Tre cose sulla 30esima giornata di Serie A

Il ritorno delle Sette Sorelle, Victor Osimhen, la crisi malinconica di Cagliari e Parma.

 

Il ritorno delle sette sorelle

Probabilmente il calcio italiano degli anni Novanta, quello delle sette sorelle, non tornerà più – la ricchezza economica nel panorama calcistico europeo è ormai sovra-nazionale, polarizzata attorno a una dozzina di realtà o poco più. Però la Serie A del 2021 ritrova una propria nobiltà, o almeno è quello che sottolinea la classifica, con un gruppone di sette squadre che sta giocando un campionato a sé. Certo, di queste sette l’Inter è decisamente più avanti, proiettata verso la conquista dello scudetto, ma la bagarre alle spalle dei nerazzurri, con una corsa Champions più aperta che mai – dal secondo al settimo posto ci sono nove punti – testimonia come il calcio italiano abbia ritrovato un’élite di riferimento: può piacere o no, ma è la rappresentazione in scala dello scenario europeo, con una gerarchia più marcata tra le varie “classi”.

L’ultimo turno ha visto la vittoria di tutte e sette le prime classificate: una cosa così non succedeva dalla 25esima giornata della stagione 2016/17. Ecco, è vero che un campionato aperto oppure dove vincono sempre le stesse squadre non è garanzia di qualità, però rispetto alla A di dieci anni fa, che faticava a sviluppare progetti coerenti e duraturi – o quando ce n’erano, si inabissavano con la stessa rapidità con cui erano decollati –, stavolta il calcio italiano riesce a produrre realtà di livello che durano nel tempo, non semplici favole di un anno o bluff immediatamente smascherabili. Dal ritorno in grande stile delle milanesi alla conferma di un’Atalanta che ormai non è più una sorpresa, fino alla tenuta delle romane e del Napoli e di una Juve che nel suo anno “peggiore” non finirà triturata, la competizione si è alzata, e per il campionato è una buona notizia.

Questo è Victor Osimhen

Tre gol e un rigore procurato nelle ultime sei partite, di cui solo due giocate da titolare. E poi, un’importante mole di lavoro per la squadra, un contributo di presenza e sostanza fatto di duelli aerei vinti (cinque ieri contro la Sampdoria, record tra tutti i giocatori in campo a Marassi), di corse ad attaccare la profondità, ad allungare il campo, di movimenti a vuoto per favorire l’inserimento dei compagni. Questo è Victor Osimhen, o meglio: questo è l’Osimhen che ci aspettavamo a inizio anno, un giocatore con caratteristiche ben definite, con diversi pregi – e anche alcuni difetti – molto marcati, in grado perciò di influenzare in maniera profonda il gioco della sua squadra. Quando si giudicano la stagione del Napoli e le prestazioni individuali del centravanti nigeriano, in entrambi i casi, va fatta la tara di quanto successo tra novembre e gennaio, della lunga assenza per l’infortunio alla spalla e la successiva positività al Coronavirus: è in quei mesi che il Napoli ha perso il treno-scudetto, ed è lì che Osimhen ha dovuto rinunciare non solo a minuti importanti per crescere, per migliorare, ma ha inevitabilmente smarrito pure lo smalto necessario perché la sua fisicità risultasse efficace in campo. Il rientro a pieno regime è stato lento, laborioso, c’è stato un altro piccolo contrattempo fisico (un infortunio alla testa a fine febbraio) e un ulteriore periodo di convalescenza. Oggi, però, le cose stanno tornando al loro posto. A Genova è arrivato un gol del tutto simile a quello segnato contro il Bologna, uno scatto lunghissimo ed esplosivo in uno spazio lasciato sguarnito dalla difesa, concluso con un tiro incontenibile: queste sono le sue azioni, il motivo per cui Gattuso l’ha voluto a Napoli, per cui De Laurentiis ha investito così tanto per acquistarlo dal Lille. Oltre che in questa azione e in tutte quelle di cui abbiamo già parlato, Osimhen è stato decisivo anche al 35esimo del primo tempo, quando ha chiuso – con Zielinski e Fabián Ruiz – un triangolo di passaggi ad alta velocità da cui è scaturito il gol dello spagnolo. Ecco, questa è una giocata che non appartiene al suo campionario, eppure è arrivata lo stesso. Quasi come a voler sottolineare che, soprattutto in virtù dei suoi 22 anni, Osimhen è un giocatore ancora tutto da scoprire e definire, che c’è del materiale su cui lavorare, magari sarebbe meglio riuscire a farlo senza infortuni, con una squadra che ne assecondi di più le straripanti qualità atletiche, la tecnica basica ma non banale, così da capire meglio dove sono i suoi margini di miglioramento, ancora tutti da esplorare.

Nella foto-cover della Lega c’è Fabián Ruiz, anche lui è stato un protagonista di Sampdoria-Napoli 0-2, ma in questa sintesi c’è tantissimo di Victor Osimhen

Con questo Cagliari e questo Parma, la corsa salvezza è già finita?

I problemi di Cagliari e Parma non nascono né tantomeno si manifestano per la prima volta in questo weekend di aprile che sembra autunno, nelle partite perse contro Inter e Milan, rispettivamente. Il vero guaio è che il tempo per accorciare sulla zona-salvezza sta per scadere, le partite da giocare sono sempre meno e quindi ogni punto, anche quello all’apparenza più irraggiungibile, deve essere un obiettivo, perché guadagnarlo potrebbe fare la differenza tra sopravvivenza e retrocessione. In realtà, proprio in questo turno, sia il Cagliari che il Parma hanno accarezzato – in maniera diversa – la possibilità di venir fuori con un pareggio dalle sfide incrociate con le squadre milanesi, ma poi la mancanza di qualità ha fatto la differenza in negativo. Ed è andata così in tantissime partite di questo campionato, in avvio come in questa fase già estremamente delicata: nelle ultime dieci partite, gli uomini di Semplici e quelli di D’Aversa hanno messo insieme appena sette punti, solo il Crotone ha fatto peggio (una vittoria e nove sconfitte); tutte le altre squadre coinvolte nella lotta per la salvezza, a partire dal Torino, hanno fatto qualcosa in più, oppure avevano messo del fieno in cascina nel primo segmento del campionato come il Benevento o il Genoa, che hanno accumulato otto e undici punti, rispettivamente. Il Cagliari e il Parma, invece, pagano gli errori progettuali fatti a inizio stagione, quelli che hanno portato all’esonero di Di Francesco e Liverani, e poi una campagna acquisti invernale che ha avuto l’effetto di una pietra in uno stagno: ha smosso un po’ le acque senza cambiare davvero la sostanza. Gli arrivi in Sardegna di Nainggolan, Duncan, Rugani, Calabresi e Asamoah, così come quelli in Emilia di Man, Bani, Conti e Zirkzee, non hanno avuto un impatto reale sulla stagione di due squadre che sembrano ormai spacciate. Al netto di un’ultima possibilità, che si profila all’orizzonte: tra una settimana c’è lo scontro diretto alla Sardegna Arena. A questo punto, un risultato negativo significherebbe perdere le poche speranze che restano di centrare la salvezza, un finale che sarebbe davvero malinconico per entrambe le squadre, per entrambe le piazze, per i progetti ambiziosi di Giulini e Krause.

Gli highlights di Parma-Milan 1-3