Proprio ieri, alla vigilia della partita contro il Brighton, Freddie Ljungberg ha parlato di Nicolas Pépé, delle sue difficoltà in questo inizio di stagione: «È normale che un ragazzo così giovane, che arriva da un campionato diverso, possa avere dei problemi di ambientamento. Non credo abbia una crisi di fiducia, però ho intenzione di parlare con lui, gli spiegherò cosa mi aspetto e come voglio che giochi. È un calciatore eccezionale, ma è ancora in fase di adattamento, dentro e fuori il campo da gioco». Tutto normale, tutto messo in preventivo: Pépé ha 24 anni, tre a due anni fa giocava nell’Angers, poi si è rivelato come uno dei talenti più promettenti della Ligue 1, però ci sta che il suo impatto con l’Arsenal – e con la Premier League – possa essere stato più duro del previsto.
Il punto è che c’erano delle aspettative enormi sull’ex attaccante del Lille, non fosse altro che per la cifra investita dalla dirigenza dei Gunners per strapparlo alla concorrenza sul mercato – tra le tante società interessate a lui c’era soprattutto il Napoli. I 72 milioni di sterline (circa 80 milioni di euro) spesi per lui, almeno finora, non hanno avuto riscontro in campo: Pépé ha giocato otto partite da titolare in Premier League (meno di giocatori come Calum Chambers e Mattéo Guendouzi, giusto per fare due nomi), ma il vero problema è che in questi match ha inciso pochissimo, appena un gol segnato e due assist decisivi. Nelle ultime quattro sfide non è stato schierato in campo dal primo minuto, e contro Wolverhampton e Norwich non è entrato in campo nemmeno a partita in corso.
In Europa League, però, il suo score migliora: due gol e due assist serviti in quattro match. È un segnale statistico chiaro, è evidente come Pépé abbia grande qualità e ampi margini di miglioramento, allo stesso tempo però va sottolineato come nessuna delle reti realizzate finora sia arrivato su azione manovrata (due punizioni contro il Vitória Guimarães e un rigore contro l’Aston Villa). Certo, sulla situazione personale di Pépé ha inciso e incide la difficile situazione dell’Arsenal, che ha vissuto un inizio di stagione complicato, ha licenziato Unai Emery e ha affidato la panchina a Freddie Ljungberg, in attesa del nuovo manager – anche se la tendenza della Premier è quella di trasformare i caretaker, traghettatori in italiano, in allenatori a tempo pieno.
Le due punizioni niente male segnate contro il Vitória Guimarães
In un articolo di The Athletic, ci sono due testimonianze di tifosi del Lille riguardo l’incompatibilità di Pépé con un gioco lento e/o orientato al possesso, che quindi determina spazi stretti in fase offensiva: «Nicolas ama giocare in campo aperto, è devastante in transizione, quando può puntare in verticale la porta avversaria». È una lettura realistica della situazione, e il fatto che Pépé sia stato “scavalcato” da Özil nelle gerarchie degli uomini offensivi – alle spalle degli intoccabili Aubameyang e Lacazette – dimostra come anche il contesto creato intorno a lui non sia stato il migliore: se l’Arsenal ha deciso di spendere 80 milioni di euro per acquistarlo, sarebbe consigliabile – proprio da un punto di vista economico, per proteggere l’investimento fatto – giocare un calcio che possa esaltarlo, quantomeno possa consentirgli di esprimersi al meglio delle sue qualità.
Come detto, Ljungberg è subentrato a Emery con un incarico a interim, in queste prime partite della sua carriera da manager si sta giocando la possibilità di rimanere sulla panchina dell’Arsenal con un contratto permanente. Non è esagerato pensare che l’invenzione di un sistema di gioco che possa portare Pépé – che resta il giocatore più costoso nella storia dei Gunners – a un livello superiore sia una possibile strada da intraprendere per convincere la dirigenza e i tifosi. La prima occasione, per lo svedese e per il 24enne attaccante ivoriano, arriverà stasera contro il Brighton, all’Emirates. Sarà interessante capire come andrà, per il presente e il futuro, dell’Arsenal e di un giocatore arrivato come una stella e che finora ha vissuto un’avventura molto deludente.