Il Liverpool a un passo dalla perfezione

La squadra di Klopp è diventata matura e completa, al punto da dominare la Premier League.

Un gol in mischia, in area di rigore, a cinque minuti dalla fine. Così il Liverpool si è preso i tre punti a Selhurst Park, campo del Crystal Palace. Una vittoria difficile (2-1 il risultato finale), tirata forse anche più del previsto, con i padroni di casa che erano riusciti ad anestetizzare gli uomini di Klopp, soprattutto nel primo tempo, e a rendersi pericolosi in molte occasioni. Solo nella ripresa i Reds hanno iniziato a creare gioco. Ma hanno trovato il gol decisivo solo nel finale, con Firmino, per la dodicesima vittoria in tredici partite di Premier League. Un cammino straordinario nei numeri e nei fatti, un percorso che ha visto un unico stop, a Old Trafford, pareggio contro il Manchester United. Poi solo successi, anche quando le prestazioni non sono state eccezionali – come racconta la trasferta nel Sud di Londra. In questa stagione il Liverpool sta dimostrando una continuità superiore a tutte le contendenti al titolo, che sono distanti almeno otto punti.

Al quinto anno di gestione Klopp, il Liverpool è una squadra matura, all’apice del suo progetto tecnico: oggi ha più punti di Manchester United e Arsenal messi insieme, due formazioni che nel primo biennio del tedesco in Inghilterra sono sempre arrivate avanti ai Reds, in classifica. Nelle ultime stagioni il Liverpool è riuscito ad andare oltre i suoi limiti più evidenti. Merito soprattutto del testa a testa con il Manchester City di inizio 2019, quando gli uomini di Klopp sono stati costretti ad evolvere in una versione più completa per mantenere gli standard di rendimento dei Citizens.

La corsa al titolo 2018/19 ha portato il manager tedesco (e il suo rivale, Pep Guardiola) a rimodellare la propria strategia aggiornandola settimana dopo settimana. Per essere così costante sul lungo periodo, il Liverpool è andato oltre la sua idea di calcio ipercinetica, dinamica e verticale, un gioco immediatamente riconoscibile: ha aggiunto una dimensione più orizzontale, votata al palleggio e al controllo del possesso, una necessità per poter sostenere lunghe fasi di attacco posizionale senza perdere efficacia.

Il frutto di quello sforzo lo stiamo vedendo oggi: il Liverpool è una squadra estremamente solida, che sta distruggendo la competizione della Premier League – il campionato che credevamo equilibrato per definizione. L’aggiornamento del gioco è stato necessario, ed è stato fatto assecondando le caratteristiche dei giocatori. Il risultato finale è una squadra con caratteristiche per certi versi uniche: era praticamente impossibile sperare di poter impiantare nel sistema del Liverpool i principi del gioco di posizione – quelli, per intenderci, che caratterizzano la filosofia del Barcellona o del Manchester City –  così, quando sceglie di palleggiare, la squadra di Klopp sfrutta un sistema ibrido, che continua a saltare il centrocampo in fase di impostazione, anche nelle azioni più ragionate. Il centrocampo non è il fulcro del gioco: lo accompagna, ma non lo determina. La costruzione dell’azione è affidata al portiere e ai difensori, privilegiando il lato destro di Alexander-Arnold, il vero regista, quello che ha il compito di dare l’innesco alla manovra offensiva con un cambio di campo, con una verticalizzazione sull’esterno dal suo lato, o anche cercando connessioni con i compagni vicini (in questo caso i centrocampisti giocano a muro per muovere il pallone, alimentare il possesso fino a liberare la sua visione di gioco). Sovraccaricare il gioco sulla fascia destra permette al terzino dal lato opposto, Robertson, di sfruttare il campo aperto per gli uno contro uno e le azioni individuali nell’ultima porzione di campo. L’intesa tra i due laterali di difesa – che avanzano costantemente insieme – ha disegnato una direttrice di gioco che taglia tutto il campo: nasce dalla visione di Alexander-Arnold che sfrutta la sua squisita qualità nel passaggio lungo per trovare il movimento senza palla dello scozzese. L’azione del gol di Salah contro il Manchester City è un piccolo saggio di questa triangolazione, diventata marchio di fabbrica dei Reds.

Alexander Arnold ha la palla nella sua metà campo e cambia gioco in diagonale verso Robertson con un passaggio sul quale ha messo il suo trademark, ma che non ha nulla di scontato, di sinistro per di più. Robertson la tocca una volta per controllarla, poi disegna un cross perfetto alle spalle della linea difensiva del City. Il pallone incontra perfettamente la testa di Salah

Nel gol di Salah c’è tutto il Liverpool di Klopp. O quasi, manca un elemento fondamentale del sistema costruito dall’ex allenatore del Borussia Dortmund. Manca una giocata di Roberto Firmino, l’uomo deputato a inventare calcio sulla trequarti, quello che deve aprire la scatola soprattutto nelle fasi di attacco posizionale, con i suoi movimenti ad abbassarsi verso il centrocampo per muovere le pedine della difesa avversaria e permettere gli inserimenti degli esterni d’attacco o, in alternativa, delle mezze ali.

