Thiago Alcántara al Liverpool è uno degli affari più affascinanti degli ultimi anni

Il centrocampista spagnolo e i Reds vogliono andare oltre la loro perfezione, insieme.

Se pensiamo al Liverpool di Klopp, la prima azione di gioco che ci viene in mente è un veloce attacco della profondità, magari in transizione, condotto da Momo Salah con la sua corsa breve e irrefrenabile, oppure una sventagliata a tagliare il campo di Alexander-Arnold, in direzione del gemello Robertson oppure di Sadio Mané. Si tratta di un immaginario giusto, coerente con la realtà: la squadra campione d’Inghilterra è composta da tanti calciatori molto forti che si esaltano negli spazi aperti, quindi ha un sistema di gioco che punta alla creazione di questi spazi, e poi ad attaccarli con manovre dirette, velocissime, ficcanti. Ovviamente questa ambizione non può concretizzarsi sempre, per tutti i novanta minuti di tutte le partite, e infatti il Liverpool è diventata una delle migliori squadre del mondo quando ha imparato a gestire il pallone per più tempo e con maggiore qualità, quando ha acquistato gli strumenti conoscitivi e soprattutto i giocatori giusti (Alisson, Van Dijk, Fabinho) per farlo in un certo modo: nella prima stagione vissuta da Klopp ad Anfield Road, infatti, la percentuale media di possesso dei Reds era poco sotto il 55%; lo stesso dato relativo ai match di Premier League 2019/20 è stato del 60%, mentre nell’ultima Champions League è arrivato a sfiorare il 63%.

Insomma, il Liverpool è una squadra un po’ meno radicale rispetto al modo in cui viene raccontata, ha imparato a controllarsi e a dominare il gioco, a gestire le proprie energie gestendo le partite attraverso il possesso. Come detto, i Reds ancora oggi esplodono e mostrano il meglio nel pressing ultraoffensivo e nelle azioni di ribaltamento, o almeno era così fino all’anno scorso. Sì, perché ora qualcosa potrebbe cambiare: qualche giorno fa Thiago Alcántara è sbarcato ad Anfield Road direttamente dal prato dello stadio Da Luz di Lisbona, dove il 23 agosto scorso ha vinto la Champions League con il Bayern Monaco da protagonista assoluto. Il senso del suo arrivo è proprio la ricerca di un cambiamento, anzi di un ampliamento: il centrocampista spagnolo è stato acquistato perché possa allargare le alternative del Liverpool, dandogli un qualcosa che prima non aveva, o comunque non aveva in abbondanza. Si tratta della capacità di essere pericoloso in altre situazioni di gioco, per cui serve un talento più cerebrale, ad esempio nel corso di una lunga fase di attacco posizionale, grazie a un improvviso passaggio rasoterra veloce e preciso, a un tocco geniale che taglia i reparti avversari, che trova i giocatori più offensivi tra le linee, piuttosto che in profondità.

Sono tutte cose che Thiago Alcántara sa fare bene, anzi come pochissimi altri giocatori al mondo, e ora sono tutte nuove opportunità a disposizione del Liverpool. Non a caso, Jonathan Wilson ha scritto su Sports Illustrated che «una delle cose più intriganti di questo trasferimento è che la squadra di Klopp aveva apparentemente acquisito un vantaggio tattico sulla sua concorrenza, invece ora ha acquistato Thiago e sembra abbia scelto di sviluppare questo vantaggio facendo quello che sembra essere, solo in teoria, un passo indietro verso il gioco di possesso».

In realtà non si tratta un passo indietro, ma di un passo più in là. Di un passo oltre. Perché il 29enne centrocampista ispano-brasiliano nato in Italia – è venuto al mondo a San Pietro Vernotico, nel Nord del Salento, mentre suo padre Mazinho giocava nel Lecce, poi si è trasferito nella Masia del Barça quando aveva 14 anni – è in grado di fare tante altre cose, di farle benissimo, quindi non è eccessivo pensare che sia uno dei centrocampisti più forti e completi del panorama mondiale. Ed è proprio questo aspetto a rendere ancora più eccitante il suo trasferimento al Liverpool: Thiago, come detto, estenderà il menu tattico della squadra di Klopp, ma ha pure tutto ciò che serve per adattarsi a un contesto pienamente funzionale, e perciò pienamente definito, come quello che ha portato i Reds in cima all’Inghilterra, all’Europa, al mondo. Nell’ultimo Bayern Monaco, infatti, dominava una fase di possesso palla ad altissima velocità, riusciva a farlo senza mai perdere un grammo della sua eleganza accecante, della sua lucidità. Potrà fare la stessa cosa anche nel Liverpool, è stato chiamato a farlo, come pivote davanti alla difesa – lo slot in cui ha esordito ieri nel secondo tempo della gara di Stamford Bridge contro il Chelsea – o anche come mezzala nel 4-3-3, ma nel suo caso non è importante la zona ci campo in cui viene utilizzato, piuttosto la sua concezione del gioco, apparentemente così lontana ma in realtà molto vicina a quella dei Reds.

