Come cambierà il calciomercato a causa della pandemia

Gireranno meno soldi, ci saranno molti più scambi: il calcio europeo si avvicinerà al modello degli sport americani?

Sono settimane che parliamo delle perdite economiche legate allo stop dei campionati. Lo scenario è abbastanza chiaro: giocare a porte chiuse, rinunciare alla futura campagna abbonamenti, perdere le entrate dalle tv sarebbe un colpo durissimo per le finanze dei club di tutta Europa. Se la stagione non dovesse riprendere le perdite potrebbero sfiorare i 750 milioni di euro per la sola Serie A; un miliardo nelle previsioni dei vertici della Liga spagnola; 1,24 miliardi per la Premier League.

Anche ai massimi livelli le società non possono permettersi di rinunciare a quelle entrate: senza, molte sarebbero a rischio fallimento. In Serie A ci sarebbero una decina di club in bilico, in Inghilterra il Burnley potrebbe non avere liquidità per andare avanti già in estate. Le conseguenze di questa crisi economica dovuta alla sospensione dei campionati saranno evidenti anche nella prossima finestra di mercato. «Non giocare significherebbe diventare terreno di conquista per i club stranieri che verrebbero a comprare a prezzo di saldo i nostri campioni», ha detto qualche giorno fa a Repubblica l’ad della Lega Serie A, Luigi De Siervo.

Quel che è certo è che almeno sotto il profilo economico sarà un calciomercato profondamente diverso, per tutti. L’inflazione delle ultime stagioni si sgonfierà, portando un ridimensionamento delle cifre di spesa: non ci saranno acquisti da cento milioni, non per un solo giocatore. Un esempio: Jadon Sancho sarebbe quasi certamente tornato in Premier League, in una delle big del campionato, ma le cifre di cui si parlava solo qualche settimana fa – oltre 120 milioni di sterline – saranno irraggiungibili per chiunque. Il vicepresidente esecutivo del Manchester United, Ed Woodward, ha detto che le speculazioni sui trasferimenti a cifre così alte ignorano «la realtà che il calcio sta affrontando».

Ci si dovrà inventare un modo diverso di fare mercato. Intanto è utile ricordare che nelle fasi di recessione il primo mantra è «Cash is King»: le società con una discreta cifra da spendere – magari perché finanziariamente più pronte ad affrontare la crisi – hanno un enorme vantaggio competitivo sulla concorrenza e verosimilmente avranno la possibilità di fare buoni affari con chi ha bisogno di vendere, o di svendere. Per tutti gli altri l’opzione numero uno per risparmiare è cercare la qualità, intesa come l’acquisto più produttivo sotto tutti i punti di vista, anche giocando d’anticipo: aumentare il livello dello scouting, muoversi prima della concorrenza e assicurarsi i giocatori desiderati per tempo. Almeno questo aspetto del calciomercato è cambiato poco: tanti dati da analizzare, vecchie partite da visionare, liste di giocatori da filtrare. «Per ora è cambiato solo che le conferenze con gli altri dirigenti sono in video. Quindi non devi vestirti bene», aveva detto Monchi al New York Times a metà aprile. È la fase due che apre diversi interrogativi (questa l’abbiamo già sentita).

«Il mercato dei trasferimenti questa estate non esisterà». La frase di Christian Seifert, Ceo della Bundesliga. è estrema. Ma per alcuni club sarà davvero così. Magari per scelta: qualcuno preferirà non fare mercato, puntando sui giocatori già sotto contratto, come ha fatto il Tottenham recentemente quando doveva affrontare le spese per il nuovo stadio. Chi nelle ultime stagioni ha fatto un scelte orientate al futuro per decisioni politiche – Psv Eindhoven, Borussia Dortmund, Real Madrid – o per necessità – Chelsea – si concentrerà sullo sviluppo della rosa a disposizione, magari limitando gli acquisti a pochi colpi mirati (o per sostituire chi va via).

L’affare più ricco dell’ultimo anno di calciomercato è stato il trasferimento di João Felix: per averlo, l’Atlético Madrid ha versato 126 milioni al Benfica, l’intero importo della sua clausola rescissoria (Javier Soriano/AFP via Getty Images)

Allo stesso modo sarà ancor più conveniente valorizzare il settore giovanile: in alcuni campionati è un’opzione già molto utilizzata – per esempio nella Ligue 1 e nella Liga circa il 50% degli esordienti viene da un settore giovanile del Paese, dati Cies – ma in Italia sarebbe una piccola rivoluzione. Nelle ultime tre stagioni in Serie A meno del 25% degli esordienti proviene dal settore giovanile di una squadra del campionato, e appena il 12% arriva da una squadra promossa: tra le cinque maggiori leghe europee la Serie A è quella che compra di più dall’estero, mentre circa il 63% dei giocatori che hanno esordito nell’ultimo triennio è cresciuto in un altro campionato. Sarà un’occasione per portare in prima squadra i talenti delle giovanili, dove ci sono i margini per farlo.

