Mbappé, Haaland e la costruzione di una rivalità

Sono gli attaccanti che segneranno il futuro del calcio, ma soprattutto sono i due fuoriclasse destinati a raccogliere l'eredità di Messi e Ronaldo, anche nel continuo duello a distanza.

La prima volta che Kylian Mbappé ed Erling Haaland si sono incrociati in campo risale al 18 febbraio 2020, ed è stato l’attaccante norvegese a decidere la gara tra il Psg e il Borussia Dortmund, con una doppietta a dir poco dirompente. Tre settimane dopo, Mbappè e Haaland si sono affrontati di nuovo per il ritorno degli ottavi di finale di Champions League: il Parco dei Principi di Parigi era vuoto – a causa delle prime restrizioni dovute alla pandemia – e Mbappé era inizialmente in panchina, poi però è entrato in campo e ha contribuito al 2-0 con cui la sua squadra ha ribaltato l’esito del doppio confronto. Dopo la fine della partita, negli spogliatoi, anche Mbappè era tra i giocatori del Psg che hanno preso in giro Haaland facendosi scattare delle foto mentre gli facevano il verso ricordando la partita d’andata, quando il norvegese aveva celebrato i suoi gol assumendo una posizione tipica dalla meditazione orientale – un hobby che Erling ha detto di amare e di praticare perché «mi dà serenità e mi tranquillizza».

Nel calcio, nello sport, negli ambienti competitivi in generale, la rivalità è un ingrediente fondamentale. Lo dice la scienza: secondo una ricerca condotta da Gavin Kilduff, professore associato di Management e Organizzazioni alla Stern School of Business della New York University, la sensazione di vivere una rivalità porta gli atleti ad aumentare lo sforzo fisico, quindi a migliorare sensibilmente le loro prestazioni. Non è un caso, dunque, che dopo le ultime gare di Champions League – martedì 16 febbraio 2021 Mbappé ha realizzato una tripletta al Camp Nou, l’indomani Haaland ha “risposto” con una doppietta sul campo del Siviglia – Erling Haaland abbia detto ai giornalisti di essersi sentito «motivato» dalla grande prestazione di Mbappé. È sembrato evidente come anche lui sia convinto di essere dentro questa sfida, di essere ormai immerso in una rivalità che in realtà è una forzatura, perché si è manifestata compiutamente solo in una partita e mezza – più una piccola scaramuccia a mezzo social/stampa per delle foto un po’ provocatorie – e quindi non è mai esistita se non sui giornali, nei racconti e nei confronti a distanza degli analisti e degli appassionati, come se fosse una certezza. Ma la verità è che si tratta di una speranza che ha un fondo di verità: Kylian Mbappé ed Erling Haaland saranno Ronaldo e Messi degli anni Duemilaventi. Anzi, lo sono già.

Per capire le cose, è fondamentale capire il momento in cui avvengono: e allora perché questo sembra essere il tempo giusto perché Ronaldo e Messi abdichino, perché possa ufficialmente instaurarsi un nuovo regime duopolistico, un nuovo dualismo ai vertici del calcio mondiale? Perché Cristiano Ronaldo ha compiuto da poco 36 anni e Leo Messi è vicino ai 34, certo, ma non è solo questo: anche mantenendo un rendimento fantastico, entrambi sembrano essere entrati nel crepuscolo della loro carriera. Un crepuscolo dorato, ma pur sempre un crepuscolo. Non può essere un caso il fatto che nessuno dei due non sia arrivato in finale di Champions League nelle ultime due stagioni, quando invece si erano spartiti il trofeo nelle cinque edizioni precedenti, e poi altre quattro volte tra il 2006 e il 2013. Sempre dall’inizio dell’annata 2019/20 a oggi, Mbappé e Haaland hanno messo insieme dei numeri favolosi, proprio in Champions League: 28 gol totali in due, 18 per il norvegese e dieci per il francese, contro i 15 di Cristiano e Leo nello stesso periodo; inoltre, per Haaland e Mbappé le reti complessive in nel torneo più prestigioso d’Europa sono 36, e il più anziano dei due, l’attaccante francese del Psg, non ha ancora festeggiato i 23 anni. Quando Ronaldo e Messi avevano la stessa età, cioè al termine della stagione 2007/08, arrivavano a quota 19 gol in due.

