Tre cose sulla 35esima giornata di Serie A

La Lazio in Champions, la Juve che frena, il talento di Zaniolo.

La Lazio ha raggiunto il suo obiettivo

La vittoria sul Cagliari che ha riportato la Lazio ai gironi di Champions League – tra l’altro tredici anni dopo l’ultima volta – deve essere salutata per quello che rappresenta: un evento storico. La fine di un’assenza così lunga dalla competizione più importante è un risultato enorme per la società di Lotito, per la squadra di Inzaghi, ed è giusto non fare confusione: l’obiettivo a inizio campionato era proprio questo. Certo, per molte settimane la Lazio è andata oltre se stessa, ha accarezzato il sogno scudetto, si è avvicinata tantissimo alla Juventus, poi però ha subito – come altre squadre, forse di più – l’impatto del cambio di contesto e di regole dopo il lockdown. Alcune incomprensioni interne e il cattivo andamento delle ultime settimane hanno macchiato un po’ la splendida stagione vissuta dalla Lazio, ma proprio l’ottimo lavoro fatto in precedenza, il progetto portato avanti in perfetta sinergia tra la società, il diesse Tare, il tecnico e i giocatori, ha fatto sì che le ambizioni si ridimensionassero solo un po’, che la meritata qualificazione in Champions League arrivasse in anticipo, senza troppi patemi. La vittoria del titolo, che a un certo punto è parsa possibile, sarebbe stata un miracolo; ma anche questo ingresso tra le prime quattro è un capolavoro gestionale e tecnico, perché trovare la formula – tattica, societaria, ambientale – per esaltare e/o recuperare e/o far convivere il talento di giocatori come Milinkovic-Savic, Luis Alberto e Immobile, e insieme costruire una squadra equilibrata e divertente, era un’impresa complessa. Lungo la stagione, Inzaghi e i suoi uomini hanno sacrificato alcune partite – e quindi alcune competizioni – per rendere al massimo in campionato, ma alla fine si può dire che ne è valsa la pena: ora però il progetto può – anzi: deve – proseguire e allargarsi, ci sono i margini, gli strumenti e le conoscenze per farlo, dopotutto la Champions è un torneo (molto) più grande rispetto all’Europa League, e quindi è giusto affrontarlo in un certo modo.

La Juve ha solo rimandato la festa o ha problemi più profondi? 

Udinese-Juventus è stata una partita-manifesto per la stagione della squadra di Sarri. Più volte durante l’anno, infatti, i bianconeri sembravano aver preso il controllo definitivo del campionato e di sé stessi, sembravano aver metabolizzato le nuove richieste del nuovo allenatore. Poi invece si sono smarriti, hanno fatto un passo indietro, forse due, si sono fatti risucchiare dai fantasmi senza mai perdere davvero il primato – il dato Opta sui 18 punti persi da situazione di vantaggio è eloquente, così come è eloquente il fatto che i bianconeri siano ancora a un soffio dallo scudetto. L’analisi per cui la Juventus vincerà lo scudetto per mancanza di avversari è molto semplicistica, forse inesatta, ma va anche evidenziato come l’andamento delle inseguitrici – soprattutto nelle partite post-lockdown – abbia alimentato la sensazione per cui la squadra di Sarri abbia vinto per meriti ma anche per inerzia, nel senso che gli è bastato fare uno sforzo neanche troppo grande per portare a casa il titolo, e questa vittoria non è arrivata a causa della rivoluzione promessa dal cambio in panchina. Oggi la Juventus paga soprattutto questo, oltre agli inevitabili scompensi fisici e mentali dovuti a un contesto borderline: la distanza tra ciò che è e ciò che aspira a essere, dal punto di vista tecnico e tattico. Un equivoco che porta la squadra a dominare alcuni segmenti di partite e poi a scomparire dal campo – come successo contro il Milan – o comunque a ritirarsi un po’. Anche ieri a Udine è andata proprio così, magari alla Dacia Arena la psiche – come ha spiegato Sarri nelle interviste del dopopartita – ha inciso più che in altre gare, del resto il traguardo è vicinissimo, le motivazioni sono quelle che sono, basterà vincere contro la Sampdoria e altri condizionamenti evidenti. In ogni caso, però, Sarri e la Juventus devono capire se è solo un problema transitorio, oppure se il malinteso è più profondo. È doveroso perché ormai la Champions si vede all’orizzonte, perché la prossima stagione è già iniziata, e quindi questo scudetto è importante, importantissimo, storico, ma il futuro passa anche dalla definizione dell’identità bianconera, nuova o vecchia che sia.

L’Udinese ha annullato così il primo match-point scudetto della Juve di Sarri

Guardare il gol di Zaniolo è come guardare un album di foto dal futuro

Difficile non esaltarsi, nonostante tutte le tare: la Spal già retrocessa, una partita abbondantemente finita, le condizioni particolari, inedite, della Serie A a luglio. Difficile non esaltarsi dopo che Zaniolo ha preso palla a centrocampo, ha cambiato più volte direzione e frequenza della propria corsa, ha superato di netto o comunque evitato tutti gli avversari che si sono posti tra lui e la porta, infine ha scagliato un tiro di sinistro imprendibile, entrato in rete dopo aver toccato la traversa. Questo gol magnifico va oltre il contesto in cui è arrivato, ed è una finestra aperta sul futuro, come se il centrocampista della Roma ci avesse mostrato un album di foto che non ha immortalato un evento del passato, piuttosto racconta ciò che succederà domani, tra un mese, tra cinque anni, la qualità enorme di un ragazzo privo di difetti evidenti, potenzialmente dominante in ogni contesto, che certamente deve crescere e maturare ancora, ma che ha già mostrato di avere talento e personalità. In virtù di tutto questo, il gol di Zaniolo è una splendida notizia per la Roma – ovviamente – ma anche per tutto il calcio italiano. Anche perché Nicolò si è rotto il crociato appena sei mesi fa, e ora è di nuovo in campo, di nuovo forte come prima, forse più di prima. Non era una cosa scontata, neanche a 21 anni appena compiuti.

Un gol da vedere e rivedere