Tre cose sulla dodicesima giornata di Serie A

La rivincita di Conte, la Juve che dipende ancora dai suoi assi, la Roma in ascesa.

Conte sotto accusa, ma in fondo ha ragione lui

L’eliminazione dalla Champions ha condizionato l’intera percezione attorno all’Inter: una squadra che fallisce gli appuntamenti decisivi, che non cambia pelle e di conseguenza diventa imprevedibile, che ha perso l’ennesima occasione di compiere il salto di qualità. È tutto vero e condivisibile, ma la realtà ha pure i suoi rovesci della medaglia, positivi o negativi che siano: quello dell’Inter è positivo, perché nonostante una brillantezza di fondo ancora lontana i nerazzurri hanno conquistato terreno in campionato, arrivando a un solo punto di distanza dal Milan. Com’è successo? Certo, i rossoneri hanno frenato, ma al tempo stesso l’Inter ha prodotto un filotto di cinque risultati consecutivi passati sotto traccia, viste le brutte figure collezionate nell’ultimo mese in Europa, trasferta contro il Gladbach esclusa. Ma sta qui la forza dell’Inter – anzi: leggasi Conte: probabilmente non vedremo mai da qui a fine stagione i piani B, né un Eriksen titolare, né altre scelte più audaci. Conte ha fatto del suo approccio quasi monolitico alle partite il suo punto di forza, e quando hai vinto così a lungo in questo modo è difficile cambiare: e in qualche modo i risultati gli danno ragione, oltre che i numeri (l’Inter ha pure il miglior attacco del campionato: è una sorpresa pure questa, vero?). L’ultimo successo contro il Napoli è quanto di meno meritato, ma è pur vero che è così che si vincono i campionati: con un piano B o un piano C, sarebbe finita nello stesso modo?

La Juve dipende ancora troppo dai singoli

Se mettiamo a confronto le due prestazioni della Juventus contro il Barcellona, beh, c’è una sproporzione evidente, che si riflette sui risultati e che al tempo stesso va ben oltre questi: nel giro di due mesi circa la Juventus è progredita parecchio sotto il profilo del gioco, con alcuni giocatori che si sono riscoperti fondamentali nell’assetto di squadra, da chi c’era già – come Cuadrado o de Ligt – ad alcuni volti nuovi – come McKennie e Chiesa. È anche vero che tra le due partite contro il Barça la differenza era pure Ronaldo, e la sua presenza – o la sua assenza, quella dell’andata. E in qualche modo questa chiave di lettura sembra perdurare fino a oggi: la Juve sta facendo dei passi in avanti ma è ancora troppo dipendente da chi i gol li fa di mestiere. Condizione che, in altre squadre, sembra meno rilevante – basti vedere il Milan che senza Ibra continua a fare gol a piacimento, anche da chi non te l’aspetteresti. Le brutte prestazioni di Ronaldo e Morata contro l’Atalanta hanno evidenziato proprio questo concetto: se i nerazzurri non hanno demeritato, è pur vero che la squadra di Pirlo ha avuto le occasioni concrete di vincerla, molto più degli avversari. Ma alla fine sono stati due punti persi: la Juve ha vinto solo una volta in stagione, contro il Torino, senza aver bisogno dei gol di Ronaldo e Morata. Ed è questo il prossimo rebus che toccherà risolvere a Pirlo.

Una Roma da non sottovalutare

Che il campionato sia così aperto è indice, più di un abbassamento del livello generale, di un miglioramento della “concorrenza” per la Juventus; del resto, le prime quattro squadre del campionato hanno perso solo due volte sul campo (la Roma ha in più la sconfitta con il Verona, ma a tavolino). Ecco, la Roma è un buon esempio di miglioramento generale del gruppo: quest’anno ha trovato un’ottima continuità di risultati (il ko contro il Napoli è stato immediatamente messo alle spalle) e sta mettendo in mostra un ottimo calcio. il progetto di Fonseca oggi poggia su una grossa base di credibilità: è impossibile, allo stato attuale, non far rientrare la Roma nel piccolo lotto di squadre in grado di giocarsela per il primo posto, pur da una posizione di underdog. Probabilmente va sistemato ancora qualcosa in difesa (ma i recuperi di giocatori nel reparto arretrato degli ultimi giorni fanno sorridere Fonseca), ma in avanti la Roma ha trovato davvero una capacità di far male con pochi eguali in campionato. Stiamo vedendo forse il miglior Mkhitaryan della carriera, Pellegrini è tornato ai migliori livelli, Spinazzola sta facendo vedere tutte le sue qualità, e poi c’è sempre la certezza Dzeko in attacco, in attesa del rientro di Zaniolo.