Cosa significa il ritorno di Rakitic al Siviglia

Il croato torna dopo sei anni nella squadra che lo ha lanciato: una scelta di cuore, sì, ma legata alla dimensione attuale di club e giocatore.

Ci sono tante prospettive differenti da cui partire per raccontare, per analizzare il ritorno di Ivan Rakitic al Siviglia dopo sei anni al Barcellona. Dal punto di vista economico, il centrocampista croato e il club andaluso e quello catalano hanno tutti rinunciato a qualcosa perché l’affare potesse concludersi: il Barça ha incassato solo 1,5 milioni di euro per il cartellino di Rakitic, ma oltre a questa quota fissa ci sono dei bonus che possono arrivare fino a un massimo di nove milioni; Rakitic ha ridotto il proprio stipendio del 50%, da 7,5 milioni netti a 3,7; una cifra che comunque resta importante per il Siviglia, anzi la più alta della rosa dopo l’addio di Ever Banega.

Poi ci sono gli aspetti emotivi: l’addio di Rakitic al Barcellona è stato ufficializzato sette giorni fa, e da allora il centrocampista croato ha pubblicato sette post sul suo profilo Instagram – più tantissime stories – in cui si dice felicissimo di essere di nuovo al Siviglia, in cui parla di «ritorno a casa», in cui sorride, in cui sorride sempre, in cui dice di non veder l’ora di giocare in «un club così importante per me e per la mia famiglia». Non sembrano manifestazioni artefatte, tutto dà la sensazione di essere spontaneo, coerente alla narrazione della scelta di cuore, di Rakitic-bandiera, una sceneggiatura da vecchio calcio di una volta, piena di valori positivi, una storia da raccontare anche al di là del campo da gioco, infatti Rakitic è sposato dall’aprile 2013 con Raquel Mauri, ragazza andalusa originaria di Siviglia, da cui ha avuto due figlie.

La realtà, ovviamente, è molto più sfumata. E meno retorica. Ivan Rakitic, infatti, è un calciatore ancora integro e molto forte, ma in ogni caso ha 32 anni, e infatti il Siviglia gli ha fatto firmare un contratto biennale con opzione per altre due stagioni. Il croato ha deciso di tornare laddove si sente davvero a casa, ma lo ha fatto solo dopo sei anni vissuti in una società come il Barcellona, con ambizioni e pressioni molto più grandi rispetto a quelle che si vivono a Siviglia, con il Siviglia. Sì, nell’estate 2020 Rakitic avrebbe potuto valutare o anche accettare altre offerte arrivate a lui e/o al suo procuratore, ha deciso di tornare a Siviglia e questo è un fatto, una scelta dettata da diversi fattori, certo non calcistici, probabilmente non economici, magari un club di Premier League, di Serie A oppure della Chinese Super League gli avevano proposto un ingaggio più alto, chissà. Allo stesso tempo, però, Rakitic torna al Siviglia «senza essere lo stesso giocatore di sei anni fa, è difficile pensare che il Ramón Sánchez-Pizjuán vibri di nuovo come un tempo vedendo i suoi capelli biondi mossi dal vento, perché Rakitic nel frattempo è passato per il Barcellona ed è cambiato, dalla guida totale di una squadra è passato alla partecipazione, all’obbedienza, dal dominio all’equilibrio», come ha scritto il magazine spagnolo Panenka.

Anche questa visione è un po’ retorica, se vogliamo, ma si origina da un assunto profondamente vero: nel calcio post-contemporaneo, un grande giocatore ha la necessità – per non dire il dovere, se vuole, se è nelle sue corde – di imporsi in una grande squadra, è l’unica strada possibile perché possa vivere una carriera davvero all’altezza delle proprie possibilità. Questo non vuol dire vincere tutto o tanto o determinati trofei, tutti noi ricordiamo o ricorderemo Crespo, Ibrahimovic o Nedved come dei grandi campioni anche se non hanno conquistato la Champions League, il punto è che certe realtà sono destinate a rimanere limitanti, dal punto di vista economico e competitivo. Rakitic ha lasciato il Siviglia nel 2014, all’apice di una grande esperienza, dopo la vittoria dell’Europa League. Probabilmente quello è il titolo a cui si sente intimamente più legato, ma nella mente di tutti noi non ci sono gli highlights di Siviglia-Benfica, la finale di Europa League 2014, piuttosto ci sono il gol realizzato da Rakitic in finale di Champions League, contro la Juventus, oppure quello segnato ai Mondiali contro l’Argentina. Sono le partite più importanti a determinare il ricordo dei giocatori più decisivi, almeno a livello globale.

Nei suoi tre anni e mezzo al Siviglia, dal 2011 al 2014, Rakitic ha messo insieme 149 presenze in competizioni ufficiali e 32 gol realizzati (Queimadelos Alonso/Getty Images)

Anche il Guardian ha scritto di Rakitic e del suo andirivieni con il Siviglia con la stessa chiave: «Nella parabola del figliuol prodigo, usata regolarmente in Spagna per qualsiasi giocatore riaccolto in un suo vecchio club, il figlio ha sprecato le ricchezze del padre e ha vissuto una vita perduta, è vessato dal fratello arrabbiato, geloso e molto più coscienzioso, viene accusato di aver “sperperato la proprietà con le prostitute”. Ritorna a casa, pentito, solo perché ha fame. Rakitic, invece, ha sfruttato al massimo il suo tempo al Barcellona: ha vinto tanto, tantissimo, 13 titoli, ha giocato 310 partite e segnato 36 gol in tutte le competizioni, diventando il quarto straniero ad aver indossato più volte la maglia azulgrana dopo Leo Messi (737), Dani Alves (391) e Mascherano (333)». Il Barcellona, per Rakitic, è stato un treno che non si poteva rifiutare, un periodo da sfruttare per diventare Rakitic, mentre il Siviglia di nove anni fa (il croato si è trasferito in Andalusia nel 2011) era un trampolino di lancio, un club di cui potersi innamorare, di cui si è innamorato, ma che doveva essere ed è stata una tappa intermedia prima di accedere all’ultimo livello.

In virtù di tutto questo, il ritorno di Rakitic alla Bombonera de Nervión, nickname storico del Ramón Sánchez-Pizjuán è molto meno romantico di quello che sembra: il Siviglia aveva bisogno di Rakitic e Rakitic aveva bisogno del Siviglia, per cercare di arrivare il più in alto possibile insieme, ma questo tentativo sarà solo l’appendice di una carriera che ha vissuto il suo momento più alto altrove, e perciò sia Rakitic che il Siviglia dovranno coltivare ambizioni ridotte, o meglio proporzionate alla loro dimensione attuale. Questa nuova avventura sarà divertente, sarà appagante dal punto di vista emotivo, potrebbe essere anche vincente, ma è praticamente impossibile che possa eguagliare i sei anni vissuti da Rakitic al Camp Nou.