I bambini-mascotte della Liga non pagano per entrare in campo

A differenza di quanto avviene in Inghilterra.
di Redazione Undici 14 Febbraio 2020 alle 15:00

Qualche giorno fa ci sono state molte polemiche per la pubblicazione del listino dei prezzi che le famiglie devono sostenere affinché i propri figli accompagnino i calciatori in campo durante le gare di Premier League. È il sistema delle mascotte, ovvero, un gruppo di bambini che accompagna i calciatori dal tunnel fino alla disposizione in campo delle squadre. E per permettere che questi siano al fianco dei vari Pogba, Aguero e Salah, si devono pagare cifre fino a 700 sterline, che corrispondono a circa 840 euro. Il quotidiano spagnolo Marca ha voluto confrontare il sistema delle mascotte del campionato inglese con quello della Liga, ed è emerso che in Spagna, i bambini non devono pagare un euro per entrare in campo con i calciatori. Più nello specifico, ogni club ha una sua procedura e meccanismo di selezione.

In realtà anche in Inghilterra ogni club ha le sue regole, con squadre che hanno un normale processo di selezione su base gratuita come Southampton, Arsenal, Chelsea, City, United, Newcastle e Liverpool, e chi invece fa pagare cifre piuttosto alte – il West Ham chiede 700 sterline, l’Aston Villa 500, il Wolverhampton varia in base al livello della partita, il Leicester 350. In Spagna, invece, il sistema è completamente diverso, proprio come idea iniziale: se in Premier in ogni partita entrambe le squadre hanno undici bambini che scortano i giocatori, nella Liga alcune squadra portano le mascotte in campo, altre invece non rispettano lo stesso cerimoniale. Il Real Madrid, ad esempio, fa un sorteggio di bambini e permettono loro di trascorrere tutto il prepartita con la squadra – dalle foto negli spogliatoi fino all’ingresso in campo. Il Barcellona, invece, non permette l’ingresso delle mascotte in campo, e lo fa, per imposizione della UEFA, solo nelle gare di Champions League; l’Atletico fa accompagnare i giocatori da bambini solo con iniziative degli sponsor, che al Wanda Metropolitano permettono ai piccoli di entrare in campo con una t-shirt pubblicitaria. In altri stadi, le squadre di casa che fanno entrare i bambini in campo lo fanno per ragioni di sponsor (Valladolid, Villarreal, Celta Vigo e Getafe) ma non chiedono soldi alle famiglie se non per il ritiro degli scatti fatti con i giocatori.

Altre particolarità dei club spagnoli sono per esempio quella dell’Eibar: i genitori possono tranquillamente chiamare la segreteria del club basco e registrare il bambino per la successiva gara in casa. La Real Sociedad, invece, coinvolge le scuole locali con visite alle strutture del club seguite dall’estrazione di un fortunato per fare la foto con la squadra. È stata molto significativa, infine, l’iniziativa dell’Espanyol: la società catalana, solitamente, non fa accompagnare i propri giocatori dalle mascotte; nella partita contro l’Athletic Bilbao del 25 gennaio, però, le mascotte sono entrate in campo con delle t-shirt particolari per esprimere cordoglio verso le vittime del Coronavirus e del ciclone Storm Gloria.

>

Leggi anche

Calcio
Tutti i candidati ai premi del Gran Galà del Calcio AIC, la notte che celebra la bellezza del calcio italiano
Sono state annunciate le shortlist dell'evento che ogni anno premia e celebra i grandi protagonisti della Serie A.
di Redazione Undici
Calcio
Alvaro Carreras è l’ultimo grave errore di mercato del Manchester United
I Red Devils continuano a lasciar partire talenti che, appena arrivati altrove, cominciano a brillare. Il terzino sinistro titolare del Real Madrid è solo l'ultimo di una lunga lista.
di Redazione Undici
Calcio
Il Barcellona può finalmente tornare al Camp Nou, ma sono già scoppiate le polemiche per i prezzi dei biglietti
A meno di 189 euro sarà impossibile ammirare Yamal e compagni in azione nello stadio restaurato. E chiaramente ai tifosi blaugrana non va giù.
di Redazione Undici
Calcio
La Repubblica Democratica del Congo non è arrivata a un passo dai Mondiali grazie a un rito voodoo
L'allenatore della Nigeria sostiene che sia andata proprio così, ma in realtà dietro questo percorso c'è un lavoro che va avanti da anni.
di Redazione Undici