L’Union Berlin non ha le vertigini

Come ha fatto una squadra senza una grande storia, e senza grossi capitali, ad arrivare in zona-Europa al secondo anno di Bundesliga?

Era il 5 novembre, e dal suo account Twitter un iracondo Donald Trump digitava, rigorosamente in maiuscolo, «STOP THE COUNT!». Era incollato alla poltrona della Casa Bianca e voleva rimanerci, nonostante fossimo nei giorni immediatamente successivi alla vittoria elettorale di Joe Biden. «Stoppate il conteggio, stoppate la stagione»: le stesse parole con tanta ironia, riecheggiavano anche nelle Straßen di Berlino Est: in quel momento, con 15 punti conquistati in otto partite di Bundesliga, l’Union Berlin accarezzava il quinto posto in classifica e con esso anche il sogno dell’Europa League.

Poco più di due mesi dopo, Twitter ha bannato Trump, ma l’Union Berlin ha tenuto botta e, al termine del girone d’andata del campionato tedesco, si sta confermando assoluta sorpresa con 28 punti, quattro in meno della coppia Wolfsburg-Leverkusen – che occupa il terzo posto – e a una sola lunghezza di distanza dal Borussia Dortmund. Questi numeri sono una sorpresa se si pensa che il club del distretto di Köpenick, alla sua seconda esperienza tra i grandi di Germania, è il penultimo della Bundesliga per monte ingaggi; stessa posizione anche nella classifica per la valutazione complessiva della rosa – il già citato Borussia Dortmund, per esempio, ha un organico che vale circa 500 milioni di euro in più rispetto a quello dell’Union. Ancora più sorprendenti, se vogliamo, sono la qualità del gioco messo in mostra ogni giornata e i risultati raggiunti contro ogni pronostico, alcuni davvero prestigiosi: sette vittorie, sette pareggi e solo quattro sconfitte; allo Stadion An der Alten Försterei, Bayern Monaco e Wolfsburg si sono dovute accontentare di un pari; contro Borussia Dortmund e Bayer Leverkusen sono arrivate invece due vittorie e, disseminati lungo il cammino, troviamo tre punti ottenuti in casa dell’Hoffenheim, del Colonia e del Werder Brema; gli altri successi sono arrivati contro il Mainz e l’Arminia Bielefeld, tra l’altro con risultati molto rotondi – 4-0 e 5-0. Dopo la salvezza conquistata – con qualche patema finale – alla prima avventura assoluta in Bundesliga, l’avvio di stagione della squadra di Köpenick è stato dunque di grande livello, nonostante il passo falso nel match d’esordio con – sconfitta per 3-1 in casa contro l’Augsburg – e soprattutto la debacle a metà dicembre nel derby contro l’Hertha, col medesimo punteggio. Il risultato, tra l’altro, non è stata l’unica notizia negativa della stracittadina: sul finire della gara, infatti, è arrivato l’infortunio di Max Kruse, in quel momento giocatore chiave della rosa. Eppure oggi l’Hertha annaspa nelle retrovie, lontana ben undici punti dall’Union.

La caratteristica più evidente nel gioco dell’Union è il profondo senso del collettivo, il fatto che tutti hanno un ruolo fondamentale. Non a caso, la squadra berlinese ha mandato in gol dodici giocatori diversi: nessuno, in Bundesliga, ha un numero più alto di marcatori differenti. Qui i meriti vanno attribuiti al tecnico svizzero Urs Fischer. Da quando siede sulla panchina dell’Union, ovvero dall’estate 2018, l’allenatore della storica promozione dalla Zweite alla Bundesliga ha schierato, praticamente in ogni partita, un undici iniziale differente rispetto alla gara precedente, sia in termini di modulo sia di turnazione dei calciatori. Prerogativa, questa, che ne fa un allenatore flessibile, in grado di leggere in anticipo l’evoluzione del suo gruppo e di rimediare ai contrattempi. Questo approccio, inoltre, aiuta a rendere più forte il legame con quei giocatori che solitamente godono di minor minutaggio: sentendosi sempre responsabilizzati, sono pronti a scendere in campo e dare il massimo, anche nei match decisivi. Un esempio, in questo senso, è quello di Cedric Teuchert: arrivato quest’estate come attaccante di riserva, è stato prima spostato a centrocampo, con il compito principale di rincorrere gli avversari, poi è stato decisivo contro il Bayer Leverkusen, quando ha realizzato un gol pesantissimo.

