La guerra del Barcellona

Che cosa è successo e sta succedendo tra Messi, la squadra, la società e il presidente Bartomeu.

Cinque gol all’Eibar, quattro firmati da Leo Messi, e il ritorno al primo posto in classifica. Il Barcellona è arrivato nel migliore dei modi a una settimana fondamentale, quella delle trasferte al San Paolo, in Champions League, e al Bernabéu, nel Clásico di domenica prossima. Ma i successi sul campo non sono mai stati il vero nodo della stagione del Barça. Le difficoltà quest’anno sono tutte fuori dal campo. Riguardano una crisi politica che pensavamo non potesse esistere nel mondo blaugrana, e invece ha travolto il club in tutte le sue componenti, dalla squadra ai vertici della dirigenza.

Più dei singoli casi, di quel che effettivamente è accaduto o meno, sorprende la difficoltà che ha avuto il Barcellona nel gestire le notizie attorno a sé: come (non) ha coordinato le voci dei suoi rappresentati, come (non) ha controllato le notizie che arrivavano dall’esterno, e come (non) ha curato – nel senso più generale e ampio del termine – la sua immagine agli occhi dell’opinione pubblica. In tutte queste difficoltà si è arrivato a parlare di elezioni anticipate per la presidenza; c’è di mezzo uno scandalo che sui giornali è stato rinominato “Barçagate”; e, come sempre quando si parla di Barcellona, è dovuto intervenire più di una volta Leo Messi, in campo e fuori. Come ha scritto l’opinionista Edu Polo su Mundo Deportivo: «Da tempo il Barça dipende calcisticamente da Messi. Ma oggi dipende dall’argentino anche la sua stabilità istituzionale».

È iniziato tutto con l’esonero di Valverde, a metà gennaio. È stato quello il momento in cui avremmo dovuto capire che non sarebbe stata una stagione normale per il Barça. Non tanto e non solo l’allontanamento del tecnico che ha vinto gli ultimi due campionati, che ha comunque una sua ratio. Quanto perché per il club catalano cambiare allenatore a stagione in corso è un episodio raro, il cui precedente più vicino nel tempo risale a 17 anni fa. Poi sono arrivati alcuni punti persi sul campo, con Quique Setién in panchina. Ma niente di particolarmente grave. Fino a inizio febbraio, cioè alle dichiarazioni del direttore sportivo Eric Abidal, in un’intervista al quotidiano catalano Sport: «Molti giocatori non erano soddisfatti. Il rapporto tra l’allenatore e lo spogliatoio è sempre stato buono, ma da ex giocatore riesco ad avvertire alcune sensazioni. Ho detto al club cosa pensavo e ho dovuto prendere una decisione».

Qui arriva la prima reazione di Messi. Sul suo profilo Instagram difende lo spogliatoio e se stesso – per tutte le volte in cui, implicitamente e non, viene accusato di chi siano allenatori e giocatori giusti nella sua squadra – chiedendo i nomi dei giocatori che avrebbero avuto contrasti con Valverde. «Quando si parla di giocatori si dovrebbero fare i nomi, se no si finisce con l’infangare tutti con cose non vere», ha scritto.

Lo sfogo di Messi è del 4 febbraio. Passano meno di due settimane e arriva quello che verrà poi rinominato dai media “Barçagate”: nel corso del programma radiofonico “El Larguero”, sulle frequenze di Cadena Ser, l’emittente accusa il Barcellona di aver pagato circa un milione di euro alla società privata I3 Ventures per screditare i suoi giocatori, ex giocatori, ex allenatori e dirigenti sui social network. E per proteggere l’immagine del presidente e la giunta direttiva. Il club si difende dicendo che un contratto in essere con l’azienda c’è, ma riguarda il monitoraggio della reputazione del club sui social media.

In questa stagione, Lionel Messi ha segnato 23 gol in 28 partite di tutte le competizioni. Nell’ultima gara di Liga, è tornato a segnare dopo quattro partite senza gol, periodo più lungo di digiuno dal 2014 (Eric Alonso/Getty Images)

Cadena Ser non si ferma e il 18 febbraio pubblica un dossier di 36 pagine da cui si apprende che la stessa I3 Ventures avrebbe avuto in gestione, tramite terzi, alcuni account che avrebbero diffuso messaggi negativi contro alcuni simboli del Barcellona – tra i quali Messi, Piqué, Xavi, Puyol e Guardiola, poi anche figure come il presidente di MediaPro Jaume Roures e l’ex presidente catalano Carles Puigdemont. In più, l’emittente ha detto di poter provare che i pagamenti alla I3 Ventures sarebbero stati inseriti nella contabilità non ufficiale del club.

