Guida alla Copa Libertadores più ricca di sempre

Un po' di temi sull'edizione 2020: il Flamengo, River e Boca, ma anche i nuovi progetti più interessanti del calcio sudamericano.

 

L’Europa e Gabigol

Quella al via con la sfida di Porto Alegre tra Internacional e Universidad Católica sarà l’edizione numero 61 della Copa Libertadores, la manifestazione più importante per club del subcontinente sudamericano. Un torneo dalla mistica rimasta intatta, nonostante si sia tentato di “europeizzarlo” in tutte le maniere: per esempio, dallo scorso anno, il format della competizione è stato uniformato a quello della Champions League, prevedendo – dopo la classica fase a gironi a 32 squadre – un tabellone tennistico fino alla finale, che dal 2019 si gioca in sfida secca su campo deciso in fase di sorteggio. Il Flamengo è la squadra campione uscente e, considerato il lavoro portato avanti dalla dirigenza rubronegra nell’ultima sessione di mercato, i ragazzi di Jorge Jesus partono ancora una volta favoriti per la vittoria finale. Il club carioca è capofila di un contingente brasiliano di tutto rispetto, destinato – almeno secondo previsioni – a dominare fino in fondo. Tutto ciò, nonostante i playoff abbiano già tolto di mezzo, un po’ a sorpresa, il Corinthians di Tiago Nunes, considerato una delle nuove proposte in tema di allenatori sudamericani, e reduce da un biennio più che positivo all’Atletico Paranaense, dove ha vinto una Copa Sudamericana e valorizzato alcuni giovani di livello assoluto come Renán Lodi e Bruno Guimarães. Il Furação farà a sua volta bella mostra in prima linea, assieme a Internacional, Santos, Gremio, San Paolo e Palmeiras ma, come detto poco sopra, gli occhi saranno principalmente puntati sul Flamengo. Un paio di mesi fa, a Lima, la compagine carioca si è laureata campione al termine di un ultimo atto equilibrato e tiratissimo, risolto come al solito da Gabriel Barbosa, capace di ribaltare lo svantaggio iniziale con una doppietta negli ultimi minuti.

Gabigol è l’arma sulla quale i rubronegros hanno costruito i recenti successi, nonché l’acquisto più oneroso della storia del club, che per strapparlo all’Inter ha speso circa 16,5 milioni di euro e assicurato ai nerazzurri il 20% della futura rivendita, blindando il giocatore fino al 2024. Ma la dirigenza, nonostante le (nemmeno troppo) velate critiche di Jorge Jesus riguardo la cessione del giovane talento Reinier al Real Madrid, non si è limitata a una sola operazione: tra dicembre e febbraio, il Flamengo si è portato a casa alcuni gregari di lusso come Michael, Léo Pereira e Pedro Rocha, ma ha contestualmente rinforzato centrocampo e attacco con gli arrivi di Thiago Maia, interessante mediano lanciato da Marcelo Bielsa a Lille, e soprattutto Pedro, preso in prestito dalla Fiorentina e subito mandato in campo per accellerarne l’intesa con Gabigol.

Da qui Jorge Jesus ha cominciato a costruire la versione 2.0 del suo Flamengo, che da quest’anno – volenti o meno – proverà a variare spartito tattico, inserendo stabilmente una punta in più in aggiunta all’ex interista e a Bruno Henrique, premiato come miglior giocatore del Brasileirão 2019 e pedina insostituibile nello scacchiere tattico del santone portoghese. Nelle prime uscite stagionali – il Flamengo è attualmente impegnato nel proprio campionato statale –, Jesus ha ottenuto risposte altalenanti, ma nella doppia finale di Recopa Sudamericana la squadra ha schiantato l’Independiente del Valle alternando il 4-2-3-1 dell’andata con un più classico 4-4-2 del match di ritorno. Il gioco, seppure in fase sperimentale, rimane fluido: la squadra, nonostante la perdita di un perno difensivo importante come Pablo Marí, sembra la stessa macchina da guerra dello scorso anno, ma con una rosa uscita nettamente rinforzata dall’ultima campagna acquisti.

Il laboratorio di Holan

A tenere a battesimo la nuova edizione di Copa Libertadores sarà invece la Universidad Católica di Ariel Holan, arrivato in Cile a gennaio dopo essersi preso un periodo di pausa, in seguito all’esperienza più importante della propria carriera, maturata con l’Independiente. La UC, come viene chiamata dai propri tifosi, è uno dei laboratori di idee più interessanti dell’intero continente, nonché l’ambiente adatto a un allenatore costretto a lasciare l’Argentina per ritrovare un po’ di serenità. Holan è considerato un visionario del calcio: la sua crescita professionale comincia da giocatore di hockey su prato, dove matura una certa malizia nella lettura di alcune situazioni tattiche che poi riproporrà durante la sua avventura al Rojo.

