Tra i Paesi Baschi e la Copa del Rey c’è un rapporto bellissimo e complicato

La finale tra Athletic Club e Real Sociedad è solo l'ultimo exploit delle squadre della comunità basca, che però non ama troppo la monarchia spagnola.

Sabato 3 aprile 2021 è un giorno destinato a rimanere nella storia del calcio basco: per la prima volta dopo quasi cento anni si disputerà una finale tra due squadre della comunità autonoma di Euskadi, vale a dire l’Athletic Club e la Real Sociedad; l’ultimo precedente risale al 1927, quando il Real Unión e l’Arenas Getxo – attualmente sono entrambe in Segunda División B, terza categoria della piramide calcistica iberica – si affrontarono a Saragozza per l’ultimo atto della competizione. Prima del 1927, in altre due occasioni la finale della coppa nazionale si era disputata tra due squadre basche, e questo rapporto così felice e così profondo non si è esaurito nel corso del tempo. Lo dicono i numeri: su 117 edizioni della Copa, ben 30 sono state conquistate da Athletic Club (23), Real Unión (quattro, l’ultima proprio nel 1927), Real Sociedad (due) e Arenas Getxo (una). Tra le altre comunità autonome, solo la Catalogna è riuscita a vincerne di più, ma in questo caso pesa lo strapotere del Barcellona (30 affermazioni, di cui sei dal 2009 a oggi, più altre quattro dell’Espanyol).

Sono dei dati sorprendenti, se consideriamo le proporzioni demografiche e geografiche: la popolazione dei Paesi Baschi rappresenta il 4,9 percento di quella spagnola, mentre i Paesi Baschi non arrivano al due percento delle terre continentali del regno. Eppure i club di Euskadi sono i dominatori storici della Copa del Rey. E se questo termine può apparire così forte, la verità è che è del tutto realistico, anche nel calcio ipertrofico e globalizzato dell’era contemporanea: considerando che la sfida tra Athletic Club e Real Sociedad sarà l’ultimo atto dell’edizione 2019/2020, e che poi l’Athletic sfiderà il Barcellona anche per decidere il vincitore quella successiva – tra l’altro le due gare si giocheranno curiosamente nell’arco di due settimane – metà delle finali dal 2005 a oggi sono state disputate da una squadra basca – Athletic, Real Sociedad, Osasuna (nel 2005) e Alavés (nel 2017). Non sono arrivate vittorie, questo va detto, ma è vero anche che nello stesso lasso di tempo solo Siviglia e Valencia sono riuscite a strappare la coppa alle tre grandi di Spagna – Real Madrid, Barcellona e Atlético Madrid, ovviamente.

Come racconta These Football Times, però, questo legame così sentito e profondo tra la comunità basca e la Copa del Rey va oltre le grandi istituzioni calcistiche, anche per via della nuova formula del torneo: le partite in gara unica nei turni autunnali e invernali permettono a club molto piccoli, meno conosciuti, di ricevere le grandi squadre nei propri stadi. Per esempio quest’anno il Leioa (che rischia di retrocedere in quinta divisione) ha affrontato il Villarreal, mentre l’Anaitasuna (quinta divisione) ha quasi eliminato il Getafe iscritto all’Europa League. Queste partite sono state vissute come un vero e proprio evento dalle tifoserie e dai media locali, nonostante la chiusura degli stadi dovuta alle restrizioni per l’emergenza sanitaria.

C’è un paradosso, in tutto questo: i tifosi baschi e le loro squadre del cuore amano giocare la Copa del Rey, eppure hanno un pessimo rapporto con la monarchia, vista come un’emanazione del potere centrale. Quel potere centrale da cui i territori di Euskadi vogliono staccarsi da anni, spinti da un infuocato sentimento autonomista e indipendentista. In tutte le finali disputate dalle squadre basche, infatti, non sono mai mancate contestazioni nei confronti dell’inno e dello stesso Re di Spagna, che di solito presenzia alla partita. Quest’anno l’assenza del pubblico sugli spalti – si giocherà a La Cartuja, a Siviglia – cancellerà le manifestazioni visibili, ma il sentimento ostativo nei confronti di Madrid, o meglio della Spagna in generale, rimarrà intatto. Basti pensare alle proposte che vennero avanzate un anno fa, prima del rinvio della finale causa Coronavirus, dagli esponenti del Partido Nacionalista Vasco, prima formazione politica della regione: Andoni Ortuzar, presidente del PNV, chiese che il torneo venisse rinominato “Copa del Lehendakari”, ovvero il nome del Presidente del Governo della comunità autonoma dei Paesi Baschi; Aitor Esteban, un altro portavoce del partito, invitò invece i giocatori di entrambe le squadre a scendere in campo indossando la maglia della Nazionale basca.

Alla fine la posposizione della gara per la pandemia e l’emergenza sanitaria ancora in corso hanno smorzato un po’ gli ardori politici intorno alla partita, ma l’attesa resta enorme: contravvenendo alle regole sul distanziamento sociale, i tifosi di entrambe le squadre hanno accompagnato, anzi scortato il bus della loro squadra e i loro giocatori verso l’aeroporto, prima della partenza per Siviglia. Per i baschi, è un’evidenza storica, la Copa del Rey ha un significato speciale. Questa volta, inevitabilmente, un po’ di più.