Dopo l’infortunato Max Kruse, Taiwo Awoniyi è il calciatore più prolifico nella rosa dell’Union Berlin: il 23enne attaccante in prestito dal Liverpool ha segnato cinque gol stagionali, tutti in Bundesliga (Thilo Schmuelgen/Pool/AFP via Getty Images)

L’Union Berlin ha dimostrato di avere un gioco offensivo non volo vario e mutevole, ma anche piuttosto efficace: ha realizzato 33 gol in 18 partite, più del Lipsia e del Bayer Leverkusen, ma soprattutto ha trovato la via della rete per 16 gare consecutive, le prime di questa Bundesliga – l’unica volta che è rimasta a zero è stata in occasione dello 0-1 subito contro il Lipsia nell’ultimo turno del girone d’andata. Eppure a inizio stagione aleggiavano scetticismo e preoccupazione, perché in estate 15 giocatori avevano lasciato la squadra tra fine prestiti, ritiri e cessioni. La partenza più dura da digerire sembrava dover essere quella di Sebastian Andersson, che ha scelto di trasferirsi al Colonia: nelle ultime due stagioni, lo svedese era stato l’attaccante di riferimento dell’Union, il più prolifico e il più continuo – ha realizzato 24 gol, dodici in entrambe le annate. Insomma, il suo addio avrebbe potuto far crollare il castello costruito da Fischer, ma anche qui è andata diversamente: quello che poteva essere vissuto come un vulnus è diventato una risorsa dell’Union, infatti la mancanza di uno schema consolidato da eseguire costantemente – cross di Trimmel e incornata di Andersson – ha permesso all’intera squadra di sentirsi più coinvolta nel gioco, e questo l’ha portata a crescere, a evolversi. Come succede da anni, nelle Straßen di Berlino Est.

Dove tutto ruota attorno alla fiducia tra club, staff e squadra, e all’occhio esperto sul mercato di Oliver Ruhnert, amministratore sportivo del club con un passato da osservatore, responsabile dello scouting e dirigente del settore giovanile allo Schalke 04. Alla sua tenacia, al suo fiuto, alla sua gestione – anche umana – dell’organico si devono le grandi operazioni di calciomercato concluse nelle ultime tre stagioni: Awoniyi e Pohjanpalo, il giapponese Endo e Nico Schlotterbeck sono arrivati a Berlino Est con la formula del prestito secco, e per loro l’avventura all’Union è un’occasione ideale per accumulare esperienza, sapendo di essere accolti in un ambiente che vive senza troppe pressioni ed è privo della frenesia di dover rincorrere trofei, in una una dimensione locale e a misura d’uomo per quanto inserita in una grande capitale europea. E poi c’è stato il riscatto del portiere Andreas Luthe, che a 33 anni, dopo stagioni di panchina sofferta ad Augsburg, ha sostituito Gikiewicz: non era un’impresa facile, considerando il carisma e la qualità del polacco, vero e proprio idolo dei tifosi. L’Union, inoltre, sa aspettare lo sviluppo dei suoi talenti: l’olandese Sheraldo Becker era troppo fumoso l’anno scorso, si sentiva evidentemente disorientato dall’impatto con la lingua e la cultura tedesche dopo esser arrivato dall’Ado Den Haag, ma ora è uno dei giocatori più importanti nell’undici di Fischer. L’altro colpo a sorpresa dell’estate era stato Max Kruse, che a marzo compirà 33 anni: sembrava fosse andato in Turchia a svernare, eppure al ritorno in Germania ha dimostrato di non essere solo un influencer o un giocatore di poker, ma di avere ancora la qualità, l’abnegazione e la leadership per fare la differenza in Bundesliga. Prima del grave infortunio rimediato nel derby, aveva segnato sei gol e confezionato cinque assist in dieci partite – eguagliando inoltre il record di Hans-Joachim Abel, grazie a 16 rigori segnati consecutivamente nel massimo campionato tedesco.

Fiore all’occhiello della qualità professionale e personale di Oliver Ruhnert è il difensore Marvin Friedrich: cresciuto nelle giovanili del Paderborn, è stato proprio Ruhnert a portarlo allo Schalke 04 quando aveva solo 16 anni, e a credere nuovamente in lui nella sua nuova avventura a Berlino. Arrivato nel mercato di gennaio 2018, Friedrich ha da poco superato le 100 presenze con la maglia rossa dell’Union, e ora in tanti vorrebbero che Joachim Löw, ct della Nazionale tedesca, lo convocasse per potenziare il reparto difensivo – soprattutto dopo la pesantissima sconfitta 6-0 di metà novembre contro la Spagna. Solido e puntuale nelle chiusure, attento negli anticipi e nelle marcature a uomo, Friedrich si è fatto vedere spesso – e in maniera pericolosa – anche in attacco: ha segnato quattro gol di testa, sfruttando bene i puntuali assist di Trimmel e sostituendosi di fatto all’ex Andersson, ormai dimenticato.

L’Union Berlin non sta soffrendo la sindrome da secondo anno nonostante i segni profondi lasciati dalla pandemia, una mazzata che avrebbe potuto affossare una piccola società che vive in simbiosi coi propri tifosi, e che fonda il suo fatturato sulla vendita dei biglietti per le gare interne. Ma la solidità dei bilanci e la crescita del merchandising – in questo senso, l’evento più significativo è stato il contratto stipulato con adidas, nuovo sponsor tecnico del club – spiegano come l’Union sia una realtà che ha solide radici, che ha saputo ergersi a istituzione calcistica di culto, ma che sembra prontissima a esplorare nuovi orizzonti, senza paure o tentennamenti.