Le partite in cui Mario Balotelli ci ha illuso di essere un fenomeno

Cinque match in cui ha mostrato tutto il suo talento, ma che sono rimasti casi isolati dentro una carriera incompiuta.

Tra quattro mesi, Mario Balotelli taglierà il traguardo dei trent’anni. Quel giorno, precisamente il 12 agosto 2020, assisteremo a un cortocircuito celebrativo, leggeremo o ascolteremo tantissimi racconti di una carriera incompiuta, o meglio vissuta come un continuo anti-climax, almeno per quanto riguarda il rendimento in campo: Balotelli ha iniziato al massimo, ci ha fatto vedere delle cose magnifiche e poi si è sgonfiato. È stato il più classico dei What If calcistici, ma anche il più spettacolare: Mario ha condito il suo percorso da professionista con una lunga serie di atti discutibili, legati in maniera indissolubile a un carattere contraddittorio, tipico di un ragazzo ingenuo irrequieto che poi è diventato un uomo ingenuo e irrequieto. E che ha deluso costantemente le aspettative di tutti.

Piuttosto che parlare di questo, però, è interessante capire quando e perché sono nate le aspettative che Balotelli ha finito per deludere – per tanti motivi. Abbiamo solo intravisto il suo reale talento, questo è chiaro, ma per poter esprimere questo concetto, per poter credere che sia davvero così, deve esserci stato un tempo in cui abbiamo toccato con mano questo talento, in cui siamo stati certi che Balotelli sarebbe diventato un campione. Anzi, nel suo casi ci sono stati diversi momenti: la prima manifestazione, splendida, accecante; e poi tutta una serie di redenzioni apparenti, che sono solo iniziate e non sono mai arrivate fino al termine. Ma sono state bellissime, altroché.

Atalanta-Inter – 6 aprile 2008

È inevitabile: quando si pensa alla rivelazione di Balotelli con la maglia dell’Inter, viene in mente la doppietta contro la Juventus in Coppa Italia. Il 30 gennaio del 2008, però, Mario vince da solo una partita che è decisiva, ma che pesa molto meno rispetto ad Atalanta-Inter del 6 aprile successivo. La squadra di Mancini è alla fine di un ciclo, si trascina stancamente in un campionato che sembrava aver domato e dominato e invece le sta sfuggendo di mano: due punti in tre partite, la Roma di Spalletti è risalita a meno quattro, anzi ha sprecato la chance di portarsi a meno due. A Bergamo, Mancini deve rinunciare a Ibrahimovic e concede a Balotelli la seconda partita da titolare in Serie A. Mario gioca accanto a Crespo, realizza un gol molto bello ma soprattutto gioca davvero benissimo. In anticipo sul calcio che verrà.

Negli highlights della partita, Mario è molto presente, non solo nell’area avversaria: innanzitutto, crossa dalla bandierina il pallone che Vieira scaraventa in rete per il vantaggio dell’Inter; poi, in un calcio che è ancora a metà del guado tra il gioco verticale degli anni Novanta e quello meno caotico degli anni Duemiladieci, opera come centravanti che accorcia la squadra, retrocede verso il centrocampo e poi smista il pallone per i compagni, e fa tutto questo con enorme qualità. Nel primo tempo Balotelli mostra una giocata splendida: addomestica un pallone alto con il petto, sovrastando qualsiasi cosa si muova sul campo di parecchi centimetri; poi resiste alla marcatura da dietro del difensore avversario, e senza perdere mai il contatto visivo con il pallone sente che Stankovic si sta inserendo alle sue spalle, e alle spalle della difesa avversaria; a quel punto lo serve con un pallonetto perfettamente dosato. Nella ripresa arriva un’altra giocata simile che libera Julio Cruz a tu per tu con il portiere, e poi c’è il gol che abbiamo visto mille volte: la lettura del passaggio di Cruz è un piccolo prodigio di tempismo, poi il controllo ancora con il petto, preciso, pulito, che non fa perdere neanche mezzo tempo di corsa, e la falcata armoniosa ma non lunga verso il portiere, il corpo che ondeggia per mandarlo fuori tempo, il tocco per superare l’uscita bassa, l’appoggio a porta vuota, un’esultanza non contenuta, il suo sorriso da diciassettenne, il suo talento. Che ci appare sconfinato, quel giorno, forse per la prima volta.

