Tre cose sulla 20esima giornata di Serie A

La Lazio di Immobile, la Juve di Ronaldo, il Milan che cambia.

Ciro Immobile è la Lazio

Da anni c’è una perfetta identificazione tra Ciro Immobile e la Lazio, costruita da Inzaghi e in qualche modo confortata dai numeri dell’attaccante napoletano (112 in 159 partite con la maglia biancoceleste). Il punto è che quest’anno entrambi i soggetti di questo legame chimico così profondo e perfetto, cioè la Lazio di Inzaghi e Ciro Immobile, pare abbiano raggiunto il loro apice assoluto, insieme. Il match interno con la Sampdoria nascondeva delle insidie evidenti, se non altro per questioni di cabala: dieci successi consecutivi e una partita da recuperare, una corsa strepitosa e perciò difficile da portare avanti con questa forza, con questa costanza – infatti l’ultima vittoria contro il Napoli non era stata proprio brillantissima. Invece, la Lazio e Immobile non solo si sono confermati, ma sono addirittura esplosi, disegnando una delle prestazioni più convincenti della stagione: la tripletta del centravanti della Nazionale – a cui va aggiunto il primo gol di Caicedo, che almeno per metà andrebbe assegnato a Immobile – ha arrotondato un risultato già scritto fin dal fischio d’inizio, la Lazio ha mostrato di non soffrire di vertigini e anzi di saper leggere i momenti, di saper cogliere e assorbire i segnali del contesto intorno a sé, modellandosi e rispondendo con le proprie armi migliori. Contro la squadra di Ranieri, era la partita giusta per alzare i giri fin da subito, per cercare Immobile con palloni rapidi, verticali, affiancandogli Caicedo per alimentare i giochi di sponda con gli uomini più creativi del centrocampo. Questa flessibilità è la chiave per capire Simone Inzaghi e il suo successo, anche lui sembra essere maturato fino al massimo livello possibile, Immobile a questo livello e la Lazio che può puntare allo scudetto sono due indizi evidenti rispetto alle sue qualità da allenatore, alla compiutezza del suo progetto.

Il Milan cambia, il Milan vince

Dopo le altalene di risultati di dicembre, il gennaio del Milan si è risollevato con un pareggio e tre vittorie nelle ultime quattro gare (compresa anche la Coppa Italia). L’esaltante partita di San Siro contro l’Udinese ha inviato a Pioli molti buoni segnali soprattutto per l’attacco: tre reti non si vedevano al Milan da Bologna-Milan 2-3 (8 dicembre) e in casa i rossoneri erano a secco dalla partita contro il Napoli del 23 novembre (1-1). A Milano l’Udinese di Gotti ha mostrato una concretezza e un pragmatismo oramai non più sorprendenti, anzi encomiabili vista la prestazione mai arrendevole al Meazza. L’errore di Donnarumma e le difficoltà nella lettura di alcune situazioni hanno valorizzato i contropiedi dei friulani e messo in difficoltà il Milan, ma la riscossa offensiva rossonera è stata superiore anche agli errori della terza linea di Pioli. Il 4-4-2 è forse meno spettacolare, ma più fluido dei precedenti moduli, e il cambio di prototipi di esterni (da Suso a Castillejo) ha aiutato la manovra d’attacco. Dunque per Pioli, al di là degli errori difensivi, restano la positività di un attacco più verticale, un migliorato gioco di sovrapposizioni ai lati, l’aumentata presenza di giocatori in area di rigore – Ibrahimovic in questo ha aiutato molto. Senza Suso e Piatek, il Milan ha riscosso un maggior peso offensivo anche grazie a un deus ex machina quale Rebic, anonimo finora in stagione ma ieri decisivo.

Gli highlights di Milan-Udinese 3-2

La Juventus di oggi è l’habitat ideale di Ronaldo

I numeri non mentono (quasi) mai: in tre partite del 2020, Ronaldo ha segnato sei gol, e se volessimo andare ancora indietro troveremmo altre gare partite di Serie A e una di Champions “marchiate” dall’attaccante portoghese. Insomma, in questo momento la Juventus di Sarri è una squadra che riesce a mettere Ronaldo nelle condizioni giuste per segnare, di conseguenza il miglior Ronaldo della stagione – per condizione fisica e psicologica – non può essere che una macchina da gol e da punti. Contro il Parma, ieri sera, abbiamo assistito a uno show di efficacia, di superiorità bruta, non c’è stata una grande o reale esperienza estetica, semplicemente abbiamo assistito allo sforzo necessario perché Ronaldo trovasse gli spiragli giusti e i gol sono arrivati così, naturalmente, quasi spontaneamente. È la forza di questa Juve, che macina avversari e punti (ora l’Inter è distante quattro lunghezze) nonostante sia ancora immersa nella trasformazione portata da Sarri, grazie alle intuizioni dei suoi fenomeni offensivi, grazie alla qualità dei singoli che fa intravedere ampi margini per il futuro, un futuro potenzialmente bellissimo che si materializzerà quando questo nuovo calcio sarà metabolizzato del tutto. In realtà manca poco alla fase clou della stagione, tra poco più di venti giorni sarà di nuovo Champions League, forse i bianconeri avranno bisogno di qualcosa in più a livello di gioco per aspirare alla vittoria finale, ma intanto hanno un Ronaldo in gran forma, non perdono un colpo, insomma possono guardare al futuro con serenità. È ciò che serve per crescere, per crescere bene, anche come collettivo dal gioco ambizioso, ricercato, come è nelle corde di Sarri.

Per Ronaldo sono 16 gol in 17 partite di Serie A