Tre cose sulla 14esima giornata di Serie A

Lautaro simbolo dell'Inter, la Juve rallenta, il Napoli in crisi assoluta.

Lautaro trascina l’Inter in testa

Dopo poco meno di due mesi, l’Inter ritrova la vetta: il sorpasso ai danni della Juventus arriva con la vittoria sulla Spal, decisa da una doppietta di Lautaro Martínez. Per l’attaccante argentino si tratta dei gol numero 12 e 13 in stagione – in pratica, sono già quattro le realizzazioni in più rispetto allo scorso anno. Sono i dati di un giocatore responsabilizzato, che nel corso del 2019 ha vissuto una straordinaria fase di crescita, culminata con la nascita del legame a doppio filo con Romelu Lukaku – con cui compone la coppia offensiva più prolifica del campionato. Se non determina l’uno, si impone l’altro: a Lukaku era successo di scuotere a proprio piacimento la gara di Champions contro lo Slavia, quattro giorni dopo Lautaro si prende la scena nella giornata del sorpasso in classifica. Il modo in cui va a rete sottolinea una volta di più la sua straordinaria poliedricità – è, in pratica, il tuttofare dell’attacco nerazzurro, l’uomo in grado di legare i reparti, imbucare, dettare la profondità e, appunto, trovare sempre la via del gol. L’1-0 arriva con una galoppata verso la porta avversaria e diagonale preciso e angolato; il raddoppio con un colpo di testa in cui fa valere l’ottima capacità di smarcamento e tempismo nell’impatto. Sono passati soltanto pochi mesi da quando a San Siro andava in scena l’one man show di Icardi, eppure sembra trascorsa un’era.

La Juve di Sarri non è ancora fluida

Fino al fischio finale di Juventus-Sassuolo, la stagione dei bianconeri aveva ripercorso in maniera quasi pedissequa gli ultimi anni di trionfi. Mentre Maurizio Sarri cercava di dare una nuova identità alla squadra, la squadra continuava a fare punti, come se fosse ineluttabile: i successi contro Napoli, Genoa e Milan, per esempio, erano arrivati al termine di prestazioni altalenanti, tra alti e bassi, senza che la manovra offensiva fosse davvero fluida, avvolgente, pienamente efficace. Anche contro il Sassuolo è andata così: la Juventus ha costruito un ottimo numero di occasioni da gol (29 tiri in porta, di cui 9 nello specchio), però stavolta non è riuscita a controbilanciare gli errori difensivi, individuali e di sistema, momenti di vuoto pneumatico da mettere in conto mentre è in corso una trasformazione tattica, per non dire filosofica e culturale. È come se la squadra di Sarri fosse ancora alla ricerca del suo assetto definitivo, e allora ci sono degli scompensi nella gestione delle partite, che possono essere risolti solo attraverso situazioni estemporanee, per esempio giocate dei singoli o errori grossolani degli avversari. Il problema, per i bianconeri, è che l’Inter corre alla stessa velocità della Juve, come solo il Napoli – di Sarri – era riuscito a fare negli ultimi anni, quindi questi fisiologici passi falsi sono altamente sconsigliati. È come se le due regine della Serie A fossero in due momenti diversi nonostante partissero allo stesso modo: l’Inter ha già trovato certezze che sembrano definitive, incrollabili; la Juventus, invece, ha mostrato il solito, enorme valore tecnico, ma ha ancora margini da colmare per essere perfetta dal punto di vista tattico, almeno secondo gli standard del suo allenatore. Che è stato chiamato per fare la rivoluzione, che l’ha effettivamente avviata, ma che deve fare i conti con tempi resi più stretti da un’avversaria di altissimo valore, almeno per quanto riguarda la corsa scudetto.

La crisi senza fine del Napoli

La sconfitta con il Bologna non è un caso, non può esserlo. Anzi, il problema del Napoli è proprio questo: il risultato maturato contro la squadra di Mihajlovic è perfettamente coerente con l’andamento dell’ultimo mese, mentre il pareggio contro il Liverpool è stato casuale – non tanto il risultato, parliamo di qualità della prestazione. Contro i rossoblu, ieri, il Napoli ha evidenziato tutti i difetti strutturali e derivati della squadra di Ancelotti: la mancanza di un terzino sinistro in condizione nell’organico, data l’assenza perpetua di Ghoulam e la scarsa forma di Mario Rui, fattivamente impossibilitato a giocare due partite in una settimana; Allan non ha un reale sostituto nella rosa, il suo alter ego potenziale è Elmas, un giocatore con caratteristiche diverse, con meno esperienza; infine la difficoltà a equilibrare tutti gli uomini offensivi in un sistema coerente, ieri Ancelotti ha schierato insieme Lozano, Mertens, Llorente e Insigne dopo il pareggio di Skov Olsen, ha sbilanciato troppo l’assetto della squadra ed è arrivato pure il gol di Sansone. Dopo la partita, poi, lo stesso Ancelotti ha attaccato duramente i giocatori, sottolineando in maniera clamorosa come esista un ulteriore scollamento tra rosa e allenatore, un disaccordo tattico – già evidente sul campo – che diventa emotivo, che inficia anche la convivenza dietro le quinte. Se fino alla partita contro il Salisburgo la crisi del Napoli sembrava soprattutto politica, ora quei dissapori si sono palesati anche sul campo, in maniera assoluta e definitiva. Gli otto punti di distacco dalla zona-Champions, l’obiettivo minimo della stagione, sono un dato eloquente rispetto alle difficoltà di una squadra, anzi di un’intera società che sembra andare alla deriva. E che non è riuscita a riprendersi nemmeno dopo lo shock positivo del pareggio ad Anfield.