Atalanta-Inter 0-2

Manchester United-Manchester City – 23 ottobre 2011

Quando segna il primo gol, Mario Balotelli mostra la maglia “Why Always Me?”. C’è un motivo: il giorno prima è scoppiato un incendio a casa sua, e i giornali inglesi non hanno perso l’occasione di raccontare la sua bravata, con uno stile che a Mario non è piaciuto. Si sente sotto attacco, anche perché è da un anno in Inghilterra e ha fatto vedere solo a sprazzi il suo potenziale. Il derby in casa del Manchester United di Ferguson, per lui e per il City (di Mancini, toh) è una sfida generazionale, filosofica: tradizione e identità contro novità e tentativo di ascendere al cielo – in modo veloce, spregiudicato.

In quella partita, Balotelli è così forte e sfrontato che sembra essere l’anima perfetta di questo nuovo Manchester City. Segna il primo gol con un tocco di biliardo su assist di James Milner, poi costringe Evans a fargli fallo da ultimo uomo. Con i Red Devils in dieci, Balotelli ha ancora più spazio per dominare, dall’alto di una qualità che non teme confronti in quella partita, nonostante i ritmi infernali della Premier League, nonostante condivida il campo dei giocatori che hanno vinto tutto, oppure sono destinati a farlo – Rio Ferdinand, Wayne Rooney, Yaya Touré, David Silva. Mario esce al 70esimo dopo aver timbrato un altro gol, forse meno bello rispetto al primo, ma nel frattempo ha detto al mondo che la sua squadra, con lui al comando delle operazioni offensive, era davvero pronta a ribaltare le gerarchie della Premier e del calcio continentale.

Manchester United-Manchester City 1-6

Italia-Germania – 28 giugno 2012

È la vittoria più bella della Nazionale italiana nell’era post 2006, e va ascritta a Mario Balotelli. Dovrebbe essere, o meglio è una cosa di cui tener conto quando si parla di lui. I due gol sono solo la punta dell’iceberg di una partita splendida, perché è la partita sommersa che va analizzata, ricordata, elogiata, anche otto anni dopo. Balotelli si muove tantissimo ma soprattutto si muove sempre bene, crea spazi per essere servito sul lungo e sul corto, poi sa sempre cosa fare dopo il passaggio e col pallone tra i piedi, così l’esito di ogni sua giocata dipende dalla misura del tocco o dall’intesa con i compagni, è un puro fatto tecnico, mentalmente gioca davvero da dio.

I due gol nel primo tempo sono furbi eppure maestosi, sono frutto di letture intelligenti e di qualità – tecniche, fisiche, di coordinazione – superiori. Nella ripresa Balotelli continua a giocare benissimo, poi però si arrende a un problema fisico che lo mette fuori combattimento in maniera progressiva, come se avesse corso più di quanto poteva. Ovviamente non è così, non c’è stata retorica in quella partita, in quell’uscita: semplicemente eravamo in piena estate, faceva molto caldo, l’Italia era sfavorita contro una Germania fortissima e aveva dato tutto quello che aveva, e anche di più, per ribaltare il mondo. Ci è riuscita grazie a Prandelli, che aveva costruito il contesto migliore per esaltare un centravanti unico nel suo genere, capace di giocare di fino, con il fisico e con le intuizioni, al punto da assomigliare al leader spirituale che tutti pensavamo dovesse essere, però solo in pochi meravigliosi momenti.