«Thiago oder nichts», vale a dire “Thiago oppure nessun altro”. Secondo Martì Perarnau, autore del libro Herr Pep, queste furono le parole pronunciate da Pep Guardiola poco dopo il suo insediamento al Bayern Monaco, quando la dirigenza bavarese gli chiese di fare dei nomi per la sessione di mercato dell’estate 2013. Sette anni dopo, Jürgen Klopp e il Liverppol hanno operato sul mercato più o meno allo stesso modo, puntando tutto sull’ex giocatore del Barcellona, considerandolo spendibile e potenzialmente dominante per un altro calcio, dentro un altro sistema tattico per non dire culturale. Certo, la realtà mostra come il gioco di Guardiola e quello di Klopp non siano così lontani come ci piace pensare, anche solo per poterli contrapporre in una enorme battaglia ideologica, ma alcune differenze restano. Però l’enorme qualità di Thiago mette d’accordo tutti, la globalità del suo bagaglio tecnico e la sua personalità lo rendono l’acquisto perfetto anche per il Liverpool di Klopp.

Lo score totale di Thiago Alcántara con la Nazionale spagnola è di due gol in 39 presenze; con l’Under 21 ha vinto per due volte gli Europei di categoria, nel 2011 e nel 2013 (David Ramos/Getty Images)

L’esperienza accumulata e lo status raggiunto da Thiago chiudono il cerchio del racconto in maniera armonica: negli ultimi sette anni, al netto di alcuni periodi in cui è stato fermo per infortunio, ha giocato in tutte le posizioni del centrocampo – centrale e mezzala in un reparto a tre, interno del doble pivote e di un reparto a quattro, persino trequartista nella Nazionale spagnola – e ha sempre offerto un ottimo rendimento; nell’ultima stagione al Bayern è diventato l’equilibratore tattico, il cervello di una squadra iperoffensiva, che si disponeva in campo con Neuer al comando della difesa a quattro, Goretzka e poi quattro giocatori come Müller, Gnabry, Coman (o Perisic) e Lewandowski. Nonostante questo assetto tattico potesse sembrare molto squilibrato, nonostante le migliori doti di Thiago non siano quelle relative alla fase difensiva, la squadra bavarese ha subito solo tre gol in tutta la fase a eliminazione diretta della Champions, di cui due nello storica partita vinta 8-2 contro il Barça, e ha vinto 33 delle ultime 36 gare disputate in tutte le competizioni. Thiago è stato uno dei migliori giocatori di questa squadra feroce e imperforabile, se non il migliore in assoluto.

Con il tempo, grazie al continuo sviluppo delle sue doti e del suo carattere, Thiago Alcántara è trasceso. Si è strappato via di dosso qualsiasi etichetta tattica, tra cui quella molto ingombrante di “figlio di Guardiola” e di “figlio della Masia”, anzi ha portato questa definizione a un livello superiore, perché l’ha integrata con altri dettami tattici. Gli sono bastati 45 minuti con i Reds per confermare questa sensazione di onniscienza, di influenza assoluta sul contesto intorno a sé: secondo Espn la sua prestazione contro il Chelsea «è stata superba, ha dimostrato subito perché il Liverpool ha insistito così tanto per acquistarlo: l’azione del gol realizzato da Mané in apertura di ripresa – una manovra elaborata anche dallo stesso Thiago, diventata pericolosa dopo uno splendido scambio stretto tra Firmino e Salah – è più vicina al gioco del City che a quello del Liverpool, ed è una diretta conseguenza del cambiamento che la presenza di Thiago ha apportato al loro approccio offensivo».

Nelle sue sette stagioni al Bayern Monaco, Thiago ha accumulato 235 presenze in competizioni ufficiai e 31 gol realizzati; in totale ha vinto 17 trofei, 14 domestici e tre internazionali (Alexander Hassenstein/Getty Images for AUDI)

È una lettura che può apparire prematura, che forse è dettata anche dall’eccitazione per lo sbarco di Thiago in Premier League, ma non è così lontana dalla realtà: anche i dati della partita di Stamford Bridge – 85 passaggi effettuati con il 90% di accuratezza, 10 lanci lunghi completati su 12 tentativi – mostrano che Thiago ha avuto un impatto immediato sulla sua nuova squadra; certo, ora è inevitabile che inizi un periodo di studio reciproco tra lui e i suoi compagni, ma se l’inizio è stato così promettente, se il Liverpool non ha sopraffatto Thiago, se Thiago è apparso subito a suo agio con il Liverpool in occasione del loro approccio, della prima partita insieme, i margini di miglioramento si allargano, da enormi diventano sconfinati.

Del resto era quello che tutti si auspicavano: Thiago ha detto che la sua scelta di lasciare il Bayern e di firmare per il Liverpool era ed è «puramente sportiva, legata al desiderio di una nuova sfida»; per avere Thiago, il Liverpool ha fatto uno strappo alla sua politica di mercato, infatti era da anni che i Reds non acquistavano un giocatore di 29 anni già pienamente affermato, una superstar di livello globale. Entrambi, Thiago e il Liverpool, hanno deciso di forzare il contesto, di provare ad andare oltre loro stessi, oltre la perfezione che hanno raggiunto, che hanno costruito negli ultimi anni. Ora sarà interessante capire come si evolverà questo progetto, quanto Thiago potrà cambiare il Liverpool e quanto invece il Liverpool influenzerà Thiago. In ogni caso, però, la sensazione è che questo incontro genererà in ogni caso dei frutti importanti, farà nascere qualcosa di nuovo, qualcosa di veramente bello.