Il casino tra Arsenal, Özil e Cina, insomma

Il club ha preso le distanze dal suo giocatore, per evitare altri danni economici.

Non è stato un bel fine settimana per Mesut Özil: nel weekend vero e proprio è stato negativamente protagonista della sconfitta, nettissima, dell’Arsenal contro il Manchester City (3-0 per i Citizens), venendo sostituito prima della fine della partita e reagendo con un gesto un po’ brusco al richiamo in panchina, ma soprattutto, nella giornata di venerdì, è stato protagonista di uno scontro piuttosto frontale con uno dei più sgradevoli avversari con cui può capitare di scontrarsi: la Cina. Il centrocampista tedesco ha infatti postato un messaggio sul suo profilo Instagram scrivendo: «[In Cina] i Corani vengono bruciati, le moschee chiuse, le scuole islamiche bandite, vengono uccisi religiosi, e nonostante tutto questo, i musulmani stanno in silenzio».

Si è poi riferito agli Uiguri, l’etnia turcofona di religione musulmana a cui si riferiva, «guerrieri che resistono alla persecuzione». Rcentemente il New York Times ha pubblicato il contenuto di un report di 400 pagine da cui emerge «un piano di detenzione di massa da parte del governo cinese della minoranza uigura e più in generale nei confronti della popolazione musulmana dello Xinjiang e non solo», scrive Simone Pieranni sul Manifesto.

Un canale televisivo di proprietà dello stato, in risposta alle dichiarazioni di Özil, ha cancellato la programmazione della partita dei Gunners contro il City. Sul social network cinese Weibo in migliaia di utenti hanno accusato il centrocampista tedesco di origine turca di aver creduto a “fake news” costruite per danneggiare il governo di Xi Jinping, l’hanno attaccato e hanno mostrato magliette dell’Arsenal fatte a pezzi o bruciate.

L’Arsenal, da parte sua, evidentemente deciso di limitare i danni economici di un eventuale prolungato boicottaggio cinese: ha pubblicato un comunicato proprio su Weibo in cui sottolinea la sua distanza da qualsiasi linea politica, dichiarando di non condividere la linea del suo giocatore, e relegando il commento di Özil come “personale”. «Come squadra di calcio, l’Arsenal ha sempre seguito il principio di non legarsi a nessuna linea politica», si legge.

Pochi giorni fa, tuttavia, l’Arsenal non ha commentato il tweet del difensore Héctor Bellerin, che invitava a votare alle elezioni generali britanniche e includeva l’hashtag #FuckBoris, riferito al candidato conservatore pro-Brexit Johnson. Una fonte ha dichiarato che il tweet di Bellerin non è stato condannato in quanto aveva raggiunto una audience limitata, eppure, a prescindere dalle opinioni su Johnson, il doppio standard dei Gunners dimostra ancora una volta la debolezza di un management che si specchia perfettamente con quello che accade in campo e in panchina.