Cinque favole calcistiche che avremmo voluto vedere fino alla fine

La pandemia ha interrotto le stagioni grandi e inaspettate dell'Atalanta, del Bayer Leverkusen, di Immobile, del Verona e la corsa del Liverpool verso la Premier.

La pandemia ha fermato i campionati e le coppe di tutto il mondo. Solo che in alcuni luoghi, per alcune squadre, lo stop ha fatto decisamente più male. Del resto anche lo sport più ricco e seguito si nutre principalmente di emozioni, come tutte le cose della vita, e anche se a volte il termine favola viene usato in maniera retorica nel racconto del calcio, è vero pure che il grande andamento di alcune realtà era così appassionante, oppure così inaspettato, che lo stop è arrivato con un tempismo davvero crudele.

Per questo, abbiamo scelto cinque storie interrotte che avremmo voluto vedere fino alla fine. C’è un po’ di tutto: le inevitabili squadre underdog pronte a riscrivere la storia, progetti pluriennali a un passo dall’apogeo, giocatori che avevano raggiunto delle vette inattese e sembravano destinati a non ricadere, almeno questa volta. Questa stagione dovrebbe riuscire a ripartire, quindi qualcuna di queste imprese potrebbe anche essere portata a termine. Ma non sarà la stessa cosa, purtroppo, e probabilmente la cosa più triste di tutte è proprio questa.

Hellas Verona e Sheffield United in Europa

L’ultima partecipazione del Verona a una manifestazione internazionale risale alla stagione 1987/88, allora i gialloblu arrivarono ai quarti di finale di Coppa Uefa. Lo Sheffield United, invece, non ha mai giocato un torneo continentale. Quest’anno, però, le squadre guidate da Ivan Juric e Chris Wilder sembravano pronte a ribaltare questo senso di subalternità perenne, grazie a idee simili in alcuni aspetti: sia l’Hellas che lo United hanno seguito l’esempio del Getafe, cioè hanno deciso che per loro la bellezza e la ricercatezza del gioco stanno nell’intensità fisica, nella corsa, nella solidità. Non a caso, l’Hellas ha subito 26 gol ed ha la quarta miglior difesa della Serie A – dietro Lazio, Juve e Inter –, mentre lo Sheffield ha fatto ancora meglio, con 25 reti incassate, appena due in più del Liverpool di Klopp.

Pazzini si è unito al Verona nel 2015: da allora, ha giocato 130 partite e ha segnato 50 gol, di cui quattro in questa stagione (Alessandro Sabattini/Getty Images)

Tutto questo, però, non vuol dire che a Verona e Sheffield non si stiano divertendo: l’Hellas non ha perso praticamente mai, anzi ha vinto contro la Juventus e ha pareggiato in casa della Lazio, proprio mentre la squadra di Inzaghi stava polverizzando qualsiasi avversario, qualsiasi record; discorso valido anche per lo Sheffield, che si è tolto lo sfizio di battere l’Arsenal e l’Everton, di pareggiare col Tottenham e ancora l’Arsenal in trasferta, di tenere fuori proprio gli Spurs e i Gunners – sempre loro – dalla zona Europa League. Certo, la forza economica dei due club è molto diversa, le Blades sono di proprietà di un membro della famiglia reale saudita mentre l’Hellas ha il 20esimo monte ingaggi della Serie A, ma in realtà entrambe le squadre erano neopromosse, avrebbero potuto e dovuto lottare al massimo per la salvezza, invece il lockdown le ha fermate mentre erano in piena corsa per qualificarsi alle coppe europee. Oltre alla tattica c’è tanto altro in comune sull’asse Verona-Sheffield, è ancora bello e possibile poter immaginare un doppio confronto di Europa League al Bentegodi e al Bramall Lane – magari sarebbero state due partite non proprio spumeggianti in fase offensiva, ma in ogni caso avremmo trovato il modo di divertirci.

