L’equivoco João Félix

Da acquisto milionario a incognita nel progetto Simeone: quale futuro per il talentuoso portoghese?

Poco più di un anno fa, l’Atlético Madrid celebrava uno degli acquisti più importanti della propria storia. L’arrivo di João Félix sulla sponda biancorossa del Manzanarre aveva segnato una sorta di anno zero per i Colchoneros, impegnati nell’estate del 2019 in un mirato processo di rivoluzione della rosa chiesto espressamente da Diego Simeone. Il Cholo, che a Madrid è ormai diventato un’istituzione, aveva annusato il fatto che molti dei suoi calciatori fossero a fine ciclo e, di comune accordo con la dirigenza, si era detto disponibile a lavorare con un gruppo rinnovato, all’interno del quale si sarebbero dovute fare scelte particolarmente pesanti e impopolari. In quest’ultima categoria rientrava la cessione di Antoine Griezmann al Barcellona, al termine di una trattativa durata circa un anno e cominciata, paradossalmente, con un video nel quale l’attaccante francese giurava amore eterno ai Colchoneros. Il suo addio è stato pesante, perché ha privato l’Atletico Madrid della principale fonte realizzativa. Ma, vista l’impossibilità di arrivare ad un attaccante altrettanto letale, Simeone ha chiesto qualcuno che potesse armare in maniera efficace le altre punte presenti in rosa.

Così, i 122 milioni di euro incassati per Griezmann sono stati interamente versati nelle casse del Benfica per João Félix. La trattativa non è stata affatto facile, vuoi perché con Luís Filipe Vieira – presidente del club portoghese – è sempre complicato trattare, vuoi per la nutrita concorrenza che nel frattempo si era messa sulle tracce del baby talento lusitano. Infatti, solo qualche mese prima João Félix aveva fatto girare la testa a mezza Europa: alla prima stagione (quasi) intera da professionista, il portoghese non solo aveva chiuso la Superliga con 15 gol e 9 assist, ma si era particolarmente messo in mostra in Europa League, dove grazie alle sue giocate le Aguias avevano sfiorato la clamorosa qualificazione in semifinale. Nel match disputato all’Estadio Da Luz contro l’Eintracht, João Félix ha di fatto giocato la propria partita-manifesto mettendo a segno una tripletta, non sufficiente però per passare il turno. Poco male, perché da quella sera in poi le tribune del suggestivo impianto portoghese si sono definitivamente riempite di osservatori.

Alla fine, però, a spuntarla è stato l’Atlético Madrid. Nel giorno della presentazione, l’ex numero 79 del Benfica ha faticato perfino a mettere insieme le solite frasi di circostanza, usuali per chi si presenta a una nuova piazza: «Sono davvero felice di essere qui», ha dichiarato con un sorriso a trentadue denti, apparecchio compreso, «so che mi hanno voluto fortemente e sin dal principio avevo scelto l’Atlético Madrid». In realtà non è andata proprio così: alcuni giorni prima del suo approdo al Wanda Metropolitano, João Félix sembrava destinato al Manchester United. Il presidente Cerezo ha quindi fatto leva sull’amicizia che lo lega a Jorge Mendes, plenipotenziario procuratore con le mani in pasta un po’ ovunque, il cui canale preferenziale con i Colchoneros è ampiamente riconosciuto. Mendes ha veicolato e definito il tutto, prendendosi anche il 10% a trattativa conclusa sotto forma di provvigione.

Il calcio è pieno di momenti che creano aspettative. Se ti chiami João Félix, il tuo idolo è Cristiano Ronaldo e alla prima da titolare con l’Atletico, seppure in amichevole, devasti letteralmente la difesa del Real Madrid, è normale che l’hype salga oltre il limite. Il portoghese infatti è stato il protagonista del primo derby madrileno dell’anno, quello giocato in New Jersey e finito con un pirotecnico 7-3 per i biancorossi. João Félix si è rivelato come il vero e proprio mattatore del match: dopo una manciata di minuti spalanca la porta avversaria a Diego Costa, poi raddoppia con un pezzo di bravura del proprio repertorio e, nella ripresa, prima di essere sostituito serve un’altra palla decisiva per la goleada biancorossa. Nonostante la tripletta di Diego Costa, i giornali spagnoli aprono con titoli a otto colonne solo per lui, che nell’immaginario collettivo viene visto come il calciatore in grado di mettere il punto definitivo ai nostalgismi per Griezmann. Simeone però decide di non esporlo troppo e raffredda gli entusiasmi: «Sta lavorando molto bene, ma deve ancora assimilare molte delle mie richieste».

Gli inizi in Liga sono comunque incoraggianti: nelle prime tre giornate arriva il primo gol ufficiale, segnato contro l’Eibar, e più in generale l’autunno prosegue abbastanza bene. A settembre João Félix segna anche la sua prima rete in trasferta, sul campo del Maiorca, sfoderando una prestazione da stropicciarsi gli occhi. Insomma, il giocatore sembra aver ingranato bene e diventa una delle pietre angolari dello scacchiere tattico di Simeone, che lo impiega in più posizioni chiedendogli movimenti precisi, con ma soprattutto senza palla. La partita contro il Valencia rappresenta però la prima svolta stagionale in negativo: dopo 44 minuti, João Félix deve lasciare il campo per un problema alla caviglia che lo perseguiterà a lungo. Il portoghese rimane fuori oltre un mese e torna in campo per il rush finale prima della Supercoppa, giocata a ridosso del Natale. Ma il recupero sembra essere stato un po’ forzato, le gambe non girano più come prima e, di conseguenza, il calciatore perde parecchia incisività nei movimenti tra le linee, che fino a quel momento rappresentavano un’arma letale per la squadra di Simeone.

