Lucas Paquetá è ancora un enigma

Il brasiliano sembra aver trovato la miglior collocazione nel sistema di Pioli, ma non riesce a essere davvero convincente.

Come un wrestler al limite del cedimento, il Milan di Stefano Pioli ha ribaltato le difficoltà di una stagione critica con un colpo di reni da applausi. Già prima del lockdown, il lavoro del tecnico emiliano aveva mostrato dei buoni frutti, ma dall’inizio della ripartenza in poi i risultati sono diventati impressionanti: media punti di 2,4 per partita, due vittorie con sette gol realizzati contro le prime due squadre della classifica, poi il pareggio di Napoli, tutti eventi che stanno cancellando, almeno parzialmente, le tante ombre di questa ennesima stagione di mediocrità.

La nuova identità di gioco dei rossoneri ha rimpolpato la fiducia di alcuni elementi spenti, Bennacer e Castillejo su tutti, ma anche Lucas Paquetá ha mostrato di essere in crescita rispetto al passato. Il brasiliano ha giocato da titolare tre delle ultime cinque partite del Milan, e nei 35’ contro la Roma, grazie alla sua qualità, ha sbloccato la gara permettendo ai compagni di segnare i due gol vincenti. Nonostante tutto, ci sono ancora delle cose che non funzionano nel rapporto tra il brasiliano, la squadra rossonera e il calcio italiano, soprattutto per una questione di mancata continuità: spesso Paquetá si è bloccato nella partita successiva a una buona performance, oppure ha alternato momenti di estrema lucidità a fasi di poca concentrazione all’interno della stessa gara.

Questo è il vero rebus che accompagna l’avventura milanista del brasiliano: mischia talento e distrazione in una texture ambigua, cammina sul filo sospeso tra una giocata notevole e un pallone perso scioccamente. Esattamente come accaduto nelle ultime due partite contro Juve e Napoli.

Nella pur sufficiente prestazione del brasiliano contro la Juventus, Paquetá si è fatto saltare da Cuadrado con relativa semplicità, e spesso dopo il dribbling subito è rimasto fermo, senza inseguire l’avversario colombiano. Un tipico atteggiamento remissivo. E non è la prima volta che succede nell’esperienza al Milan: anche nella gara contro il Napoli, Paquetá ha iniziato bene, ma è stato sostituito già all’intervallo, dopo che nella seconda parte del primo tempo aveva offerto un contributo amorfo, senza sostanza. In seguito al gol di Di Lorenzo, il Milan ha finito per schiacciarsi, e Paquetá si è adeguato al contesto, ha abbassato il livello della sua prestazione, come se si fosse verificato un cortocircuito innescato dagli errori dei compagni, che ha alimentato le sue insicurezze e di conseguenza lo ha mandato in tilt. Anche Tite, ct del Brasile, ha confermato questa tendenza del fantasista rossonero al termine di una prestazione negativa contro l’Argentina: «Bisogna stare tranquilli, con Paquetá. Dopo aver sbagliato i primi due passaggi, ha perso un po’ di fiducia. Ci vuole calma, Paquetá è un gran giocatore e lo dimostrerà crescendo nel Milan».

Lucas Paquetá viene sempre descritto come una persona timida, e questa sua caratteristica si evidenzia proprio in certi errori, in certi momenti, in quella sua inibizione che si manifesta durante le partite, per la precisione nei momenti più caldi e delicati. È arrivato al Milan per portare qualità e questa, sommariamente, si è anche vista. Il problema è che le sue giocate, in particolare i dribbling, risultano essere molto influenzate dal rendimento della squadra: se il Milan rende, allora la qualità del rendimento di Paquetá aumenta; viceversa, non si ha la quasi mai la sensazione che il suo ingresso o una sua intuizione possano ribaltare la situazione. In questo senso, la partita contro la Roma è stata una felice eccezione, e proprio per questo ha rappresentato una sorpresa.

Paquetá è arrivato al Milan nella finestra di trasferimenti di gennaio 2019; da allora, ha accumulato 43 presenze e un gol con la maglia rossonera, in tutte le competizioni (Miguel Medina/AFP via Getty Images)

Con Gattuso in panchina, nel primo anno di Paquetá in Italia, il Milan era una squadra meno spavalda, c’erano più uomini dietro la linea della palla, quindi gli errori del brasiliano avevano un’influenza minore sui risultati della squadra. All’inizio di questa stagione e dell’era-Pioli, invece, il brasiliano ha risentito molto della fragilità difensiva dei rossoneri: il ruolo di mezzala ha determinato rischi maggiori, e più volte una sua giocata errata ha innescato il contropiede avversario. La svolta di questo periodo è merito di Pioli: l’ex allenatore della Fiorentina, forse intuendo le sue difficoltà emotive, ha costruito uno schema tattico in cui Paquetà, schierato da trequartista centrale o da esterno offensivo nel 4-2-3-1, risulta più libero da compiti difensivi, ma a lui vengono affidate comunque delle mansioni di regia. Pochi metri di campo, nel suo caso, fanno la differenza.

Il miglior Paquetá, dunque, è un giocatore che si abbassa per assistere il centrocampo e alzare il baricentro della manovra, che chiama palla sui 70 metri per impostare l’azione offensiva. Tutte situazioni che si sono viste nella gara contro la Spal e soprattutto in quella contro la Roma. Oltre alla regia offensiva, però, Paquetá nelle ultime partite ha mostrato anche una buona attitudine in fase difensiva: il dato sui contrasti è positivo (1,4 riusciti su 2,3 tentati in media per partita), e forse è una delle chiavi migliori per raccontare il suo miglioramento. Che non ha lasciato indifferente Tite: il selezionatore del Brasile è uno dei suoi ammiratori più ferventi, l’ha convocato praticamente sempre e l’ha schierato in 11 occasioni, affidandogli una volta anche la maglia numero dieci. Il ct della Seleçao forse si è spinto un po’ oltre, quando ha dichiarato che «Lucas può essere il De Bruyne del Brasile».

Paquetá ha giocato la sua prima partita con la Nazionale senior del Brasile dopo il Mondiale 2018, quando era ancora un giocatore del Flamengo; da allora, 11 presenze e due reti realizzate (Buda Mendes/Getty Images)

Nonostante tutto, e al netto di queste affermazioni un po’ azzardate, restano dei dubbi sulla consistenza di Paquetá, soprattutto ad altissimi livelli: l’accusa più frequente che gli viene mossa è quella di essere lento, di non essere adeguato ai ritmi del calcio europeo, di essere un dribblomane – 1,4 dribbling riusciti su 2,3 tentativi per match – e di avere uno scarso feeling con la porta e con i passaggi decisivi, non a caso in questa stagione non ha ancora segnato un gol e ha servito solo un assist in 1188 minuti di gioco tra Serie A e Coppa Italia.

Forse anche per questo il ruolo in cui si esprime meglio è quello in cui Pioli lo sta utilizzando in questo momento, ovvero organizzatore del gioco offensivo, in posizione centrale o laterale, in modo che possa sfruttare la sua qualità nel dialogo stretto con i compagni. Forse ora il tecnico emiliano ha trovato il modo migliore per utilizzarlo, di certo lui sta lavorando molto sul suo gioco per diventare importante in questo Milan. Ma pare proprio che il processo per risolvere l’enigma-Paquetá sia destinato a durare ancora a lungo.