Il Bayer Leverkusen vince il terzo trofeo della sua storia dopo 27 anni

In questi giorni, il Bayer Leverkusen celebra la maggiore età del triplete al contrario. Nel 2002, la squadra di Klaus Toppmöller perse in pochi giorni il titolo di Bundesliga e le finali di Champions League e Coppa di Germania, e da allora Toppmöller non ha mai più allenato, in pratica. Non fu solo colpa sua, ma anche della storia: pur essendo un club d’élite in Germania, il Bayer ha sollevato al cielo solo due trofei in 116 anni dalla sua fondazione. Difficile pensare a una squadra di alto livello più sfigata, con complessi più gravi quando si tratta di vincere qualcosa di importante. Persino la Coppa Uefa del 1988 fu conquistata in modo agonico, con rimonta clamorosa e vittoria ai rigori nel match di ritorno alla BayArena dopo che la sfida d’andata venne vinta per 3-0 dall’Espanyol – un altro club piuttosto abituato agli eventi nefasti.

E allora ci perdonino i tifosi di Inter e Roma, squadre italiane impegnate in Europa League, ma noi vorremmo proprio vedere il Bayer vincere un trofeo dopo 27 anni l’ultima Coppa di Germania, vorremmo vedere come si festeggia a Leverkusen, cosa può succedere quando vince il club di una città di 163mila abitanti dove non c’è quasi niente – a parte gli stabilimenti di un impero farmaceutico. La squadra guidata dall’olandese Bosz ha tanti giovani e tanta qualità, è praticamente già qualificata ai quarti di Europa League (ha vinto per 3-1 il match d’andata degli ottavi in casa dei Rangers Glasgow), ed è in semifinale di Coppa di Germania. Insomma, c’è qualche possibilità che succeda l’imponderabile, certo il fatto che parliamo del Bayer Leverkusen rende tutto molto più difficile, però la Bundesliga sarà il primo torneo a ripartire, e questo potrebbe dare una marcia in più ai club tedeschi. Noi speriamo che possa aiutare proprio il Bayer: sarebbe bello, sarebbe ora.

Il trionfo del Liverpool in Premier League dopo trent’anni

In effetti la squadra di Klopp poteva essere fermata solo da una cosa molto grossa – tipo una pandemia globale. I Reds che vincono la Premier sarebbero stati – sono, saranno – un altro caso di favola-non-favola, di progetto perfetto arrestato a un passo dal successo finale. Avremmo voluto vedere cosa significa tornare a vincere la Premier, il trofeo più atteso ad Anfield, dopo un campionato dominato, dopo aver stracciato tutti i record possibili, un anno dopo aver sollevato al cielo una Champions meritatissima, con la consapevolezza che anche questa sarebbe stata una vittoria costruita nell’ultimo lustro, pezzo dopo pezzo, con fortuna e competenza e applicazione.

Alexander-Arnold è uno dei sedici elementi della rosa di Klopp che hanno realizzato almeno un gol in Premier League. Tra i giocatori di movimento, solo Joe Gomez, Lovren e Minamino (che però è arrivato a gennaio) non sono riusciti ad andare a segno (Alex Pantling/Getty Images)

La festa sarebbe stata incredibile, anche perché tutto sarebbe stato moltiplicato da un’attesa lunghissima, dai trent’anni passati dall’ultima volta, dalla frustrazione per le imprese che sono state solo accarezzate in questi decenni – la scivolata di Gerrard nel 2014 è l’emblema di tutto ciò. Neanche due vittorie in Champions, nel 2005 e un anno fa, sono riuscite a cancellare l’ansia da titolo mancato, una cosa che riguarda i tifosi più che il club. La favola sarebbe appartenuta soprattutto ai loro, ai fan dei Reds, del resto il Liverpool-società e i suoi dipendenti hanno fatto tutto in modo lineare, corretto, questa vittoria – pure con numeri irripetibili – sarebbe stato semplicemente il premio per un lavoro portato avanti in maniera coerente. Però non vedremo l’entusiasmo dilagante, la parata sul bus scoperto, Klopp che ride e digrigna i denti, tutte cose che erano già in preparazione, che saranno rimandate e sicuramente diluite: questo è un rammarico che ci porteremo dietro per molto tempo, purtroppo, anche noi che non viviamo a Liverpool.

