Con Osimhen, il Napoli cambia pelle

L'arrivo dell'ex Lille prelude alla cessione di Milik, ma non solo: è il segnale di una piccola rivoluzione in attacco.

Il trasferimento di Osimhen al Napoli porta con sé grandi aspettative. In primo luogo per le cifre di un’operazione da 70 milioni di euro complessivi: una quota cash più bonus e quattro giocatori azzurri che andranno in Francia (Karnezis e tre giovani della Primavera). È uno dei trasferimenti più onerosi della storia Serie A. Ma non solo, c’è anche l’hype per un talento ancora tutto da scoprire e da valorizzare. Il Napoli porta nel campionato italiano uno dei giovani più promettenti e più interessanti dell’ultima stagione: leggendo i nomi dei cinque migliori marcatori dei grandi campionati europei si possono trovare solo tre under-23, e Osimhen è in compagnia solo di Mbappé e Sancho, già adesso due dei giocatori più forti del continente.

Oltre alle aspettative questo trasferimento porta con sé anche diversi interrogativi. Non tanto e non solo sulle qualità di un giocatore che è ancora un work in progress, ma sulla strategia politica del Napoli, che investe su un attaccante profondamente diverso dal modello di “9” che ha avuto nel suo recente passato. L’acquisto di Osimhen va legato inevitabilmente alla partenza di Milik. L’attaccante polacco non è mai riuscito a imporsi come il vero centravanti titolare del Napoli, colpa anche di un gioco che ricalca in parte quello di Mertens: nonostante le differenze fisiche ovvie ed evidenti, entrambi hanno nelle loro corde tanto lavoro di cucitura del gioco a metà campo; scambi con i compagni su tutto il fronte offensivo; la ricerca della conclusione non necessariamente dall’interno dell’area. Solo che senza la sapienza mistica del belga Milik non è mai riuscito a imporsi, complici anche i due infortuni.

Il polacco, però, non è mai stato nemmeno una vera e propria alternativa tecnica e tattica allo stesso Mertens: la mancanza di esplosività e di passo non gli permettono di attaccare la profondità sistematicamente in un calcio diretto e verticale – è il motivo che spingeva Ancelotti a schierare Lozano da attaccante centrale al fianco di un giocatore più abile nel fare da raccordo. Con Osimhen invece il Napoli trova finalmente un centravanti con un atletismo e caratteristiche tecniche diverse, così da dare alla rosa quell’opzione differente che Milik non è, non poteva essere. Resta da capire se in un futuro verosimilmente non lontano – quando Mertens non potrà garantire un minutaggio da titolare – Osimhen possa essere la prima scelta per la squadra e non solo una variazione sul tema, cambiando l’impostazione di base di un sistema regolato sugli stessi principi da diversi anni.

Per il momento il Napoli inserisce in squadra un attaccante sul quale può lavorare, che può provare a modellare, sperando che possa anche avere da subito lo stesso impatto che ha avuto dopo il suo trasferimento in Francia: nelle prime tre partite in Ligue 1 ha segnato quattro gol, conquistando il premio di giocatore del mese di agosto. Era solo l’inizio di un campionato che lo ha visto segnare 13 gol e 5 assist in 27 presenze, prima dell’interruzione definitiva, oltre a 2 gol in 5 presenze in Champions. Di questi il gol nella sconfitta per 4-1 contro il Valencia è quello probabilmente più rappresentativo delle sue qualità. Il Valencia perde palla in un’azione di attacco posizionale, quasi tutti i giocatori sono nella metà campo del Lille tranne i due difensori centrali degli spagnoli. La palla schizza proprio alle loro spalle e li supera, entrambi si girano e scappano verso la propria porta. Osimhen parte dalla sua metà campo ma sembra un fast forward a velocità raddoppiata: recupera i diversi metri di svantaggio ad ampie falcate, brucia il terreno sotto di sé, si infila tra i difensori avversari e si presenta all’uno contro uno con Cillesen. Due tocchi per arrivare al limite dell’area, uno sguardo alla porta, uno alla palla e piatto sotto le gambe del portiere avversario per il gol del vantaggio.

