La storia di Wijnaldum dice che il Psg ha fatto un affare

Il centrocampista olandese sa fare tutto, ha grande qualità e sa essere decisivo ai massimi livelli: questa sua completezza è il frutto di una carriera vissuta in maniera graduale, imparando qualcosa di nuovo in ogni esperienza.

La notizia del trasferimento di Georginio Wijnaldum al Psg è passata un po’ sotto silenzio. O meglio: la scelta del centrocampista olandese è stata raccontata come un voltafaccia di mercato dopo che per mesi si era parlato del suo passaggio al Barcellona come di un’operazione ormai ultimata, solo da formalizzare, del resto il tecnico squadra catalana era ed è Ronald Koeman, uno degli allenatori con cui Wijnaldum si è trovato meglio nel corso della sua carriera. In realtà si tratta di un affare molto importante per il Psg e per il calcio europeo, perché Wijnaldum è un centrocampista unico nel suo genere: è polivalente, nel senso che sa giocare in qualsiasi posizione; ha grande esperienza anche se in realtà è ancora giovane (compirà 31 anni a novembre); ha dimostrato, negli anni, di poter essere un calciatore determinante in ogni contesto e in ogni condizione, tecnica, tattica, ambientale.

Per comprendere la forza e la qualità di Wijnaldum, basta mandare indietro e rivedere il film della sua carriera: quando esordisce al Feyenoord – ancora oggi è il calciatore più giovane ad aver mai indossato la maglia biancorossa del club di Rotterdam in una gara ufficiale, a 16 anni, quattro mesi e 28 giorni – è un esterno offensivo rapido e fantasioso, i suoi caratteristici dreadlock garriscono al vento a ogni discesa sulle fasce, per ogni azione personale in conduzione. Nella terza stagione al Feyenoord, a cavallo del suo 18esimo compleanno, è già un titolare fisso (43 presenze stagionali in tutte le competizioni,) accanto a giocatori importanti come Roy Makaay, Giovanni van Bronckhorst e Jon Dahl Tomasson, e così diventa uno dei talenti più promettenti non solo del calcio olandese, ma del calcio europeo in senso assoluto. Nell’ultima stagione a Rotterdam, segna 14 gol in 34 partite di campionato, sembra pronto a salire di livello e in effetti è così, solo che per farlo sceglie la soluzione interna: piuttosto che cercare un ingaggio all’estero, dove ovviamente sarebbero disposti ad acquistarlo, accetta di trasferirsi al PSV Eindhoven.

In realtà è una decisione intelligente, che gli permette di completarsi come calciatore. Anzi, come centrocampista. Perché giocare nel mezzo è sempre stato un suo obiettivo: in un’intervista rilasciata a Goal.com dopo il passaggio al Liverpool, è lo stesso Wijnaldum a raccontare che «nella mia testa ho sempre saputo di voler giocare in mezzo, non sulle fasce. Da bambino ho giocato da difensore centrale e da terzino, poi crescendo mi hanno spostato in avanti. Io ero felice perché volevo giocare e basta, non mi interessava dove. Col tempo, crescendo, ho capito però che il mio desiderio era quello di giocare più palloni, di essere più coinvolto nel gioco della squadra. Quando sei un’ala, o un esterno offensivo, devi dribblare il tuo avversario e creare sempre un’occasione pericolosa, ci sono più rischi di perdere la palla. Mi schieravano lì perché ero bravo a fare certe cose, ma in realtà a me piaceva e piace di più influenzare il gioco dei miei compagni, di coloro che stanno dietro, accanto e davanti a me». Il passaggio avviene gradualmente: al Feyenoord il primo tecnico a spostarlo verso il centro è stato Mario Been, poi al Psv la trasformazione è stata ultimata da Rutten, Advocaat e Philipp Cocu. La crescita è lenta ma esponenziale: nel 2013 partecipa agli Europei Under 21 con l’Olanda – in squadra ci sono anche Strootman, De Vrij, Depay, Blind – e segna due gol, un anno dopo è capitano del Psv e infine arriva il titolo olandese, nel 2015; nella Eredivisie vinta con un vantaggio siderale (17 punti sull’Ajax), segna 14 gol giocando da centrocampista, alle spalle delle punte Depay e De Jong. Ora è davvero pronto a lasciare l’Olanda.