L’Atalanta va fino in fondo in Champions League

Siamo ancora in tempo, perché Gasperini, Ilicic, Gómez e tutti gli altri sono nei quarti di finale. Però, alla ripresa del calcio, tutto sarà cambiato, è inevitabile: il fluido che ha sospinto i nerazzurri fino alla strepitosa doppia vittoria con il Valencia – un fluido fatto di qualità, intelligenza, programmazione e abnegazione – è stato interrotto sul più bello, e anche la psiche del gruppo avrà sicuramente subito dei danni, del resto Bergamo è stata la città-epicentro della crisi sanitaria più grave nella storia dell’Italia moderna, e questa è una ferita impossibile da rimarginare.

L’Atalanta stava portando a termine un qualcosa di magico eppure realistico, frutto di un progetto dagli incastri giusti e con tutti gli angoli smussati ad arte. Servirà una forza enorme per riprendere dallo stesso punto, nello stesso modo, ma va anche detto che la squadra di Gasperini possiede le qualità perché la formula perfetta possa ricomporsi, almeno sul campo: un gioco ambizioso e ormai tarato sui ritmi del calcio internazionale, la perfetta armonia tra i singoli all’interno del sistema, anche una certa dose di fortuna, tutto sembrava spingere la Dea in un percorso non pronosticabile, neanche dal tifoso più ottimista. La Champions tornerà in piena estate, l’Atalanta sarà lì e potrà continuare a scrivere la storia, la sua favola. Quantomeno vorrà provarci. È sempre stato il senso dello sport, sarà il senso della ripartenza.

Ciro Immobile vince la Scarpa d’Oro

La Lazio in lotta per lo scudetto non è propriamente una favola, considerando la perfetta intesa tra Lotito, Tare e Inzaghi, la forza della squadra biancoceleste, il fatto che tutti i meccanismi del campo e sul mercato siano stati costruiti e migliorati negli anni. Ciro Immobile è solo la punta dell’iceberg, il perfetto rappresentante di questo progetto vincente: con la Lazio, insieme alla Lazio, ha disintegrato l’idea dei limiti condivisi ed è arrivato ai livelli più alti, ha cancellato i dubbi sul suo conto e su quello della sua squadra.

In questa stagione, Immobile ha 30 gol in 33 partite di tutte le competizioni, con una media di una marcatura ogni 89 minuti di gioco (Paolo Bruno/Getty Images)

Che Immobile sia uno dei migliori attaccanti d’Europa è ormai un fatto. Solo che i suoi numeri di questa stagione sono davvero incredibili, al punto che il centravanti della Lazio è in testa alla classifica della Scarpa d’Oro. Ha messo insieme 54 punti, quattro in più del miglior Lewandowski di sempre, dodici in più di Cristiano Ronaldo e Haaland, sedici più di Messi. L’albo d’oro del trofeo che incorona il miglior attaccante dei campionati europei, negli ultimi dieci anni, è stato monopolizzato da Messi, Ronaldo e Suárez, e nessun altro. Il fatto che Immobile fosse pienamente in corsa per riuscire a inserirsi in questo gruppetto, il fatto che sembrasse pronto a scalzare dal loro trono attaccanti così forti, decisamente più forti di lui, che hanno segnato la storia dello sport, quella era una favola bellissima. I sostenitori della Lazio ne fanno una questione di tornaconto di squadra, noi abbiamo tifato – e tiferemo – per Immobile perché si tratterebbe di un successo enorme, di una rivincita di Immobile verso tutti i suoi detrattori, sarebbe il premio migliore e più meritato per una crescita esponenziale, quasi smodata nei numeri, per l’impatto sulla Serie A e sul calcio internazionale.