Intanto, il 20 febbraio, Mundo Deportivo pubblica un’intervista a Leo Messi – firmata da Cristina Cubero, una delle penne di punta del quotidiano, e da Fernando Polo, vicedirettore. L’argentino ha parlato, tra le altre cose, della sua vita fuori dal campo, di Kobe Bryant, del rapporto con il nuovo allenatore e della sfida al San Paolo contro il Napoli. Poi ovviamente ha citato i due argomenti più delicati. Prima il botta e risposta con Abidal: «Mi sentivo attaccato personalmente, aveva accusato i giocatori di aver mandato via Valverde. È fastidioso che un dirigente attribuisca alla squadra il licenziamento del proprio allenatore. E sono stufo che si continui a dire che io abbia un certo potere nello spogliatoio e nella società, sono falsità». Poi il caso della I3 Ventures: «L’unica cosa certa è che da gennaio accadono cose strane. C’è un problema dopo l’altro e la squadra ha bisogno di tranquillità per affrontare un momento cruciale della stagione». La sua intervista è stata ripresa da diverse testate in tutto il mondo, forse più del caso legato alla I3 Ventures: a dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, che le parole di Messi valgono più di ogni altra cosa nell’universo blaugrana, anche al di fuori delle questioni di campo.

Josep Maria Bartomeu è presidente del Barcellona dal 23 gennaio 2014. Il suo mandato durerà fino al 2021 (Lluis Gene/AFP via Getty Images)

Tutto questo mentre ai piani alti del Barcellona si alimenta più di qualche malumore. Il 21 febbraio, dopo aver parlato con i senatori dello spogliatoio (Messi, Piquè, Busquets e Sergi Roberto), con l’allenatore, e con i suoi uomini più fidati (i quattro vicepresidenti e il CEO del club, Oscar Grau), il presidente Josep María Bartomeu ha incontrato la giunta direttiva, infuriata per non essere stata messa al corrente della contrattazione con I3 Ventures. Soprattutto per la formula di pagamento, che secondo alcune voci sarebbe avvenuto in sei piccole tranche tutte inferiori ai 200mila euro: oltre questa soglia di spesa, infatti, il club è obbligato a chiedere l’autorizzazione della giunta.

L’incontro del presidente con la giunta direttiva – che ha portato alla sospensione di Jaume Masferrer, braccio destro di Bartomeu e dove si è stabilito come procedere per organizzare le indagini sul caso della I3 Ventures – rappresenta probabilmente il momento più delicato della storia recente del club, politicamente parlando. Anche più di quel gennaio 2015 in cui, dopo una sconfitta esterna con la Real Sociedad, successe di tutto: Messi che si arrabbia con Luis Enrique, Messi che salta un allenamento, Puyol che lascia il ruolo da dirigente che aveva preso a inizio stagione, il DS Andoni Zubizarreta che viene sollevato dall’incarico. Una situazione poi raddrizzata solo dalla vittoria del triplete a fine stagione.

Nonostante tutti i problemi, il Barcellona è primo nella Liga e si è qualificato da primo del girone e imbattuto agli ottavi di Champions League. In totale, i blaugrana hanno giocato 35 match ufficiali in stagione, con lo score di 23 vittorie, sei pareggi e sei sconfitte, 80 gol realizzati e 38 subiti (Alex Caparros/Getty Images)

Una crisi politica che arriva in una congiuntura storica complicata, per il Barcellona: sul tavolo ci sono questioni, di carattere sportivo e non solo, che potrebbero indirizzare in un modo o in altro i prossimi anni del club. Una su tutte riguarda il futuro di Messi. Il suo contratto scade nel 2021, ma in realtà l’argentino potrebbe liberarsi entro il 30 giugno 2020. Messi ha confermato più volte di voler restare, come sempre. Ma a questo punto il Barcellona dovrà garantirgli una squadra davvero competitiva, una che gli permetta di vincere e di essere protagonista a tutti i livelli, tenendo conto che l’argentino quest’anno compirà 33 anni e non ci è dato sapere per quante stagioni ancora potrà caricarsi sulle spalle le sorti della squadra. E nelle ultime dichiarazioni lo stesso Messi ha fatto capire che il Barça ha ancora bisogno di crescere, di aggiungere altri tasselli per diventare davvero la favorita a vincere la Champions (grande obiettivo dell’argentino nel finale di carriera).

Inoltre il Barcellona è impegnato nella non facile gestione e amministrazione dell’Espai Barça, il progetto che prevede un massiccio restyling che interesserà non solo il Camp Nou, ma anche gli altri impianti del club catalano nella zona circostante. Senza contare che il club, inteso come modello societario – quindi non solo come squadra di calcio, ma per tutto quel che significa il Barça, che appunto è Més que un club – è in una fase di transizione, un’evoluzione che ancora divide un’ala conservatrice da una più proiettata al cambiamento, tanto a livello dirigenziale, quanto tra i tifosi. Sono questioni che richiedono interventi decisi e decisivi. Ci sono scadenze ravvicinate e la pressione – interna ed esterna – aumenta la sfiducia nei confronti di Bartomeu, il cui mandato scade nel 2021, ma non potrà essere rieletto. Insomma, ci sarà un passaggio di consegne, che non necessariamente provocherà una rottura (si pensa a una soluzione che garantisca continuità tra le amministrazioni), ma in ogni caso non sarà facile. E il Barcellona non può permettersi di non avere un riferimento certo ai piani più alti della società in un momento come questo.