Anche da qui si capisce come il centrocampo rimanga sostanzialmente marginale nella manovra del Liverpool, nel senso che il triangolo di mediana ha una funzione di ingranaggio all’interno del sistema: i centrocampisti sono tutti in qualche modo gregari. E di questa condizione, Fabinho ne è la rappresentazione perfetta. Diventato giocatore fondamentale proprio per la sua capacità di interpretare il ruolo di mediano senza richiedere il pallone, il brasiliano è quello che garantisce l’equilibrio alla squadra con la sua capacità di difendere in avanti e in orizzontale con estrema efficacia (7,1 recuperi a partita, dati Soccerment), consentendo ai terzini di avanzare contemporaneamente. In fase di possesso il suo compito è dare fluidità alla manovra: muove la palla con tocchi rapidi, semplici il più possibile, e quasi tutti laterali, preferibilmente verso destra, cioè verso Alexander-Arnold (solo il 24% dei passaggi è in avanti, contro il 32% degli altri mediani delle cinque migliori leghe europee). Quando il Liverpool si piazza nella metà campo avversaria, Fabinho offre lo stesso tipo di aiuto, anche se il coefficiente di difficoltà aumenta con l’avanzare verso la porta: se la precisione dei passaggi nella propria metà campo coincide con la media per ruolo, nella metà campo offensiva Fabinho è tra i migliori mediani delle cinque leghe europee (83,8% di precisione contro il 73,4% di tutti gli altri).

Nella sua carriera da allenatore, Klopp ha vinto sette trofei: cinque con il Borussia Dortmund, due con il Liverpool (Paul Ellis/AFP via Getty Images)

In questo Liverpool Fabinho è così importante che, quando è andato in diffida per il giallo preso contro il Tottenham, i tifosi dei Reds hanno iniziato a tremare. Se fosse stato ammonito contro l’Aston Villa avrebbe saltato la sfida contro il Manchester City, e tutti sapevano che non ci sarebbe stata speranza senza di lui: in quei giorni una query con le parole “Fabinho yellow card” su Twitter produceva migliaia di risultati con frasi preoccupate o disperate. Non a caso in stagione Klopp si è privato di lui in una sola partita tra campionato e Champions League, ovviamente contro l’Aston Villa.

Tuttavia, i Reds non sono ancora una macchina perfetta nonostante il grande distacco dalle rivali. Al Liverpool sta mancando troppo spesso brillantezza nel gioco, al netto dei risultati. Si verifica soprattutto in trasferta: l’abbiamo visto nell’ultimo turno con il Crystal Palace – al netto dell’assenza di Salah –, con il Manchester United, con lo Sheffield United e con l’Aston Villa. Sono quattro partite che hanno portato dieci punti sui dodici disponibili alla squadra di Klopp, ma hanno anche evidenziato qualche imperfezione. Limiti importanti non ce ne sono, al più qualche stortura da correggere, ad esempio in fase difensiva. Mettendo a confronto i numeri di questa stagione con la precedente i dati segnano un trend negativo: nel 2018/19 i reds hanno concesso una media di 0,58 gol a partita, quest’anno invece circa 0,83. Un calo che si ritrova anche nelle occasioni concesse: 0,98 xGA a partita quest’anno, contro gli 0,76 xGA della scorsa stagione.

Dopo le 27 reti della passata stagione, Salah è a quota nove in tutte le competizioni nel 2918/20: sei gol in Premier e tre in Champions League (Michael Steele/Getty Images)

Subire più gol e concedere più occasioni pericolose non è di certo il miglior segnale per una squadra che punta a vincere la Premier. Ma finora i risultati danno ragione a Klopp. Un po’ perché l’attacco è migliorato ulteriormente, sotto quasi tutti gli aspetti statistici; un po’ per una nuova consapevolezza che sembra guidare in campo la formazione di Klopp. È una maturità che la squadra ha costruito negli anni, con l’esperienza, con le sconfitte e le delusioni di un gruppo che ha perso una finale di Europa League e una di Champions League, e che è arrivata seconda con 97 punti (record per una non-vincente).

Una forza mentale forgiata soprattutto dalla vittoria in Champions League dell’anno scorso, che ha tolto un grosso carico in termini di pressione dall’esterno – da media e tifosi – e ha aggiunto una fiducia nei propri mezzi e nella qualità del proprio lavoro che aveva bisogno di una conferma di questo tipo. Questo Liverpool sembra più attrezzato di qualunque altra versione passata per conquistare finalmente quel successo in campionato che manca dal 1990. Quando la Premier League non era ancora nata.