Le cifre, però, non sono tutto. O meglio: sono solo parte del tutto, più che altro servono a sostenere empiricamente la suggestione per cui la nuova diarchia franco-norvegese stia per impadronirsi del calcio globale. In casi come questo, infatti, sono le sensazioni a indirizzare il corso delle cose, a determinare la forma e il contenuto dei racconti: nel corso dell’ultimo decennio, Ronaldo e Messi hanno fagocitato un’intera generazione di aspiranti eredi, tutti i migliori giocatori nati negli anni Novanta non hanno saputo ripetere le loro imprese; ci hanno provato, certo, ma in pochissimi hanno intaccato il loro dominio, e comunque chi c’è riuscito l’ha fatto solo in maniera minima, e limitata nel tempo. E così quegli stessi narratori calcistici che avevano individuato nuovi candidati per il trono dei due sovrani si sono dovuti rimangiare tutto, hanno dovuto farlo ogni volta che Cristiano e Leo hanno riconquistato con la forza uno spazio che apparteneva a loro, soltanto a loro. Ed è successo regolarmente. Oggi, come detto, sembra che la forza di Ronaldo e Messi non sia più abbastanza, e che invece una forza ancora più travolgente appartenga proprio a Mbappé e Haaland. E allora lo stesso meccanismo di successione in atto che si era rivelato un po’ frettoloso – e anche dannoso, talvolta – per i vari Neymar, Salah e Dybala, è stato utilizzato di nuovo. Questa volta, però, i riscontri sembrano essere molto più consistenti.

Insomma, Mbappé e Haaland hanno trovato e si sono impadroniti subito di uno spazio lasciato incustodito per la prima volta, di un terreno fertile su cui era ed è possibile coltivare una nuova rivalità di livello assoluto. Il concime, come detto, è un composto in parti uguali di tempismo perfetto e di quell’idea manifesta per cui Kylian ed Erling possiedano una forza travolgente. È una sensazione storica ma soprattutto fisica, nel senso che si percepisce chiaramente quando sono in campo, quando li vedi giocare: Mbappé è travolgente perché incontenibile, è sfuggente, è imprendibile, è fatto della stessa sostanza del vento, quando corre in spazi aperti – con il pallone tra i piedi, ma anche quando scatta in profondità per essere servito – l’aria diventa elettrica, carica di attesa, come appena prima di un temporale, ché tra poco piove forte e bisogna avere solo un ombrello oppure trovare un luogo per ripararsi; anche Haaland è travolgente e incontenibile, ma la sua è una furia diversa, viene da dire più quadrata, più cingolata, ovviamente è una percezione dovuta a una struttura atletica diversa; e la cosa più assurda è proprio questa, è incredibile come un attaccante così alto, così prestante, al punto che sembra intagliato in un legno solidissimo, per esempio il ciliegio, il rovere, l’hickory, riesca a esprimersi meglio nelle azioni in velocità, quando può correre in un campo lungo, piuttosto che da fermo, tutto questo senza mai perdere incisività e freddezza sotto porta.

A 22 anni compiuti a dicembre 2020, Kylian Mbappé ha uno score di 228 gare e 146 gol con squadre di club, a cui vanno aggiunte 39 presenze e 16 reti con la Nazionale francese (Michael Regan/Getty Images)

Mbappé e Haaland giocano nello stesso ruolo ma in realtà potrebbero benissimo giocare insieme in qualsiasi squadra del mondo. Rispetto all’utopia di mettere insieme Ronaldo e Messi, la loro unione è un’ipotesi molto più realistica, davvero praticabile. Non solo perché hanno caratteristiche fisiche che combaciano e quindi si integrerebbero armonicamente in un calcio verticale, non solo perché hanno una cifra tecnica – negli stop orientati, nel tiro, nei tocchi per i compagni – enorme, soprattutto in relazione alla loro velocità di gambe e di pensiero, ma perché entrambi possiedono un talento così sconfinato e naturale da non aver bisogno di esprimerlo in maniera rabbiosa oppure ossessiva: la loro leadership è un fatto di campo e basta, si nutre di record ma non di protagonismo esasperato a tutti i costi, a tutti i livelli; Psg e BvB, così come Francia e Norvegia, giocano per Mbappé e Haaland perché è inevitabile che sia così, perché sarebbe stupido non sfruttare le loro impressionanti qualità, perché sono loro a imporlo ma senza pretenderlo apertamente, o almeno finora è andata così.