Italia-Germania 2-1

Milan-Udinese – 3 febbraio 2013

Una delle prerogative dei grandi calciatori è quella di avere un impatto forte, possibilmente immediato, sull’ambiente che li circonda. Il grande impatto di un attaccante si misura con i gol. Al suo ritorno in Italia, Mario Balotelli dimostra di poter essere un grande giocatore e un attaccante efficace. Il Milan lo acquista dal Manchester City, lo lancia subito da titolare e Mario risponde con due gol all’esordio contro l’Udinese, in una partita dominata.

La superiorità di Balotelli si percepisce chiaramente negli highlights su Youtube, che sono permeati dell’attesa tipica del grande evento, dopotutto il ritorno di Balotelli in Italia dal Manchester City è proprio questo, un grande evento, e Mario risponde benissimo fin dai primi palloni giocati. Galleggia tra le linee di difesa e centrocampo degli avversari, si muove da punta pura ma anche da rifinitore, trova spesso corridoi geniali per Niang, che non è proprio un fenomeno nella fase di finalizzazione, si vede chiaramente. Mario sì, può essere un fenomeno sotto porta, realizza un gol apparentemente semplice: tira da solo a centro area, ma il movimento prima della conclusione è splendido, perché Balotelli intuisce che El Shaarawy andrà sul fondo e cercherà il cross arretrato, allora lui finge di attaccare la porta, poi però si scrolla di dosso il difensore avversario, si ferma e il pallone arriva esattamente lì, sul suo piede sinistro. Dopo segnerà anche il rigore del 2-1, con la sua proverbiale freddezza dal dischetto. Nei primi sei mesi con il Milan, segnerà dodici gol in tredici partite: un impatto mostruoso.

Milan-Udinese 2-1

Italia-Inghilterra –

La Nazionale che Prandelli porta ai Mondiali brasiliani è una squadra che ha due obiettivi: far girare il pallone tra difesa e centrocampo e poi farlo lanciare a Pirlo, alle spalle della difesa avversaria. Laddove c’è Balotelli. Contro l’Inghilterra, nella notte italiana dell’esordio, gli Azzurri centrano entrambi questi obiettivi. Gli scambi continui irretiscono la fisicità degli inglesi, Pirlo è magistrale, in avanti Balotelli agisce da solo, non accanto a Cassano come agli Europei di due anni prima, ma sembra non pesargli, partecipa meno alla costruzione del gioco ma riesce a essere più lucido in fase conclusiva. Se ne accorgono tutti poco prima dell’intervallo: quando il tabellone del risultato dice 1-1, Mario riceve un pallone molto largo di Pirlo, evita l’uscita bassa di Hart, non avrebbe spazio per la conclusione e invece lo trova perché lo inventa, grazie a un geniale pallonetto con l’interno destro. La palla gira, viene spazzata sulla linea, nessuno crede che tutto questo sia possibile, Balotelli viene rincuorato da Verratti.

Nella ripresa, dopo pochi minuti, Candreva trova uno dei pochissimi spunti della sua partita, salta secco Baines rientrando sul sinistro e poi crossa in area. Balotelli ha sempre avuto una grande capacità di smarcarsi, o meglio di muoversi dentro i sedici metri senza farsi toccare dai difensori avversari, il suo è un istinto primordiale per la ricerca degli spazi più invitanti, e si sposa perfettamente con le sua qualità migliori – la coordinazione e la tecnica di tiro. Il cross di Candreva vola sopra la testa di tutti i difensori inglesi, tranne che su quella di Balotelli, che è al posto giusto, al momento giusto e salta col tempo giusto. Anche Hart è fuori tempo e fuori posizione, a volte i sette metri tra un palo e l’altro diventano una distanza davvero enorme da coprire. È l’ultimo gol realizzato dalla Nazionale italiana in una partita di Coppa del Mondo.

Italia-Inghilterra 2-1