Anche stavolta, però, il suo è un percorso graduale, non immediato. La sua destinazione è il Newcastle di Steve McClaren, una squadra destinata a retrocedere nonostante la presenza di giocatori importanti – oltre a Wijnaldum ci sono, almeno inizialmente, Ayoze Pérez, Moussa Sissoko, Florent Thauvin – e l’arrivo di Rafa Benítez in panchina. Anche se gioca in un contesto che non potrebbe esaltarlo, Wijnaldum se ne frega e si esalta comunque: la sua formazione da esterno di fantasia e le sue doti ormai consolidate di tuttocampista gli permettono di essere ovunque e di essere decisivo ovunque, a dispetto di un numero 5 sulle spalle che prevedrebbe – almeno secondo la teoria classica della numerologia applicata al calcio – un’interpretazione difensiva o comunque statica del ruolo di centrocampista.

Wijnaldum muove e conduce il pallone in avanti, lo smista con precisione e un attimo dopo scatta per attaccare l’area di rigore, con quello stesso tempo di inserimento che sarà decisivo nella notte più importante della sua carriera, quando nel catino di Anfield segnerà due gol in due minuti – e da subentrato – contro il Barcellona nella semifinale di ritorno di Champions League, portando il Liverpool sul 3-0 e ispirando una delle rimonte più incredibili nella storia del torneo; al Newcastle, inoltre, il centrocampista olandese capisce che bisogna saper correre anche all’indietro, per ripiegare e contrastare gli avversari, che ai livelli più alti – soprattutto in Premier League – non ci si può risparmiare mai. È con queste credenziali tattiche ormai completate – anche dagli 11 gol realizzati al primo anno in Inghilterra – che arriva al Liverpool di Klopp e si cala perfettamente in un ruolo ancora più responsabilizzante e dispendioso: mezzala sinistra di un 4-3-3 in cui i terzini sono ali aggiunte. E in cui si corre tantissimo, perché secondo l’allenatore il pallone va recuperato e lanciato in avanti il prima possibile.

Tutti i gol realizzati da Wijnaldum con il Liverpool

Nel corso della sua prima stagione ad Anfield, Wijnaldum dice che «Klopp mi dà il permesso di attaccare l’area di rigore, vorrebbe che io fossi ancora più offensivo, ma devo anche pensare a coprire i miei compagni». È la storia della sua esperienza al Liverpool: Wijnaldum è spesso decisivo sotto porta – contro il Barcellona, ma anche in altre 20 partite spalmate in cinque anni tra Premier e Champions League, per un totale di 22 marcature complessive – ma soprattutto è un elemento fondamentale per il sistema di gioco ambizioso e aggressivo dei Reds, grazie a una qualità tecnica di altissimo livello e a un dinamismo sempre al servizio della squadra. È così che arrivano i trionfi in serie, il riconoscimento come leader carismatico – anche in Nazionale, grazie a Koeman che lo elegge vice-capitano quando manca Van Dijk – e gli interessamenti degli altri club. Del Barcellona, in primis. E poi quello decisivo del Psg. Alla scadenza del suo contratto, Wijnaldum ha avuto solo l’imbarazzo della scelta.

In Francia, Wijnaldum arriverà come un giocatore ormai maturo e maturato, adattabile a tutti i tipi di gioco e per ogni attribuzione tattica. Facile immaginarsi un centrocampo a tre con Verratti e Marquinhos (oppure Paredes), ancora più facile immaginarsi che Gini – suo nickname storico – possa diventare subito uno dei centri di gravità di una delle squadre più forti del mondo. Tutto questo succederà dopo un Europeo da affrontare da capitano, come guida di una squadra che ha grande qualità in tutti i reparti. Che, proprio come ha fatto Wijnaldum, vuole partire da outsider e poi vuole affermarsi tra i grandi.