L’importanza nascosta di Rúben Dias nella grande stagione del Manchester City

Da quando è arrivato il centrale portoghese, la squadra di Guardiola è molto più efficace in fase difensiva: il miglioramento che serviva per poter aspirare davvero alla vittoria in Champions League.

Secondo la narrazione costruita intorno alla meravigliosa stagione del Manchester City, l’imminente vittoria in Premier League e la concreta possibilità di raggiungere la prima finale di Champions League, oltre alla vittoria già raggiunta in Carabao Cup, vanno ascritte a una trasformazione tattica operata da Guardiola, al fatto che il City sia tornato a difendere in maniera efficace, anzi abbia proprio imparato a farlo – come se una squadra che ha vinto due edizioni della Premier League, tra l’altro accumulando 200 punti totali, non avesse già una buona fase passiva. Tra questa visione – ovviamente eccessiva – e la realtà, ci sono però delle convergenze: in effetti il City ha migliorato di molto il suo rendimento arretrato (nel 2019/20 i i Citizens hanno subito 53 gol in 59 partite totali, quest’anno sono 33 in 55 gare disputate), e ha cambiato qualcosa anche nel suo stile di gioco, ora più ragionato, meno frenetico, rispetto al passato; secondo Guardiola ora i suoi giocatori «gestiscono meglio il pallone» e «corrono meno», ma questa è solo la sua versione, una versione ovviamente parziale, perché è evidente che il Manchester City è diventata una squadra molto più solida nella pura arte difensiva, negli anticipi, nelle letture preventive, nelle marcature corpo a corpo. E questa crescita esponenziale è dovuta essenzialmente a un nuovo elemento della rosa: Rúben Dias.

È stato lo stesso Guardiola, in realtà, a celebrare non tanto il rendimento, ma proprio l’approccio tattico, tecnico e mentale, del 23enne centrale portoghese: «La sua abilità è fantastica, così come la sua comprensione del gioco: abbiamo ingaggiato un giocatore favoloso per i prossimi cinque, sei, sette anni. È incredibile la sua volontà di imparare cose nuove, di prendersi cura del suo corpo e della sua mente, ogni giorno, ed è bellissimo vedere come questa sua capacità di automiglioramento finisca per proiettarsi in campo, quando deve guidare la squadra in fase difensiva». In effetti, i risultati sono esaltanti: il City è imbattuto e ha subito solo quattro reti in dieci partite di Champions League, nonostante abbia dovuto fronteggiare attaccanti come Erling Haaland, Kylian Mbappé e Neymar, tutti rimasti a secco nella fase a eliminazione diretta, almeno finora; anche in Premier League i Citizens hanno avuto lo stesso rendimento, l’unico grande attaccante puro delle Big Six ad aver segnato contro la squadra di Guardiola è stato Momo Salah, e ci è riuscito solo su rigore. La costante di tutte queste partite è stata la presenza di Rúben Dias nel cuore della difesa, non a caso l’ex Benfica ha saltato solamente cinque gare tra Premier e Champions League in questa stagione, ed è l’elemento con il maggior minutaggio nella rosa del City (3882′ di gioco), superiore anche al portiere Éderson (3870′ in campo). Insomma, il City ha una difesa e una squadra costruita intorno a lui.

Per molti, la stagione 2019/20 del Manchester City è stata condizionata – in Premier come in Champions League – dall’assenza di Vincent Kompany, ed è un discorso valido da un punto di vista tecnico-tattico ma anche di leadership. Dopo l’addio del suo capitano storico, Guardiola aveva cercato di sostituirlo con diversi centrali di altissimo livello, poi però alla fine la successione non si è concretizzata. Un anno dopo, il City e il manager catalano sono riusciti a trovare l’uomo giusto per riempire quello slot vuoto, e se inizialmente i 68 milioni di euro versati al Benifca sembravano una cifra esagerata, la risposta del campo ha chiarito che non era così. Anche perché il grande impatto di Rúben Dias ha fatto crescere pure i suoi compagni del reparto difensivo: è evidente come Stones e Walker stiano vivendo la miglior annata della loro carriera, che non sia più una tragedia dover rinunciare a Éric García (promesso sposo del Barcellona), che Cancelo ora possa essere schierato come terzino sinistro e possa agire come centrocampista aggiunto. Tutto questo si deve all’influenza e alla forza di Rúben Dias, alla calma che deriva dalla sua presenza, dalla sua capacità di leggere e interpretare il gioco in ogni momento della partita. È lui a scandire i tempi e i ritmi difensivi del Manchester City, ed è una dote ancor più importante in un sistema sequenziale come quello di Guardiola, in cui la fase attiva dipende dalla fase passiva – e viceversa.

Secondo diversi analisti, primi tra tutti quelli di Sky Sports UK, l’arrivo di Rúben Dias può essere paragonato a quello di Virgil van Dijk al Liverpool nel mercato di gennaio 2018: il centrale olandese trasformò la squadra di Klopp, pur giocando in difesa fu lui a trascinare alla finale di Champions League persa contro il Real Madrid, e poi ai successivi trionfi in serie. Chi ha visto All or Nothing, la docuserie di Amazon Prime sulla stagione 2017/18 del Manchester City, sa che anche Guardiola avrebbe potuto allenare Van Dijk, l’ex difensore del Southampton era uno degli obiettivi dei dirigenti per migliorare la rosa del tecnico catalano, ma poi alla fine l’affare non andò in porto. Ecco, forse ad agosto scorso Pep, i suoi superiori e i suoi collaboratori sono riusciti a concludere un’operazione simile, non solo per la qualità del giocatore in sé, ma proprio per la sua capacità di essere subito indispensabile nell’ecosistema del City. L’ultimo step è ovviamente la Champions League: l’obiettivo è raggiungere la finale e poi vincerla, così a quel punto Guardiola chiuderebbe i (pochissimi) cerchi rimasti aperti della sua carriera, proprio come ha fatto Klopp nel 2019. Il manager catalano sarebbe (giustamente) considerato il grande artefice di questo grande successo, ma l’uomo-simbolo, il vero giocatore che ha innescato il cambiamento decisivo, beh quello non potrebbe essere che Rúben Dias.