Il miglior risultato di Holan all’Independiente è stata la Copa Sudamericana vinta nel 2017 (Daniel Jayo/Getty Images)

A 20 anni, dopo aver venduto la sua automobile e aver cominciato il percorso per diventare professore di educazione fisica, l’attuale allenatore della UC sviluppò un software nel quale venivano concentrati schemi e nozioni raccolte in anni di hockey su prato, perfezionati con alcuni accorgimenti adattati al calcio. Jorge Burruchaga si invaghì di lui e lo prese sotto la sua ala durante tutte le proprie esperienze professionali. Dopo anni da vice – nei quali rientra anche un breve periodo al River Plate, nel ruolo di assistente di Almeyda – Holan decide di “mettersi in proprio” e accettare la chiamata del Defensa y Justicia. continuando a sfruttare quel suo software perfezionato dall’utilizzo di droni e GPS.

L’Independiente, club del quale è tifoso da sempre, ha rappresentato un epilogo romantico ma anche truce, visto che la storia d’amore con il Diablo si è conclusa con la feroce contestazione con tanto di minacce riservatagli da una certa parte di tifoseria, che non gli ha mai perdonato il fatto di essersi espresso contro gli affari illegali portati avanti sulla pelle del club da parte della barra dell’Independiente. A Santiago, Holan è chiamato a riproporre quel calcio fresco visto per larghi tratti ad Avellaneda. Un fútbol fatto di possesso, scambi rapidi, sovrapposizioni e vocazione prettamente offensiva. Per farlo, la società gli ha messo a disposizione un’ottima rosa, all’interno della quale spiccano Diego Buonanotte, José Fuenzalida e il bomber Fernando Zampedri.

L’Independiente del Valle costruisce il futuro

Della lista di squadre da seguire con più curiosità fa sicuramente parte l’Independiente del Valle. La piccola matricola d’Ecuador non può più essere considerata una sorpresa, ma una vera e propria underdog capace non solo di mettere pressioni alle big locali, ma in grado di imporsi anche a livello internazionale. A Sangolquí, città dormitorio situata nella periferia di Quito, si fa calcio seriamente, con al centro un progetto legato allo sviluppo e alla crescita dei giovani. Non è un caso che le nazionali giovanili, in particolar modo a livello under 17 e under 20, siano piene di ragazzi proveniente dalla IDV. Il club investe ogni singola risorsa per rastrellare il paese alla ricerca di talenti in erba, lavorandoci in ottica futura per poi valorizzarli in prima squadra: grazie a questo lavoro certosino, nel 2016 l’Independiente del Valle è riuscito a spingersi fino alla finale di Libertadores – poi persa contro l’Atletico Nacional – e lo scorso anno ha vinto la Sudamericana con in rosa 18 elementi provenienti dal semillero negro y azul.

Nel 2019, l’Independiente del Valle è diventata la seconda squadra ecuadoriana in grado di imporsi in Copa Sudamericana: l’unica a riuscirci è stata il LDU Quito, nel 2009 (Juan Mabromata/AFP via Getty Images)

Dal 2016, secondo il sito Transfermarkt, le cessioni di calciatori provenienti dal settore giovanile hanno fruttato poco meno di 25 milioni di euro, una cifra impressionante se si considera il contesto in cui è maturata. Solo in questi ultimi mesi, hanno lasciato il club Jordan Rezabala e Moisés Ramirez, due pilastri dell’Ecuador under 20 arrivato terzo allo scorso mondiale di categoria. I prossimi a spiccare il volo saranno probabilmente  il mediano Alan Franco e il centravanti Alejandro Cabeza, rispettivamente classe 1998 e 1997, due perni dell’undici vittorioso in Sudamericana sotto la guida del canario Miguel Ángel Ramírez, uno dei tecnici emergenti del continente, già corteggiato da diverse big.

