Con Odegaard, sta iniziando la nuova era del Real Madrid

Ha giocato da titolare le prime due gare di Liga, è l'unico innesto per la prima squadra: Zidane deve avviare un ricambio generazionale rimandato troppe volte, e ha deciso di partire da lui.

Le prime due partite stagionali del Real Madrid sono state difficili eppure positive per la classifica della squadra di Zidane: due trasferte negli stadi di squadre ambiziose come Real Sociedad e Real Betis, dai quali i blancos sono usciti con un bottino complessivo di quattro punti. Non era scontato per i campioni in carica, soprattutto perché non hanno giocato nemmeno un minuto in precampionato e si sono presentati a questa nuova stagione senza alcun nuovo acquisto. O meglio: Martin Odegaard, di ritorno dall’esperienza in prestito alla Real Sociedad, è il solo innesto per la rosa della prima squadra. Ed è stato titolare contro la sua ex squadra, a San Sebastián, e pure a Siviglia contro il Betis.

In verità il norvegese si è visto poco, ha offerto due prestazioni piatte, in cui non è mai stato davvero protagonista: una settantina di minuti senza guizzi contro la Real Sociedad, e poi 45 minuti contro il Betis, in cui è stato schiacciato dall’aggressività del centrocampo andaluso e ha avuto solo il tempo di distrarsi in marcatura su William Carvalho, autore del momentaneo 2-1 degli uomini di Pellegrini, poco prima dell’intervallo; da lì poi non si è più visto, infatti al rientro dagli spogliatoi dopo l’intervallo Isco aveva preso il suo posto. Certo, è ancora troppo presto, non è già tempo di dare giudizi definitivi sul giocatore, sulla squadra, sulle prospettive future. Il talento cristallino del nativo di Drammen – piccolo centro industriale nel Sudest della Norvegia – deve ancora accendersi in maglia bianca, ma la cosa davvero interessante, davvero importante, è che ci ora sono tutte le condizioni perché ciò possa accadere davvero.

Lo status di unico acquisto faceva e fa di Odegaard il giocatore più atteso del Real Madrid di quest’anno. Gli infortuni di Hazard e Asensio, poi, hanno acceso ancora di più i riflettori sul norvegese. Al momento questa è l’unica certezza, insieme al fatto che il suo ruolo sarà diverso dal passato: nella squadra di Sergio Ramos e Toni Kroos – e Luka Modric, che ormai si alterna stabilmente con Valverde – l’uomo che gioca a ridosso dell’attacco non può e non deve avere grandi carichi di lavoro in fase di prima costruzione; la manovra si sviluppa a partire dai piedi dei veterani, inevitabilmente. Così Odegaard non ha bisogno di giocare su cento metri come faceva alla Real Sociedad, non ha bisogno di toccare molti palloni a metà campo. Per mettersi in luce deve accendersi ed essere decisivo nell’ultimo terzo. Il suo compito – almeno da quel che si è visto fin qui – dovrebbe essere quello di illuminare l’azione in fase di rifinitura: Odegaard deve e dovrà mandare in porta i compagni, creare la superiorità numerica bucando la linea difensiva avversaria con un filtrante o cercando un dribbling al limite dell’area, o ancora servendo il third pass che porta all’assist decisivo.

Tutto questo non c’è stato in queste prime due partite: Odegaard, infatti, ha funzionato solo da facilitatore sulla trequarti, facendo da sponda tra due compagni, giocando tra le linee, ma nin realtà on ha mai dato un reale valore aggiunto all’attacco di Zidane. Non è ancora riuscito a dimostrare di poter essere un pezzo centrale di questa squadra. «So che è molto presto, ma penso che dobbiamo essere più esigenti con Odegaard. Il Real Madrid non è la Real Sociedad, dove la sua classe gli concedeva alcuni privilegi tattici. Ora gioca in una squadra in cui il pallone è più condiviso. Potrà dimostrare il suo valore solo se si muove di più ed è decisivo in attacco», aveva scritto Alfredo Relano su As dopo la prima partita.

Zidane per primo sembra intenzionato a puntare forte su Odegaard: cerca in lui un nuovo elemento centrale della squadra, per questa stagione e per il futuro. Infatti sta provando a metterlo a suo agio: nella prima partita lo ha schierato da trequartista centrale alle spalle di Benzema, con Vinicius jr. e Rodrygo larghi, Modric e Kroos in mezzo al campo. Al Benito Villamarín di Siviglia, invece, ha cambiato sistema: Odegaard ha giocato da vertice alto del rombo, accompagnando la coppia d’attacco Benzema-Jovic. I due attaccanti avevano giocato insieme dal primo minuto solamente due volte la scorsa stagione, ma per valorizzare il suo nuovo trequartista Zidane ha cercato qualche variazione sul tema. Anzi, l’allenatore francese sa di aver bisogno del miglior Odegaard possibile e sta provando a creargli intorno una comfort zone.