Il gol contro il Valencia è una sintesi perfetta delle sue qualità

 

Osimhen è alto un metro e 86, con un corpo slanciato e gambe lunghissime che lo fanno sembrare ancora più ciondolante, quasi goffo. Colpisce soprattutto per un atletismo devastante se può correre in campo aperto, proprio come nel gol contro il Valencia. Al Lille il nigeriano ha trovato un contesto molto adatto alle sue caratteristiche, un gioco che lo metteva nella sua comfort zone: nel 4-4-2 o nel 4-2-3-1 proposti dal tecnico Galtier, Osimhen è stato il centravanti di una squadra costruita su un gioco di transizioni e attacchi diretti e verticali, con licenza di defilarsi per guadagnare terreno. La sua fisicità però non si esprime solo nelle lunghe corse a inseguire il pallone in campo aperto. Anche nel breve sa costruire vantaggi rispetto al diretto marcatore – con una rapidità di piedi non comune per uno con le sue dimensioni – nel gioco aereo, che può sfruttare sia in fase di definizione (come nel gol contro il Chelsea) o per aiutare la squadra a risalire il campo: è coinvolto in 10,5 duelli aerei ogni 90 minuti, e ne vince circa il 45%, una media leggermente superiore alla a quella degli altri attaccanti dei 5 grandi campionati europei (dati Soccerment). Sono queste le qualità che lo hanno contraddistinto fin dall’inizio della carriera, da quel Mondiale Under 17 del 2015 in cui ha trionfato con la sua Nigeria segnando 10 gol in 7 presenze (record per la competizione). Anche in quel torneo in cui la sua fisicità sembrava fuori scala, a differenza di valori tecnici assolutamente nella media.

Osimhen è un attaccante che preferisce giocare lontano dalla palla, muovendosi molto sul filo del fuorigioco per attaccare la profondità: ha segnato diversi gol proprio scattando alle spalle dell’ultimo difensore, un movimento che ha già interiorizzato, pur essendo una qualità che solitamente gli attaccanti perfezionano con l’età, migliorando nelle letture dell’azione. Il gioco palla al piede, invece, è ancora grezzo: se si esclude una discreta varietà di conclusioni – ha segnato con tiri a giro, pallonetti, tap-in in area e colpi di testa – tutto lo spettro prettamente tecnico del suo gioco avrebbe bisogno di essere portato a un livello più alto per imporsi in una squadra con le ambizioni del Napoli. Il suo schema di passaggi è ancora piuttosto elementare, quasi banale, con pochissimi passaggi lunghi e appoggi non sempre secchi e precisi: conclude appena 8,3 passaggi a partita, il 61% dei quali va a buon fine, contro il 69,7% della media del ruolo.

Nell’ultima stagione con il Lille, Victor Osimhen ha segnato 18 reti, di cui 13 in campionato (Philippe Huguen/AFP via Getty Images)

È qui che Osimhen ha ancora molti margini di miglioramento e dovrà lavorare sulle sue carenze giocando in un contesto tecnico e tattico diverso da quello in cui si è messo in mostra. A Napoli, almeno per il momento, non sarà il completamento perfetto di un sistema offensivo ritagliato su misura per le sue qualità, ma l’alternativa per trasformare una formazione costruita in tutt’altra maniera. Chi c’era prima di lui – Milik – non è riuscito a imporsi proprio perché non aggiungeva granché di diverso rispetto allo spartito. Allora forse le probabilità di successo di Osimhen al San Paolo dipenderanno da quanto le due parti – il giocatore e la squadra – sapranno venirsi in contro: lui dovrà assimilare i principi tattici e tecnici di un calcio più associativo, il Napoli dovrà sviluppare il suo talento a partire da qualità che nessuno dei suoi ultimi attaccanti ha avuto nel recente passato.