Focus — Pelé

Ha compiuto 80 anni un mito globale del calcio.

Il compleanno numero 80 di Pelé è stato celebrato in tutto il mondo, come si conviene quando una leggenda vivente taglia un traguardo così grande, così importante. A più di quarant’anni dal suo ritiro, la percezione della sua grandezza è ancora intatta, ed è una condizione che è esistita e potrà esistere per pochissimi atleti, e non parliamo solo di calciatori. Sì, perché Pelé ha fatto davvero la rivoluzione, in campo e fuori: ha portato il calcio a un livello mai toccato prima di lui, considerando i record raggiunti  –  due su tutti: ha superato quota 1000 gol in carriera e resta l’unico calciatore della storia ad aver vinto i Mondiali per tre volte –  e quelli ancora imbattuti,la modernità del suo gioco, le vette di popolarità raggiunte in ogni angolo del pianeta.

Per cercare di ricostruire il mito di Pelé, abbiamo selezionato articoli che spaziano in tutte le direzioni, che potessero restituire – almeno in parte – l’enormità della sua figura, dell’impatto che ha avuto sul calcio del suo tempo, dell’influenza che ha esercitato e che continua a esercitare. Pelé ha creato il concetto di calciatore-brand, è stato un giocatore-nazione, alla fine della sua carriera è stato utilizzato come uomo-immagine per lanciare, dal nulla o quasi, il soccer negli Stati Uniti. Poi è stato un politico, un ministro, un ambasciatore dello sport, o per meglio dire lo è diventato in maniera ufficiale dopo esserlo stato in via ufficiosa. Pelé è stato ed è ancora il calcio, in tutte le sue declinazioni. In tutte le sue sfumature migliori.

The Most Famous Athlete in the WorldSports Illustrated
Uno splendido reportage pubblicato nel 1965 racconta la fama di Pelé in tutto il mondo da una prospettiva molto particolare: quella degli Stati Uniti, un Paese che all’epoca mancava totalmente di cultura calcistica. Pelé viene descritto come «l’atleta più famoso nelle nazioni in cui il calcio è sviluppato, una superstar globale, un semidio in Brasile».

Art of being PeleEspn
Un altro reportage sulla vita di Pelé, sul suo status di mito vivente, durante e dopo la sua carriera da professionista. Secondo Juca Kfouri, giornalista brasiliano, Pelé «è stato creato per essere un idolo». E ci è riuscito benissimo.

How Brazil turned Pelé into a national treasure to stop him from leaving the countryThese Football Times
La storia di come Pelé fu dichiarato «tesoro nazionale del Brasile», con una legge ad hoc, per scongiurare il suo possibile trasferimento in Europa, durante gli anni Sessanta: un provvedimento voluto direttamente dal presidente Alberto Quadros per salvare la sua carriera politiva.

Uno dei gol più famosi di Pelé è quello segnato all’Italia nella finale dei Mondiali 1970: il colpo di testa che batte Albertosi è il frutto di una superiorità atletica imbarazzante, della sua capacità di librarsi in aria e di rimanere sospeso durante il salto, in attesa del pallone da sparare in rete in assoluta libertà, perché alcuni difensori, solo i migliori, sarebbero potuti arrivare così in alto, ma non avrebbero avuto la forza per restare a quella quota per lo stesso numero di secondi. Rivedere i video di Pelé è una specie di paradosso temporale: il fuoriclasse brasiliano dava l’impressione di venire da un’altra epoca per le sue doti tecniche, certo, ma anche e soprattutto perché il suo fisico compatto sembrava essere inesauribile e fatto di titanio, lo rendeva irraggiungibile per tutti i suoi avversari, in qualsiasi gara fisica che si gioca durante una partita.

How Pelé lit up soccer in America and left a legacy fit for a kingThe Guardian
La grandezza della figura di Pelé era tale che il lancio del calcio negli Stati Uniti, negli anni Settanta, è stato fondato sul suo volto, sul suo sbarco a New York. Il racconto di quella operazione culturale e commerciale, secondo il Guardian.

Football’s greatest ambassador: how Pele has broken down global barriersThe Telegraph
Per completare il discorso sull’impatto incalcolabile di Pelé, sulla sua importanza per lo sviluppo e l’affermazione del calcio, ecco un pezzo del Telegraph sulla sua opera di ambasciatore, di politico, di «icona che ha disintegrato tutte le barriere che il calcio ha trovato davanti a sé».

Pura qualità

Oltre alle misure fisiche di cui abbiamo parlato fuori, Pelé aveva ovviamente anche delle qualità tecniche nettamente fuori scala rispetto ai calciatori del suo tempo: come si vede in questo video, la sua arte del dribbling e la sua esplosività sul breve sembravano venire da un altro pianeta; rubargli il pallone era quasi impossibile, in qualsiasi zona del campo, in qualsiasi situazione di gioco, e non era questione di marcatura a uomo, di compressione e chiusura degli spazi, semplicemente le sue gambe, i suoi piedi e la sua testa andavano troppo veloce, disegnavano finte e movimenti che non si erano mai visti prima di lui, per bellezza, efficacia, ma soprattutto per intensità – senza perdere un grammo di qualità.

Il concetto di regia offensiva

La modernità assoluta di Pelé è rintracciabile anche in un altro aspetto del suo gioco: Pelé non era un attaccante puro, non era un trequartista, non era un regista, piuttosto era tutte queste cose insieme. È la cosa che emerge nella visione di quest’altra breve video- compilation di giocate: aperture illuminanti, cross coi giri contati, assist precisi serviti col destro e con il sinistro, al termine di serpentine ubriacanti, imbucate negli spazi. In un calcio dai contorni ancora molto netti e definiti, perciò difficilmente valicabili, Pelé rappresentava un’eccezione, il suo talento poteva esplodere e in effetti esplodeva ovunque, e in tanti modi diversi. Il vero problema è che non c’era modo di contenerlo, di limitarlo, bisognava solo sperare che non fosse in giornata.