Tre temi sulla 22esima giornata di Serie A

Juve e Inter con l'obbligo di ripartire, il Milan per continuare la sua striscia positiva.

La Juve non può più ripetere la prestazione di Napoli

La seconda sconfitta in campionato dei bianconeri, arrivata contro il Napoli, potrebbe non essere stata nemmeno così deleteria, se ci limitiamo a guardare la classifica: il fatto che l’Inter abbia rallentato nelle ultime giornate – ed è indubbio che il turno della scorsa settimana fosse favorevole ai nerazzurri – ha permesso alla Juventus di attutire il ko del San Paolo. E così la squadra di Sarri resta ancora saldamente in testa alla classifica, e i grossi campanelli d’allarme – in una stagione che finora ha visto i bianconeri venire fuori dalle situazioni più difficili con esperienza – non sono ancora squillati. È chiaro però che la prestazione di Napoli ha rappresentato un grosso passo indietro rispetto alla Juventus standard del primo (anzi, primissimo) Sarri. Lontano dai picchi qualitativi del match di inizio anno contro il Cagliari ma pure dalle successive versioni, contro Roma e Parma, dove seppur senza incantare i bianconeri avevano dato costantemente l’impressione di controllare il destino della partita. Contro la Fiorentina, perciò, la Juventus è obbligata non solo a vincere, ma anche a farlo in un modo convincente, per evitare di trascinare a lungo numerosi interrogativi sulla resa della squadra. È sbagliato attendersi che la Juventus riproponga quanto Sarri ha fatto a Napoli – cosa che il tecnico non vuole assolutamente fare, oltre a non poter farlo – ed è sbagliato anche aspettarsi che dopo pochi mesi il progetto possa anche solo avvicinarsi a un’espressione di compiutezza. Ma stiamo per entrare nei mesi decisivi della stagione, con la fase a eliminazione diretta di Champions League sempre più incombente, e i passaggi a vuoto, d’ora in poi, si pagheranno a caro prezzo.

L’Inter si affida a Eriksen, ma non solo

La Coppa Italia è stata un momento catartico per il presente interista: la vittoria con la Fiorentina e l’esordio di Eriksen hanno rinfrancato l’umore in casa nerazzurra, dopo tre pareggi consecutivi in campionato. Ora la squadra di Conte riparte dall’Udinese, una squadra che ha messo difficoltà il Milan e il Napoli, e che ha trovato con l’allenatore (forzatamente) ad interim equilibrio mentale e ordine in campo – tutte cose che a gennaio sono risultate mancanti all’Inter. L’Udinese è una formazione intelligente e insidiosa, ma l’Inter ha l’obbligo di prendere tre punti per rinforzare la propria classifica e calmare l’ansia dell’ambiente. Tra l’altro Conte non disporrà del giocatore più in forma, Lautaro Martínez, e dunque c’è la possibilità che l’ex di turno Sánchez trovi un posto da titolare contro la sua vecchia squadra. Il cileno, visto il suo stop forzato negli ultimi mesi, potrebbe essere considerato una sorta di nuovo acquisto, che si aggiunge alla batteria di volti nuovi arrivati alla Pinetina nell’ultimo mese: da Young a Moses a Eriksen, il più atteso. Conte ha la necessità di attendersi risposte positive da loro al più presto, per poter aggiungere quel carico di consapevolezza in più – oltre che di forze fresche – che è mancato in alcuni momenti determinanti della prima fase di stagione. L’assist di Young contro il Cagliari è stato un segnale positivo, ma a Udine non si può più sbagliare, per non perdere più terreno rispetto alla Juventus: all’Inter serve solo il risultato, e dopo un periodo complesso, l’approccio alla gara può essere il primo segnale di ripresa dopo un gennaio complicato.

All’andata l’Inter dovette faticare più del previsto per avere la meglio dell’Udinese

Il nuovo Milan sa anche attaccare

Dopo l’umiliazione del 22 dicembre, il sigillo simbolico sulla prima parte di stagione del Milan, il 2020 si è aperto con una squadra che non avevamo più visto nel periodo post-Gattuso se non nelle amichevoli estive guidate da Marco Giampaolo, in cui tutto sembrava pronto per andare per il verso giusto. Un Milan vivace, capace di muovere il pallone con velocità e verticalità, soprattutto capace di tirare in porta e – sorpresa! – fare gol. Il peggior attacco tra le cosiddette big, con l’arrivo di Ibrahimovic e il cambio modulo, sembra parzialmente rinato: nelle ultime 5 partite sono state 13 le reti segnate, più di due a gara, quasi 3. Contro il Torino in Coppa Italia, nell’arco di 120 minuti, il Milan ha tirato nello specchio della porta avversaria 11 volte, e il migliore in campo, come da cliché in questi casi, è stato proprio Sirigu. C’entra il cambio di modulo, la verticalità data dalle fasce laterali nel 4-4-2, la forma di Bennacer, ma l’impressione è che sia stato superato uno scalino psicologico: il Milan non ha più la paura mostrata a inizio anno, mostra meno confusione e più sicurezza nella propria forza, che non è da sottovalutare.