Con Pioli e Ibrahimovic, il Milan ha trovato ordine e carattere

I rossoneri, con poche mosse, hanno costruito la loro nuova identità.

Nonostante un po’ di iniziale scetticismo, il grande ritorno di Ibrahimovic al Milan ha veramente avuto le conseguenze sperate: una squadra più motivata e più aggressiva, meno pavida e incerta di quanto fosse nel 2019. Il mese di gennaio ha determinato una grande iniezione di punti per la classifica rossonera, undici conquistati in cinque partite e altre due vittorie in Coppa Italia. Nonostante questo, però, il Milan ha ancora parecchi difetti e lo stesso Ibrahimovic difficilmente potrà caricarsi la squadra sulle spalle (a trentotto anni) per tutto il girone di ritorno. Ma, per il momento, l’architettura costruita da Pioli sta funzionando discretamente, e ha permesso alla squadra di uscire dalla melma di inizio stagione.

In questo panorama, il personaggio-Ibrahimovic è stato essenziale. In primo luogo lo svedese ha ripristinato l’integrità dell’ambiente, ora quasi ripresosi dalla depressione di un inizio di stagione umiliante; poi i tifosi hanno trovato in lui un’icona cui far riferimento all’interno di una squadra che, negli ultimi anni, si è aggrappata a pochi punti fissi – Donnarumma, Romagnoli, Bonaventura. Il ritorno di Ibrahimovic ha innegabilmente alzato il potenziale tecnico della squadra, giocando con lui sono migliorati in molti: Leão ha finalmente disputato partite di sostanza e con gesti tecnici apprezzabili; Castillejo ha aumentato il suo minutaggio grazie a un rendimento più che soddisfacente; anche Calhanoglu, uno dei giocatori meno apprezzati (e più fischiati) da San Siro, ha saputo farsi apprezzare con ottimi numeri.

I risultati del Milan sono la prova fattuale che l’ambiente rossonero adesso respira ed è meno asfissiato dalle ansie e dalle preoccupazioni di quattro o cinque mesi fa. San Siro è tornato a essere un fattore, soprattutto rispetto a inizio stagione: fino a dicembre, infatti, il Milan aveva messo insieme appena nove punti in otto partite giocate in casa. Ora che la squadra è più ispirata e ha conquistato la fiducia dei suoi tifosi, la dirigenza si è sentita più libera di condurre la sessione di acquisti invernali che aveva studiato. Dopo molto tempo, infatti, i risultati della squadra hanno distratto l’occhio dall’operato dirigenziale e il Milan ha condotto una campagna trasferimenti focalizzata sulla funzionalità nel breve, prediligendo l’esperienza al talento – un po’ il contrario di quanto effettuato anno scorso con Paquetà e Piatek – e potendo così contare su un gruppo più omogeneo. Adesso la rosa del Milan è più essenziale e Pioli ha un roster di giocatori funzionali per la sua idea di calcio, e non è un caso che ora siano entrati in palla anche elementi prima secondari come Rebic (tre gol nelle ultime quattro partite), Conti (un assist contro l’Udinese) e lo stesso Calhanoglu (doppietta salvifica in Coppa Italia).

Giampaolo aveva costruito un Milan confuso e criptico, fondato su un’idea di gioco che forse nemmeno l’allenatore abruzzese aveva chiara in mente. Invece, Pioli, pure in soli tre mesi, ha trovato l’alchimia ideale per risolvere le difficoltà del Milan di quest’inizio di stagione, scegliendo un ordinato 4-4-2. Dopo il 4-3-1-2 di Giampaolo e il primo tentativo dello stesso Pioli con il 4-3-3, il Milan si è ancorato al 4-4-2 negli ultimi sei incontri, ottenendo uno score di quattordici gol segnati e cinque subiti. Per condensare in un concetto la positività del lavoro del Milan, basterebbe dire che nel gennaio 2020 i rossoneri hanno avuto una media punti superiore a Inter e Juventus.