Il problema alla caviglia si ripresenterà altre due volte: la prima, a febbraio, lo costringe a fermarsi nuovamente per trenta giorni, mentre la seconda è storia recente, per fortuna a campionato già quasi concluso. Complessivamente, João Félix in stagione ha però perso una dozzina di partite. Davvero tante, troppe per un elemento che nell’immaginario collettivo avrebbe dovuto vestire i panni del leader. Nonostante tutte queste attenuanti, i giornali spagnoli non lo hanno risparmiato: qualche mese fa, addirittura, il suo nome è finito in cima al sondaggio lanciato da Diario As nel quale si chiedeva quale fosse il peggior acquisto dell’ultima Liga. Da astro nascente del calcio europeo a delusione, il tutto in meno di un solo anno. Un risultato probabilmente immeritato, diciamolo, perché quando è stato in campo João Félix ha sempre dato l’impressione di impegnarsi al massimo, talvolta dimostrandosi capace di spaccare le partite con una genialata delle sue. Certo, l’impressione è che al gioiellino ex Benfica manchi ancora il classico centesimo per fare l’euro: «Conosciamo tutti il suo talento e sappiamo cosa può darci», ha detto Simeone dopo la recente partita vinta contro il Maiorca, «ma al momento João Félix non sempre è funzionale per ciò che ho in mente». Mettiamola così: l’investimento fatto dalla società è di portata tale da obbligare il Cholo a recuperarlo definitivamente, sperando che la prossima sia finalmente la stagione della consacrazione.

Parlare dell’inserimento tattico di João Félix impone una premessa obbligatoria: nonostante il passaggio dal calcio portoghese a quello spagnolo non richieda un periodo di adattamento particolarmente lungo, a Madrid il classe 1999 originario di Viseu è stato inserito in un contesto profondamente diverso rispetto a quello del Benfica. A Lisbona João Félix era considerato un attaccante, il cui compito principale – come confermano i dati – era quello di essere principalmente efficace negli ultimi venti metri, tanto è vero che Rui Vitoria e Bruno Lage – i due allenatori che si sono seduti sulla panchina della Aguias di recente – spesso lo lasciavano come ultimo uomo in avanti, senza particolari compiti difensivi. A Madrid, invece, il portoghese è stato sin da subito schierato in un 4-4-2, modulo nel quale non aveva mai giocato prima. Simeone lo ha utilizzato principalmente come seconda punta, richiedendogli movimenti particolari in entrambe le fasi di gioco. Spesso João Félix è stato chiamato a ricevere palla tra le linee per poi tentare la giocata risolutiva, ma scorrendo le statistiche si scopre che l’Atlético, probabilmente per la poca funzionalità del ragazzo, ha spesso prediletto affondare sulle corsie laterali.

Per esempio, secondo i numeri elaborati da WhoScored, il portoghese ha portato a termine solo 0,7 dribbling a partita, ottavo dato di squadra, e davanti a lui si sono posizionati ben quattro esterni (Lemar, Vitolo, Carrasco, Correa e Saúl, sebbene dalle caratteristiche differenti l’uno dall’altro) più due centrocampisti centrali come Marcos Llorente e il primatista Thomas, promesso sposo dell’Arsenal. Anche per quanto riguarda i passaggi chiave i numeri sono decisamente bassi: con 0,6 passaggi chiave, ai quali fanno da contraltare 1,5 palle perse a partita, non si può certo dire che João Félix abbia rappresentato uno degli sbocchi offensivi più sovraccaricati della manovra madridista. A completamento del quadro mancano solamente il numero dei passaggi – 18,7 a partita, che lo collocano attorno al quindicesimo posto di questa graduatoria all’interno della rosa – effettuati con il 78,9% di precisione.

In conclusione, João Félix viene cercato poco e male, non si capisce se per direttive precise, poca fiducia o il fatto che, per Diego Simeone, il 21enne lusitano venga visto più come un finalizzatore che non come rifinitore. In ogni caso, nelle partite in cui era disponibile, il tecnico ha provato anche a spostarlo largo sulla fascia destra, zona di campo a lui più affine visti i pregressi del Benfica. Dove, e questo va specificato, giocava in una specie di tridente in cui era diventato il massimo finalizzatore. Il Cholo ha provato a modellarne i movimenti e l’attitudine, chiedendogli di partire quasi con i piedi sulla linea laterale per poi riempire il campo, andando a creare superiorità numerica tra le linee. Eppure, sembra ormai acclarato che João Félix sia molto più efficace quando si trova a concludere. Infatti, tra i suoi (pochi) numeri positivi di quest’anno in Liga vanno registrati non solo i 6 gol realizzati – secondo marcatore della squadra dopo Alvaro Morata, fermatosi a 12 – che senza tutte quelle assenze sarebbero anche potuti essere di più, ma soprattutto i 2,4 tiri a partita. Più di tutti, anche dello stesso Morata e di Diego Costa, una delle punte più accentratrici in circolazione. Ecco, molto probabilmente Simeone si ritroverà ancora a lavorare su questo aspetto, rifinendo ulteriormente l’identità di un calciatore che, almeno sulla carta, ha dalla sua ampi margini di miglioramento.