éric Bedouet – che a sua volta aveva sostituito Gus Poyet –, ha vinto solo due delle prime undici partite di campionato, poi ha vissuto un calciomercato a dir poco piatto e ha iniziato questa stagione tra mille incognite.

Un solo acquisto di sostanza: Laurent Koscielny dall’Arsenal; oltre al 34enne difensore centrale, sono arrivati giocatori apparentemente marginali (l’attaccante sudcorano Ui-jo Hwang, i difensori Mexer e Benito), mentre le uniche partenze d’impatto sono state quelle di Jules Koundé (al Siviglia per 25 milioni) e di Lukas Lerager, ceduto al Genoa dopo il prestito dello scorso anno. Insomma, con sette milioni di investimento totale (e un disavanzo positivo di 27 milioni), sembrava che il Bordeaux fosse destinato a una stagione anonima, la rosa non era migliorata sensibilmente rispetto a un anno fa, inoltre non si percepiva una direzione strategica chiara: il Bordeaux doveva essere una squadra giovane oppure d’esperienza? Quali sarebbero state le tattiche di riferimento per questa stagione? E quale giocatore sarebbe stato messo al centro del progetto?

Buon parte di questi interrogativi si sono dissolti in questa prima parte di stagione: Paulo Sousa ha creato un sistema estremamente riconoscibile, fondato sulla difesa a tre e sulla tendenza al possesso palla (media di 53% per match, quarta quota della Ligue 1). Insomma, più o meno gli stessi principi del suo periodo italiano, quando la sua Fiorentina si affermò come una delle squadre tatticamente più interessanti della Serie A. Il Bordeaux ama giocare il pallone dal basso, costruire l’azione fin dalla difesa, ma dopo i primi scambi cerca di velocizzare l’azione, di sfruttare il dinamismo dei suoi esterni e dei suoi uomini offensivi, ovvero Kamano, de Préville e Ui-jo Hwang, ormai titolare fisso anche nella Corea del Sud, accanto a Son Heung-min del Tottenham.

Il Bordeaux è il nono club in sette paesi diversi nella carriera di allenatore di Paulo Sousa: prima di approdare in Francia, il portoghese ha lavorato in Inghilterra, Ungheria, Israele, Svizzera, Italia e Cina (Nicolas Tucat/AFP via Getty Images)

L’altro elemento in evidenza in questa prima parte di stagione è stato Aurélien Tchouaméni, centrocampista centrale di 19 anni cresciuto nel vivaio del club. Prima della vittoria di ieri contro il Monaco (2-1 in rimonta, grazie alle reti di Pablo e de Préville), Sousa ha spiegato che Tchouaméni «ha grandi margini di miglioramento, è un calciatore che può aiutarci molto in questa stagione». Dopo la partita, Sousa ha cercato di calmare gli entusiasmi generati dall’ottima classifica della sua squadra, e allo stesso tempo di chiarire quali sono le prospettive del suo Bordeaux: «Non abbiamo fato grandi investimenti, non possiamo coltivare grandi ambizioni. Però possiamo continuare a lavorare sulla nostra idea di gioco, il nostro buon rendimento deve darci maggiore fiducia rispetto al lavoro da fare in allenamento, migliorare è l’unico modo per poter pensar di vincere ancora, e per colmare il gap con le squadre più ricche». Finora è andata bene, nonostante i pronostici.