Ibrahimovic non è solo un attaccante, ma anche un creatore e organizzatore del gioco offensivo

Pioli ha operato degli accorgimenti molto basici, semplicemente ha abbassato gli esterni sulla linea dei centrocampisti e ha affiancato un altro attaccante all’unica punta. Ora il Milan spinge molto sulle fasce, anche se nella manovra resta centrale il lavoro di scarico di una delle punte (in questo caso Ibra) che lavora da secondo regista; la catena di passaggi coinvolge prima Bennacer, playmaker davanti alla linea difensiva, e poi Ibra sulla trequarti avversaria, che gioca quasi perennemente spalle alla porta.

In questo modo lo svedese attira fuori dalla linea avversaria un centrale e libera spazi per Leão, che sta dimostrando di sapersi muovere molto bene più largo o girando intorno all’ex attaccante svedese, e per gli esterni. Il sistema costruito da Pioli al Milan non è scientifico né di possesso, anzi è verticale e pragmatico, ma pur non essendo brillante e esteticamente bello risulta funzionale per le caratteristiche dei giocatori di questo Milan.

L’importanza degli esterni nel gioco di Pioli è evidente nell’azione del gol di Rebic contro l’Udinese

Anche contro il Verona, nonostante un risultato non proprio positivo – tra l’altro il Milan ha affrontato la squadra di Juric senza molti giocatori chiave, tra cui proprio Ibrahimovic e Bennacer –, Pioli e i suoi uomini hanno confermato di avere un’idea tattica chiara, che evidenzia il buon lavoro fatto nell’ultimo periodo. Non è la prima volta per il tecnico emiliano, che in carriera ha spesso optato per uno stile di gioco più concentrato sul risultato che sull’estetica, e che, con dinamiche diverse, aveva costruito un sistema simile anche nel suo breve periodo interista nella stagione 2016/2017. Tatticamente, il gioco di Pioli al Milan si esprime nell’importanza degli esterni, e ne sono un esempio la continua titolarità di Castillejo ma soprattutto lo straordinario campionato di Theo Hernández.

Il terzino francese è il miglior marcatore della squadra e a gennaio ha raggiunto lo zenit del suo rendimento, con prestazioni superlative che hanno aperto a riflessioni sul suo acquisto. Hernández è stato il secondo investimento della campagna acquisti di Maldini e Boban ed è stato pagato venti milioni dal Real Madrid: al netto di quanto visto finora, è stato il miglior arrivo della sessione estiva di mercato. II francese ha potenza fisica e resistenza atletica, e in generale, ha dimostrato di avere un pensiero diverso rispetto agli altri giocatori, una mentalità da calciatore di un top club, di un atleta che si spinge oltre i limiti. Per questo finora lui, Ibrahimovic e Donnarumma hanno conquistato il titolo di giocatori chiave di questo Milan, erigendosi a sicurezze per tutti, compagni più giovani e tifosi.

Theo Hernandez ha segnato sei gol in venti presenze con il Milan. Con 1758 minuti giocati è il terzo giocatore rossonero per minutaggio in stagione dopo Romagnoli e Donnarumma. (Marco Luzzani/Getty Images)

Il gennaio catartico del Milan ha preceduto un periodo delicato per i rossoneri, nelle prossime tre partite gli uomini di Pioli affronteranno Inter, Torino e Fiorentina. Il derby è una partita che il Milan deve dimostrare di poter giocare con una certa personalità, magari facendo riferimento a quei punti fermi e solidi che sono i giocatori sopra citati. Come l’Inter, anche il Milan adesso ha fiducia nei suoi mezzi (anche se con una qualità diversa) e la presenza di Ibrahimovic ha influito proprio su questo aspetto, sembra aver aumentato la personalità del gruppo. Se nelle prime gare della stagione le prestazioni del Milan sembravano dei brani free jazz, in cui lo spartito spariva e spiccavano note di sax qua e là, adesso c’è un canone chiaro da seguire, costruito lavorando in primis sulla testa dei giocatori e poi sulle dinamiche del campo. E nel derby, dopo un mese di risposte convincenti, il Milan cerca soprattutto il risultato: adesso sarebbe la conferma più grande di tutte.