Milan e Roma sono le squadre più abituate, in termini quantitativi (18esima e 21esima in Europa per giocatori del vivaio mandati in campo), ma probabilmente è l’Atalanta ad aver integrato – e valorizzato – meglio il settore giovanile negli ultimi tempi: il sistema di Gasperini, estremamente definito e riconoscibile, ha permesso al club di individuare facilmente i giocatori più adatti alla prima squadra (Caldara, Conti, Gagliardini, Amad Traoré). I bergamaschi sembrano i più pronti a rinnovare la rosa guardando in casa propria, contando anche la squadra Primavera prima in classifica nella categoria.

Matthijs de Ligt è il difensore più costoso nella storia della Serie A, e l’acquisto più oneroso della penultima finestra di mercato, almeno in Italia: su di lui la Juventus ha investito un totale di 85 milioni (Gonzalo Arroyo Moreno/Getty Images)

Cercare la qualità significa anche puntare su meno giocatori ma più affidabili in termini di rendimento. Simon Kuper, autore del saggio Soccernomics, ha ricordato in un articolo su Espn  un’altra importante lezione in tempi di crisi, «Flight to quality»: è probabile che le grandi scommesse di mercato – quelle con un buon potenziale, ma con poche certezze – saranno rimandate a tempi migliori. Un giocatore come Ousmane Dembélé, per dire, difficilmente avrà un gran mercato dopo due stagioni interlocutorie – almeno non alle cifre che meriterebbe il suo talento in potenza.

Ma l’opzione più gettonata sembra essere quella dello scambio di giocatori. Lo ha detto anche Fabio Paratici, Chief Football Officer della Juventus: «Sarà un calciomercato in stile Nba, nel senso che saranno spesi meno soldi e ci saranno molti più scambi». Ipotesi condivisa anche dall’ad dell’Inter, Beppe Marotta: «Sarà un mercato più povero quindi con più scambi, perché il problema economico è di tutti». Il mercato Nba, in tutta la sua complessità, non è paragonabile al calciomercato europeo: le condizioni iniziali sono molto diverse, dal tetto salariale per squadre e giocatori ai “paletti” da rispettare in ogni trade, per fare degli esempi. Ma il modello, inteso a grandi linee come mercato dove i contratti vengono scambiati anziché acquistati, è tipico di di tutte le leghe americane, compresa la Major League Soccer che però è legata anche al resto del mercato globale: qui gli scambi tra le franchigie sono soggetti a una rigida regolamentazione che impedisce grandi speculazioni, ma le società partecipano al grande gioco del calciomercato come tutte le altre squadre dei campionati Fifa. «In Mls è diverso perché abbiamo tante restrizioni che aiutano a controllare il mercato», ha detto Axel Schuster, direttore sportivo dei Vancouver Whitecaps in un’intervista al sito della lega. «Penso che sarà il campionato più stabile durante e dopo la crisi».

Il passaggio di Maguire dal Leicester al Manchester United è stata la più costosa operazione completata in Premier League nella sessione estiva del 2019: i Red Devils hanno speso 87 milioni di euro (Michael Regan/Getty Images)

È probabile che in questa sessione di mercato i campionati europei provino a prendere qualcosa dalle leghe americane, e anche i top club potrebbero fare un uso massiccio degli scambi di giocatori come si fa dall’altro lato dell’Atlantico: «Abbiamo in programma di scambiare piuttosto che acquistare giocatori quest’estate, perché questa pausa toglierà al club entrate tra i 120 e i 140 milioni di euro», ha detto a Espn il vicepresidente del Barcellona Jordi Cardoner. Proprio il Barcellona avrebbe bisogno di rimodellare la rosa per provare a vincere ancora una Champions League con Messi, ma le previsioni fatte da Cardoner non lasciano immaginare un mercato di grandi spese. È possibile che il club catalano inserisca una o due contropartite in uno scambio per arrivare a Lautaro Martinez dell’Inter: potrebbe offrire Rakitic, Todibo, Vidal e fare gioco con le valutazioni dei cartellini. È un’opzione che funzionerebbe anche con la Juventus: Bernardeschi non è titolare in Serie A o Champions League da dicembre e sarebbe sacrificabile in uno scambio con lo stesso Rakitic o con Arthur per ridisegnare un centrocampo che rischia di perdere più di un pezzo.

L’aumento degli scambi per non registrare minusvalenze – anzi, per fare plusvalenze – è uno strumento che si stava diffondendo già nelle ultime sessioni di mercato. Il motivo è semplice: permette una sopravvalutazione dei giocatori, che formalmente entrano in due operazioni separate permettendo alle due società di mettere a bilancio plusvalenze consistenti, anche se solamente fittizie. Per questo motivo più che per l’aumento degli scambi in sé, il calciomercato della prossima estate dovrebbe provare a imitare le leghe americane per la capacità di garantire solidità finanziaria a campionati e società, e la trasparenza delle operazioni di mercato. Scegliere questa via significherebbe forse accettare una Fifa più forte, capace di imporsi con una regolamentazione ben definita per uniformare tutti i campionati, dalla decisione sull’inizio della prossima stagione ai limiti temporali della finestra di mercato, fino a un maggior controllo sui trasferimenti in modo da renderli più trasparenti. Sarebbe utile soprattutto per non creare scompensi ed evitare che le misure eccezionali richieste da un momento eccezionale come questi possano favorire enormemente alcuni club, o campionati, e sfavorire tutti gli altri.