«Il cuore non dimentica dove ha lasciato i suoi battiti migliori», ha twittato Monchi dopo il suo ritorno a Siviglia, nel marzo 2019. Dopo nemmeno due intere stagioni sportive, infatti, Monchi è tornato indietro per riassumere il ruolo da direttore sportivo nel club dove aveva già lavorato per 17 anni consecutivi. Una “riconciliazione” vincente, coincisa con la qualificazione in Champions League della squadra biancorossa – risultato che il club non raggiungeva da due anni, cioè proprio dall’ultima volta in cui Monchi aveva lavorato a Siviglia. Gli andalusi sono arrivati quarti in Liga, grazie al lavoro del ds che ha messo in piedi una campagna acquisti da 177 milioni di euro – la più esosa della storia del club: diciassette giocatori in entrata e quindici in uscita. Monchi ha riportato il suo know how nell’ambiente che più conosce e ricostruendo il sistema misto che con lui, a Siviglia, aveva funzionato benissimo: un lavoro a tre del direttore sportivo col presidente Castro e con l’allenatore Lopetegui, architettando un perfetto equilibrio manageriale-tecnico-dirigenziale.
Nel primo episodio della sua Masterclass distribuita su YouTube durante il lockdown, Monchi ha spiegato che la conoscenza dell’ambiente e del modo di lavorare delle persone condiziona il lavoro di un direttore sportivo. Ecco perché Monchi, a Siviglia, riesce a lavorare come se fosse sempre nello studio di casa sua. Conosce alla perfezione i meccanismi strutturali del club ed è in contatto con ogni persona della società, dagli scout ai magazzinieri. Come ha poi illustrato su Youtube, il lato umano in questi rapporti è fondamentale, e in stagione ha accompagnato soprattutto come uomo lo sviluppo dei calciatori, le persone con cui è più in contatto e di cui si è sempre assunto la responsabilità sportiva.
Il successo del Siviglia di questa stagione è nato anche dallo sforzo di Monchi nel creare un’affinità fra il campo e la dirigenza, costruendo un’impalcatura granitica che fosse valida nel presente ma anche per le stagioni future. Così, in pochi mesi, Monchi ha riportato il Siviglia sui livelli in cui lo aveva lasciato, e la soddisfazione di aver raggiunto la qualificazione in Champions League è stato il primo punto della ridefinizione del brand Siviglia, pronto a tornare sui meccanismi che lo avevano contraddistinto. In campo, un nucleo fisso di giocatori di medio alto livello insieme a talenti su cui lavorare, fuori, nel calciomercato, una società capace di monetizzare talenti improvvisi e continuare in questo modo a finanziare la ricerca continua dei giovani.
La rifondazione attivata è partita dall’istituzione di un nuovo regime tecnico. Anzi, un regime tecnico lungimirante. In 17 stagioni di Andalusia, il direttore sportivo aveva lavorato con soli 11 allenatori, costruendo cicli importanti come quelli con Caparros e Emery. Nel recente periodo senza Monchi, il Siviglia ha cambiato allenatore 7 volte ingaggiando 4 tecnici differenti, e anche per questo, su El Pais, Rafael Pineda ha scritto che per Monchi «la sua ossessione era di dare al Siviglia una struttura e cercare un tecnico che volesse rivendicare una sua idea. Per questo è stato scelto Julen Lopetegui». Dopo due anni sbandati e convulsi, Monchi ha deciso che sarebbe stato il caso di investire in un allenatore idealista, capace e affermato per ridare sostanza a un club reduce da due stagioni sbagliate. E in questo senso, Julen Lopetegui è il secondo attore protagonista.
Pure per l’allenatore basco è stata una stagione di rilancio, un punto a capo come per tutto il Siviglia. D’altronde, l’anno precedente per Lopetegui era stato disastroso al Bernabéu, e l’hype conquistato con la nazionale spagnola era evaporato dopo pochi mesi sulla panchina del Real Madrid. Per svoltare la sua carriera, Lopetegui doveva riguadagnare fiducia in una piazza importante, e così è arrivato Monchi, a cui serviva un tecnico a cui affidare la missione di far maturare un roster con molte incognite e formare una squadra di livello. Per questo, oltre al piazzamento finale, l’’altra vittoria del Siviglia è stata proprio quella dell’allenatore Lopetegui, tornato in auge sulle note di un divertente 4-3-3 e con un fil rouge identitario seguito lungo tutta la stagione. Sui media spagnoli, l’attenzione sul Siviglia si è intensificata a partire dalla vittoria per 3-2 contro la Real Sociedad, in quello che era definito a fine settembre «uno dei migliori Siviglia di Lopetegui», e che è valso l’inizio dell’attacco del Siviglia alle posizioni della Champions League. Lo switch di mentalità portato da Monchi e Lopetegui ha avuto un peso specifico sulla realtà andalusa, così che da squadra in cerca di identità, il Siviglia, si è perfezionata in una realtà pericolosa per le avversarie, lontana dalle incertezze della stagione precedente.
Il quarto posto stagionale del Siviglia è stato percepito nel calcio spagnolo come un exploit perché era difficile – a inizio stagione – prospettare un miglioramento nel breve di un gruppo così eterogeneo. Una squadra che in pochi mesi ha sostituito tredici giocatori con diciassette, di cui molti con un pedigree semisconosciuto o, come nel caso di Suso – arrivato a gennaio –, avvolti da fin troppe incognite. Il ritorno di Monchi è stato infatti anche il ritorno del suo sistema di calciomercato proiettato sullo scouting scientifico – «più conosci e più hai controllo» – e verso una ricerca del miglior talento su cui investire, senza badare al club di provenienza – sono arrivati calciatori dal Bordeaux, dal Leganés, dal Nantes, dall’Eibar. Una strategia che evidenzia alla perfezione il mantra di Monchi: credere nel talento, anche quando questo è nascosto.
È stato così con Lucas Ocampos, miglior marcatore stagionale del Siviglia con 16 reti: se è vero che il talento dell’argentino si era notato al Marsiglia e al River Plate, nessuno avrebbe pensato si stesse parlando del miglior acquisto della Liga – come riconosciuto dal quotidiano Marca. È stato così con con Jules Koundé, centrale preso dal Bordeaux e rivelazione difensiva della Liga insieme al collega Diego Carlos, pescato per 13 milioni dal Nantes. Ma anche per il sorprendente Joan Jordan, impossessatosi del centrocampo di Lopetegui con uno strabiliante 90 per cento di precisione nei passaggi. Nota di merito anche il capitano Jesus Navas, giocatore più esperto della squadra ma anche il più presente in tutte le competizioni giocate in stagione (3789 minuti in campo): un record personale da quando è tornato al Siviglia nel 2017. Lo score stagionale del Siviglia ha registrato 8 partite perse e 35 risultati positivi, e l’ultima sconfitta in campionato è stata addirittura a febbraio, in trasferta a Vigo contro il Celta. Da quel momento, la squadra di Lopetegui ha messo in fila 31 punti fra pre e post lockdown senza perdere un singolo incontro. Ci sono state delle mini crisi e dei momenti poco lucidi – come fra gennaio e febbraio, quando la squadra ha raccolto 6 punti in 6 partite – ma il quarto posto finale è il suggello del ritorno in grande stile di una delle protagoniste di Spagna. E che vuole tornare a imporsi anche in Europa, in quella coppa che è riuscito a conquistare più di ogni altro club.