Nell’ultima stagione, Odegaard ha giocato in prestito alla Real Sociedad: 37 presenze e sei gol tra Liga e Copa del Rey (Juan Manuel Serrano Arce/Getty Images)

È evidente come Zizou sia alla ricerca di nuove chiavi tattiche per una squadra che, ormai da troppi anni, viene riproposta sempre con le stesse basi, con gli stessi nomi a guidare il gioco, a indirizzarlo. Ancora oggi, nel Real Madrid, i veterani sono i pilastri insostituibili su cui regge l’intera impalcatura tattica. La colonna vertebrale formata da Ramos, Casemiro e Benzema non ha un ricambio naturale: Militão non è un centrale con le stesse idee calcistiche del capitano blanco e della Nazionale spagnola; un mediano puro che possa dare il cambio a Casemiro non esiste; in tutto il parco attaccanti non c’è nessuno con le caratteristiche di Benzema.

In virtù di tutto questo, trovare elementi nuovi che offrano soluzioni diverse rispetto al passato è una condizione necessaria per Zidane, per dare nuovi margini di sviluppo alla sua squadra. Ed è un percorso che riguarda Odegaard, che dovrebbe portarlo al centro del progetto madridista, non solo in campo ma anche dal punto di vista politico: il norvegese deve essere il trait d’union tra la vecchia generazione di campioni merengue e la nuova leva che sta crescendo alle loro spalle, uno degli uomini simbolo della Restaurazione Blanca – se non il simbolo più importante. Del resto è anche una questione di anzianità: Odegaard è arrivato al Real Madrid a gennaio 2015, quando aveva 16 anni, nel pieno di un ciclo vincente in cui la rosa del Real era zeppa di campioni nel loro prime fisico e tecnico. Non c’erano il tempo e la possibilità di aspettare e valorizzare un talento ancora così acerbo.

Martin Odegaard è stato acquistato dal Real Madrid nel gennaio 2015; da allora, ha disputato quattro partite ufficiali con le merengues, di cui due in questo avvio di stagione (Denis Doyle/Getty Images)

Adesso quella generazione di veterani è arrivata verso la fine della sua parabola, con tutti i protagonisti – Ramos, Marcelo, Modric, Benzema, Kroos – oltre i trent’anni. Ma nonostante questo, le ultime stagioni hanno dimostrato quanto il Real Madrid faccia fatica a sostituire i colonnelli del suo spogliatoio, per gerarchia ma anche per qualità in campo. Negli anni, il calciomercato e la Fábrica – il settore giovanile del Real Madird – hanno portato in prima squadra tanti giovani che avrebbero dovuto prendere il posto dei titolari. Questo processo, però, non è andato esattamente come sperato dalla dirigenza blanca: da Jesus Vallejo a Marcos Llorente, da Mariano Díaz a Odriozola (entrambi ancora in rosa), da Dani Ceballos a Theo Hernández, fino a Kovacic e Morata (anche lui legittimamente in questo gruppo), nessuno è stato giudicato all’altezza dei veterani.

Il Real Madrid però ha continuato a insistere con la politica basata sulla ricerca dei migliori giovani del pianeta, gettando le basi per il prossimo ciclo vincente che con buona probabilità non vedrà un ruolo di primo piano per Ramos, Marcelo, Modric, Kroos, Benzema, Casemiro – o per buona parte di loro. Su quelle basi adesso bisogna costruire. Per questo la titolarità di Odegaard nelle prime due uscite stagionali è prima di tutto simbolica: è il tentativo di aprire a un passaggio generazionale che forse poteva essere anticipato – l’addio di Cristiano Ronaldo e dello stesso Zidane dopo la Champions del 2018 poteva essere una buona occasione. Odegaard adesso fa parte di quel gruppo di giovani della prima squadra chiamati a prendere il posto dei titolarissimi: Vinícius jr., Rodrygo, Valverde, Militão, Mendy – ma anche Kubo e Reinier, in prestito al Villarreal e al Borussia Dortmund – dovranno costituire l’ossatura del Real Madrid di domani. E il norvegese, il primo in ordine cronologico a essere sbarcato a Valdebebas, deve essere il volto di questa trasformazione. È lui che segna l’ingresso in una nuova fase storica, è lui che sta avviando la rivoluzione, proprio adesso.