Tre cose sulla 23esima giornata di Serie A

Lukaku e Lautaro, la vera forza del Milan, i prodigi di Luis Muriel.

 

L’Inter è la squadra perfetta per esaltare i suoi attaccanti

Da quasi due anni, ormai, si parla della perfetta integrazione tra Romelu Lukaku e Lautaro Martínez, della loro bromance tecnico-tattica, della certezza quasi matematica che non possa esserci una coppia migliore per l’Inter e per Antonio Conte, anche del fatto che forse la squadra nerazzurra finisce per dipendere troppo dallo stato di forma dei suoi attaccanti. Probabilmente, la notizia più importante emersa dal derby è proprio questa: l’Inter si è presa il ruolo di favorita nella corsa-scudetto perché è diventata una squadra perfetta per esaltare le doti dei suoi attaccanti. È diventata una squadra che permette loro di essere sempre determinanti, come arma tattica e non solo attraverso azioni personali. Basta riguardare i video dei gol segnati nel derby per capire questo passaggio di stato: il lancio di Hakimi che trova nello spazio Lukaku poco prima del colpo di testa decisivo di Lautaro, la difesa della palla del belga che apre il campo a Eriksen e Perisic prima che Lautaro realizzi il raddoppio, l’altro passaggio in avanti che spalanca (ancora) a Lukaku lo spazio per costruire la conclusione del 3-0, sono tutte azioni studiate e attuate perché la coppia d’attacco nerazzurra possa avere gli spazi giusti in cui mostrare il meglio del proprio repertorio, possa cercarsi e possa trovarsi con semplicità, come accade a chi è veramente innamorato. Col tempo, Conte ha ideato e costruito un sistema che alimenta questi meccanismi, per esempio richiamando il pressing degli avversari con la costruzione bassa, preludio alla ricerca della profondità, oppure attraverso i continui movimenti ad aprire il campo di Barella e Hakimi, e poi ora c’è anche la grande qualità di Eriksen in rifinitura. Non è stato un percorso semplice, considerando anche l’eliminazione (precoce e inattesa quanto meritata) dalla Champions League, ma ora quei mesi interlocutori sembrano aver dato i loro frutti, perché l’Inter non è solo una squadra che si appoggia su due attaccanti di livello superiore, piuttosto è una squadra che ha tutti gli strumenti per farli rendere al meglio. La differenza è sottile eppure enorme, ed è questa differenza che ha portato l’Inter in vetta alla classifica.

La reale forza del Milan

Stefano Pioli ha detto che «il Milan non esce ridimensionato» dopo la sconfitta nel derby. Sembra una dichiarazione postpartita di quelle standard, preconfezionate, ma chi ha seguito i rossoneri da inizio anno sa che questo periodo negativo – tre sconfitte nelle ultime cinque gare di campionato – nasce sicuramente da un rallentamento, ma va accolto anche come inevitabile contraltare di un rendimento insostenibile sul lunghissimo periodo, soprattutto considerando che il Milan è andato a velocità folle a cavallo tra la vecchia e la nuova stagione, e almeno fino a Natale. In realtà, come sostiene anche il suo allenatore, il Milan non ha mostrato un crollo, ma è semplicemente tornato alla normalità: anche contro l’Inter, infatti, la squadra rossonera ha offerto una prestazione di buon livello, in linea con i valori – assoluti e momentanei – su cui può contare Pioli. E con caratteristiche inalienabili della rosa, quindi difesa aggressiva, ricerca ossessiva della profondità e del sovraccarico di uomini, soprattutto dalla parte di Theo Hernández, così da poter provare ad armare Ibrahimovic. Dopo un primo tempo equilibrato, ovviamente segnato dal vantaggio immediato dell’Inter, sembrava che questo approccio potesse pagare i suoi frutti a inizio ripresa: il Milan avrebbe anche meritato il pareggio, solo che le tre grandi occasioni costruite subito dopo l’intervallo sono state sventate da Handanovic. A quel punto, il raddoppio di Martínez ha chiuso virtualmente la partita, creando un solco in classifica (quattro punti) che è uno specchio fedele della distanza tra due squadre diverse, nel senso che si trovano in momenti differenti del loro progetto. Il Milan, ovviamente, non può e non deve mollare, del resto ha già dimostrato di possedere le doti e gli strumenti necessari per vivere un campionato di vertice. Ma va anche detto che finora i rossoneri avevano reso oltre la loro forza reale, che per questo una flessione era da mettere in conto, che ora questo momento va gestito con cura e attenzione, doti che finora non sono mancate e hanno permesso al Milan di tornare a essere una squadra credibile, non solo un parvenu dell’alta classifica.

Gli highlights del Derby

Luis Muriel è incontenibile

Ogni volta che Luis Muriel tocca palla si compie un prodigio: si prepara un’attesa impareggiabile, perché sai che qualcosa succederà. È una prerogativa che appartiene ai grandi campioni, la categoria alla quale, a inizio carriera, sembrava fosse destinato il colombiano: poi non è andata esattamente così, ma adesso, con la maglia dell’Atalanta addosso, è innegabile che stiamo vedendo il miglior Muriel possibile, un giocatore completo, totale, decisivo. Ne avevamo apprezzato la capacità di piazzare il colpo giusto al momento giusto già nella scorsa stagione, con il suo ruolo di super-sub e straordinaria efficacia realizzativa – 18 gol in campionato, uno ogni 69 minuti. Quest’anno la media gol si è ulteriormente abbassata (Muriel va a segno ogni 54 minuti) ed è già a 14 centri realizzati, ma i meriti dell’attaccante nerazzurro vanno oltre le possibilità in zona gol: il Muriel di questa stagione è un centravanti formidabile ma anche un pozzo di inventiva libero di agire a suo piacimento sul fronte offensivo, e il modo in cui ha fatto a fette il Napoli ne è un fulgido esempio. Il colombiano è entrato in tutte e quattro le reti dell’Atalanta, mettendo in mostra il senso dell’assist (per Zapata nell’occasione dell’1-0, ma anche da calcio d’angolo), la capacità di mettere in subbuglio la difesa avversaria, facendole perdere i riferimenti (la tambureggiante giocata nell’azione del 2-1 atalantino ricorda il brasiliano Ronaldo, quello che per anni è stato il suo paragone più ambizioso) e, ovviamente, il modo in cui è spietato sotto porta (approfittando di un errore in palleggio del Napoli, per poi mandare fuori tempo Rrahmani con un preziosismo e scaraventare il pallone in rete con forza e precisione).

Atalanta-Napoli 4-2