Focus — Ronaldinho

Compie quarant'anni l'ultimo fuoriclasse globale senza l'ossessione dei record, del gol a tutti i costi.

Le vicissitudini del Ronaldinho contemporaneo – attualmente l’ex fuoriclasse brasiliano è in carcere, in Paraguay – sono la cosa più lontana da ciò che Ronaldinho ha rappresentato nell’arco della sua lunghissima carriera: pura gioia, piacere di stare in campo, di giocare al calcio. Negli articoli che abbiamo selezionato per celebrare la sua figura, oggi che compie quarant’anni, questo è il tema più ricorrente: sia lui che i giornalisti che hanno provato a raccontarlo, che l’hanno intervistato, fanno continuamente riferimento al suo amore per il pallone, alla sua felicità di essere diventato un professionista, perché «sono stato fortunato, mi pagano per fare la cosa che mi piace di più al mondo», ha detto una volta in un’intervista al New York Times.

Ronaldinho è stato un atleta fantastico, un giocoliere in grado di essere efficace, funzionale, utile per la sua squadra, pur senza rinunciare mai alla ricerca della finta a effetto, del trick originale. Ha fatto da ponte tra il calcio anni Novanta e quello degli anni Duemila, è stato l’ultimo fuoriclasse globale che ha dispensato il suo talento senza l’ossessione dei record, del gol a tutti i costi; anche in questo aspetto rappresenta un fenomeno a sé, qualcosa di diverso per tutti coloro che l’hanno amato, e la venerazione nei suoi confronti è stata trasversale, è andato oltre i tifosi del Psg, del Barcellona, del Milan o delle squadre brasiliane in cui ha militato. Come si capisce chiaramente dalle parole utilizzate negli articoli su di lui che abbiamo riletto – molto volentieri – in questi giorni.

Most BonitoThe New York Times
Bastano le prime righe di questo articolo per inquadrare la figura di Ronaldinho, proprio per quegli aspetti del suo gioco e della sua personalità che l’hanno fatto passare alla storia: «Guardi Ronaldinho, il calciatore più talentuoso e letale del mondo, e quello che vedi è l’epitome sorridente della cultura del piacere tipica del Brasile».

The Copa Libertadores and differing stories for Ronaldinho and RiquelmeThe Guardian
Jonathan Wilson, sul Guardian, racconta il ritorno di Ronaldinho in Brasile con una chiave particolare: il confronto tra il suo modo di approcciare e vivere il gioco e quello di Riquelme. Nel 2013 erano entrambi in corsa per vincere la Libertadores, ci riuscì l’Atlético Mineiro di Dinho, dopo la vittoria in finale contro l’Olimpia.

Ronaldinho and the eternal journey to joyThese Football Times
Una lunga e approfondita ricostruzione storica della carriera di Ronaldinho, in cui si mette l’accento sul fondamentale periodo di formazione a Parigi dopo l’esplosione nel Gremio, due anni dal 2001 al 2003: «Quando accettò di trasferirsi in Francia, non tutti erano convinti di questa scelta. E invece, come lo stesso Ronaldinho ha ammesso in seguito, le stagioni al Pgs sono state fondamentali perché potesse diventare una star globale a Barcellona».

Uno dei gol più belli realizzati al Milan, in una delle più belle partite giocate con i rossoneri; qui gli highlights completi

Ronaldinho: con él empezó todoEl País
Al momento del suo ritiro, il giornale spagnolo celebra Ronaldinho attribuendogli la paternità del Barça moderno, una squadra fortissima che dopo il suo arrivo «ha giocato ogni partita come se fosse una sessione di stregoneria pallonara».

Ronaldinho – How the godfather of flair changed football foreverFourFourTwo
È lo stesso fuoriclasse brasiliano a ripercorrere la sua vita, le tappe della sua carriera, in una lunghissima intervista rilasciata a FFT. Anche lui sente di aver contribuito a trasformare il Barcellona: «Quando sono arrivato, l’ho capito subito: la squadra era fortissima ma anche giovane, con la giusta mentalità, avremmo fatto la storia, era solo questione di tempo».

Il gol-manifesto, contro il Chelsea

Nella sua prima stagione in Champions League, Ronaldinho dà spettacolo. Contro il Chelsea, in una memorabile sfida agli ottavi di finale, realizza un gol che è un manifesto del suo gioco: riceve il pallone al limite dell’area, con la punta del piede destro piantata in terra fa una finta incomprensibile ai comuni mortali, poi indovina l’angolo alla destra di un giovanissimo Cech con un tiro diabolico, sempre col destro, di pieno esterno. Il pallone gira, il portiere del Chelsea non accenna neanche l’intervento. Alla fine il Barcellona perderà per 4-2, e sarà eliminato dal torneo. Ma Ronaldinho e i suoi compagni si prenderanno la rivincita nell’edizione successiva, eliminando proprio il Chelsea agli ottavi e poi vincendo la finale contro l’Arsenal.

La standing ovation del Bernabéu

Il 19 novembre 2005, il Barcellona vince per 3-1 in casa del Real Madrid. La prestazione di Ronaldinho è maestosa, il fuoriclasse brasiliano realizza due gol con altrettante azioni solitarie, entrambe le volte prende palla sulla fascia sinistra e poi si mangia letteralmente il campo, saltando gli avversari come fossero birilli. Dopo la seconda rete, i tifosi che affollano gli spalti del Santiago Bernabéu riconoscono la classe e la superiorità dell’avversario con una standing ovation spontanea, bellissima. Nel video di Barça Tv, in basso, la musica di sottofondo viene interrotta perché si senta bene il rumore degli applausi, mentre Ronaldinho esulta e sorride, come al solito.