Binacional, emozioni da underdog

L’obiettivo dell’Independiente del Valle sarà quello di accedere almeno alla seconda fase, quella in cui difficilmente vedremo il Binacional di Juliaca, una delle due squadre rimaste in gioco – assieme al Defensa y Justicia – tra quelle al loro esordio assoluto in Copa Libertadores. La compagine andina, che gioca le sue partite a oltre 4mila metri di altezza sul livello del mare, arriva da una stagione molto particolare. Se avete già sentito nominare il Binacional, significa che vi siete imbattuti in quell’emozionante video diventato virale un paio di mesi fa, nel quale i giocatori intonavano un coro in ricordo di Juan Vergara, centrocampista scomparso in un tragico incidente stradale a poche ore dalla finale che avrebbe deciso il campionato.

Fondato nel 2010, il Binacional è alla seconda apparizione in una competizione continentale: nel 2019 ha partecipato per la prima volta alla Copa Sudamericana (Juan Mabromata/AFP via Getty Images)

La dirigenza aveva chiesto il rinvio del match ma l’Alianza Lima, per trarre massimo vantaggio dalla situazione, si era opposta. Il risultato? All’Estadio Guillermo Briseño Rosamedina, nel match di andata contro gli Intimos, la furia del Binacional si è abbattuta senza pietà sugli avversari, travolti da un 4-1 nel quale Donald Millán ha messo a referto due reti e un assist. Il colombiano, assieme al connazionale Jeferson Collazos, era con Vergara al momento dell’incidente, ma entrambi sono stati più fortunati, cavandosela solo con qualche osso fratturato: «Avevo proposto loro di non giocare» – dichiarerà l’allenatore, Roberto Mosquera, ai microfoni de El Trome – «ma loro hanno insistito: l’esperienza mi insegna che, in questi casi, è giusto lasciare libertà al singolo calciatore».

Dal giorno in cui Juliaca, sobborgo di Puno e snodo cruciale per il commercio illegale di armi in Perù, ha festeggiato il titolo sono passati poco più di due mesi, ma sembra già un’era geologica fa. La società, che ha esonerato Mosquera, ceduto Millán e svincolato Collazos, oggi si presenta al via come vittima sacrificale del girone D, completato da San Paolo, LDU Quito e River Plate.

Sfida eterna

La Copa Libertadores 2020 sarà anche l’ennesimo banco di prova – e di confronto – tra le due grandi di Buenos Aires. Il River Plate arriva da un biennio clamoroso, tratteggiato dal Superclásico vinto contro il Boca Juniors al termine di una doppia finale molto discussa, e poi dal crollo di dicembre contro il Flamengo, quando tutto sembrava apparecchiato per l’ennesimo trionfo dei Millonarios. A Nuñez hanno perso Exequiel Palacios, il vero equilibratore della mediana riverplatense, e Marcelo Gallardo – al quale, per diventare l’unico allenatore della storia del club ad aver vinto tutto, manca solo il campionato argentino – ha dovuto fare i salti mortali per convincere Ignacio Fernández a non trasferirsi in Brasile. Il lavoro del Muñeco, però, rimane altamente positivo ed efficace, e si traduce nella crescita esponenziale di elementi come Rafael Santos Borré e Nicolas De La Cruz, probabili prossime plusvalenze del club.

Dopo la Final del Siglo del 2018, Boca e River si sono affrontate anche nella semifinale di Libertadores 2019: sono prevalsi i Milionarios, ancora una volta( Marcelo Endelli/Getty Images)

Lato Boca, invece, è cominciata l’era presidenziale di Jorge Ameal, la cui elezione del 9 dicembre scorso ha sgretolato definitivamente 24 anni di oficialismo, quella corrente politico-sportiva che prese il via ai tempi della gestione di Mauricio Macri. Ameal ha puntato sul cavallo vincente, candidando come suo vice Juan Román Riquelme, uno che dalle parti de La Bombonera ha il potere di spostare un bel po’ di voti. Gli Xeneizes, in questi anni, hanno sviluppato una vera e propria ossessione per la Libertadores, un trofeo che dalle parti della República de La Boca non si vede dal lontano 2007. Allora fu proprio Riquelme a regalare l’ultimo sussulto internazionale al club, a quei tempi allenato da Miguel Ángel Russo. Don Miguelito, a parecchi anni di distanza, è stato richiamato al capezzale degli Xeneizes per provare a riportare sulla vetta più alta del continente la società azul y oro.

Il Boca Juniors, se non altro, comanda ancora l’albo d’oro della manifestazione con sei successi, davanti ai cinque del Peñarol e i quattro del River Plate. Quest’anno, inoltre, scenderanno in campo un totale di 37 Libertadores, il che rende l’edizione 2020 della Copa come la più prestigiosa di sempre. Ricchezza e storia, un binomio esplosivo, che unito alla mistica del Sudamerica getta le basi per una manifestazione di livello assoluto.