Si parla di loro per la precocità e la maturità, per le giocate fuori dall’ordinario, ovviamente in funzione del calciomercato, ma non ci sono deviazioni, la loro storia è ambientata negli anni Duemila, è quella di due fenomeni paranormali allevati su campi-laboratorio avveniristici, senza contaminazioni di strada, di vita ai margini e riscatto sociale, magari è tutto un po’ più noioso rispetto alle parabole di Pelé, Di Stéfano, Cruijff, Maradona e Ronaldo Luiz, di Cristiano Ronaldo, Messi e Neymar, ma questo è lo sport iper-professionalizzato dei giorni nostri, prendere o lasciare. Mbappé e Haaland si prendono la scena quando vogliono, ma è solo quando serve davvero, quando c’è bisogno di farlo. Sono la parte più brillante e decisiva di una squadra, non sono la squadra. Sono dei fuoriclasse contemporanei nel loro gioco e nei comportamenti, sono pura post-modernità del calcio perché sono calciatori intesi come prodotti di intrattenimento, senza contraddizioni, senza troppi orpelli di lirica e retorica. Sono il presente per come è stato costruito. Sono il futuro che è già stato raggiunto.

Classe 2000, Haaland ha messo insieme 139 partite ufficiali e 94 gol con Molde, Salisburgo e Borussia Dortmund; con la Norvegia, sei reti in sette presenze (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)

In virtù di tutto questo, della consapevolezza per cui Mbappé e Haaland saranno le stelle più luccicanti e rappresentative dei prossimi dieci anni, nonostante tutte le differenza con Messi/Ronaldo e con tutti gli altri grandi dualismi del passato, costruire questa nuova rivalità, alimentarla fin da ora, non è altro che un’oculata scelta di marketing. Marketing narrativo, ma pur sempre marketing. Del resto il mercato del confronto e delle contrapposizioni è eternamente fiorente, per tutti: diverse ricerche economiche hanno evidenziato come le rivalità sportive più accese incentivino i tifosi a seguire un evento dal vivo o in tv, e a spendere di più per poterlo fare; tantissimi libri e opere mediali sono state dedicate ai più grandi duelli della storia di tutti gli sport, quelli tra atleti contemporanei come quelli tra personaggi che hanno vissuto in epoche lontanissimi tra loro; ancora oggi, tutti i giorni, le testate giornalistiche del mondo intero cercano di dirimere le questioni rimaste in sospeso tra Federer e Nadal e Djokovic, tra Maradona e Pelé, tra Hamilton e Schumacher, giocando un gioco che a volte diventa stucchevole ma che è anche molto semplice e richiesto, perciò è praticamente inevitabile.

E allora l’unica cosa che resta da capire è se Mbappé e Haaland riusciranno a creare un dualismo appassionante, perché assolutamente simmetrico ed equilibrato, come quello di Messi e Ronaldo: a fine 2019, Forbes ha scritto che la loro è stata «una rivalità perfetta e definitiva perché si è espressa su tutti i livelli possibili, Real Madrid-Barcellona, Nike-Adidas, Europa-Sudamerica». Ecco, forse Kylian ed Erling devono ancora limare alcuni dettagli, devono individuare bene il loro setting, il loro supporting cast, come si dice nel cinema. Ma in compenso hanno tutto il tempo e tutto il talento che occorre per fare tutto questo e per essere i grandi attori protagonisti, il ruolo per cui sembrano essere stati disegnati, e designati. Sembrano essere i giocatori giusti per traghettare il calcio nel futuro. Per non cancellare le certezze, per non deludere le speranze. Al resto, come al solito, penseremo noi. Incluse le forzature.