Euro 2020 è il torneo dell’usato sicuro

Non solo il robot-Ronaldo, ma anche Benzema, Müller, Chiellini, Modric, Pandev: i giocatori d'esperienza sono i grandi protagonisti di questa edizione.

Il portiere olandese Maarten Stekelenburg è il più anziano tra i convocati di tutte le Nazionali per Euro 2020. Eppure, nonostante i suoi 38 anni e 264 giorni nel giorno di Olanda-Ucraina, non ha battuto il record di Gábor Kiraly, che a Euro 2016 difese i pali della sua Ungheria a 40 anni e 73 giorni. È possibile comunque che l’ungherese, rimasto nella memoria di tanti per via degli imbarazzanti pantaloni grigi da tuta/pigiama che era solito indossare in campo, abbia temuto non poco di venire scalzato in questa “edizione lifting” degli Europei, che come alcune donne di una certa età dice a tutti di avere qualche anno in meno rispetto a quanti ne ha veramente. Praticamente tutti commissari tecnici si sono affidati a tanti giocatori d’esperienza per non dire anziani, che formano una squadra impressionante per dimensione e caratura: si va dal portiere scozzese Gordon (38 anni e 162 giorni) al mastino portoghese Pepe (38 anni e 109 giorni), da Goran Pandev (37) al sempiterno Cristiano Ronaldo (36), fino a Modric, Neuer e Ylmaz, leader spirituali – ma anche tecnici – di Croazia, Germania e Turchia, tutti con 35 primavere a testa.

Persino la Francia campione del mondo, che in attacco può contare su un certo Mbappè, non ha saputo resistere al fascino del vintage, convocando Olivier Giroud (34) e riappacificandosi sorprendentemente con il ripudiato Karim Benzema (33): il centravanti del Real Madrid non vestiva la maglia dei Bleus dal 2015, da quando era stato fatto fuori per via del famoso “scandalo Valbuena”, ovvero il presunto ricatto a luci rosse che Karim avrebbe chiesto ai danni del suo compagno di nazionale. Poi, qualche settimana fa, c’è stata una misteriosa conversazione telefonica col Ct Deschamps («Abbiamo parlato di tante cose in una lunga conversazione tra uomini e ci siamo detti tante, tante cose», ha spiegato il ct) e poi l’annuncio di una convocazione a dir poco inattesa.

Improvvisi sono stati anche i reintegri di Thomas Müller (31) e Mats Hummels (32) nella Germania: insieme a Jerome Boateng, erano stati i capri espiatori del fallimentare Mondiale del 2018, ma dopo le loro esclusioni le cose per la Germania non sono andate meglio. La retrocessione in Nations League (evitata solo grazie al “salvataggio” della UEFA che ha portato le leghe A, B e C a 16 squadre), e una terribile sconfitta contro la Spagna per 6-0 hanno fatto cambiare idea a Joachim Löw, nonostante il ct della Mannschaft, ancora nel novembre, 2020 spiegasse al Kicker che i due appartenevano a una fase passata: «Abbiamo deciso di non convocare più quei giocatori e nulla ha modificato la situazione. Non possiamo più tornare indietro, anche se sono grandi calciatori». Il tempo, evidentemente, ha cambiato le carte in tavola. Infine, se per la Danimarca sembra impossibile rinunciare al suo capitano Kjaer (32), così come per la Polonia è impensabile fare a meno di Lewandowski (32), il discorso non può che riguardare anche l’Italia, forse in generale il paese più orgogliosamente vecchio d’Europa, che al centro della difesa non discute minimamente i galloni da titolare di Bonucci (34) e Chiellini (36), nonostante l’ascesa del 22enne Bastoni.

Quella che avevamo però scambiato per una tipicità della nostra Serie A – quel campionato in cui Gigi Buffon può ancora fare qualche partita a 43 anni, senza peraltro far rimpiangere il titolare Szczesny, e in cui spavaldi terzini ventenni prendono lezioni dal 38enne Ribery – si rivela quindi una tendenza di respiro internazionale, al punto che se un meme potesse descrivere l’impressione che, tutti insieme, fanno i baldi rappresentanti del vecchissimo continente, questo sarebbe quello in cui Buzz Lightyear spiega qualcosa a Woody con sguardo allucinato: «Vecchi. Vecchi ovunque». Solo Luis Enrique, ct della Spagna, sembra aver fatto una scelta controcorrente: Sergio Ramos è rimasto a casa, nonostante non abbia un’età avanzatissima (35 anni) e sia il recordman assoluto di presenze con la Roja (180 gare ufficiali); allo stesso modo, però, i tanti giovani convocati dall’ex tecnico del Barcellona sono guidati da due 32enni, Jordi Alba e Sergi Busquets.

Cercando una spiegazione, viene naturale tornare col pensiero al nostro calcio di appena quindici o venti anni fa, quando giocatori come Maldini e Totti si ritiravano dalla Nazionale a 34 e 30 anni; allo stesso modo, poi, stupisce ricordare come Pippo Inzaghi avesse “solo” 32 anni ai tempi dei Mondiali del 2006, eppure scaldasse la panchina. Il mancato ricambio odierno sembra rivelare allora un gap di qualità tra le vecchie e le giovani generazioni di tutta Europa, così come lo rivelano nel tennis le continue vittorie di Djokovic, Nadal e Federer ai danni dei ragazzotti che ogni tanto sembrano poterli spodestare. Perché se è vero che prima uno come Inzaghi veniva messo in panchina a 32 anni, è anche vero che dopo di lui una punta del genere in Italia non si è più vista.

In generale potrebbe essere interessante guardare alla questione da presupposti diversi rispetto alla solita volontà di puntare il dito contro allenatori conservatori, perché a giudicare dalle dichiarazioni dei vari Ct impegnati nell’Europeo, ancor più che una mancanza di fiducia nei giovani sembra che le scelte rappresentino un attestato di rinnovata stima verso i giocatori con maggiore esperienza: insomma, sembra stiano tornando a contare i “gradi”. Il ct azzurro Roberto Mancini, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport rilasciata a gennaio, ha difeso a spada tratta l’impiego di Chiellini, allora out dalla formazione titolare della Juve per via di problemi fisici: disse che lo avrebbe aspettato «fino all’ultimo», dato che si trattava di uno di quelli che «non va collaudato» e che «è fondamentale anche come riferimento in spogliatoio per una squadra giovane». Allo stesso modo, il tecnico portoghese Fernando Santos ha parlato di Pepe come del suo «braccio destro in campo», mentre il ct della Macedonia del Nord, Igor Angelovski, dopo la clamorosa qualificazione a Euro 2020 della sua Nazionale, ha raccontato del viaggio fatto di persona a Genova nel 2015 per convincere il suo Pandev a non lasciare la nazionale: «Gli feci cambiare idea, ora è nella leggenda». La stessa vicenda capitata al ct svedese Janne Andersson con Zlatan Ibrahimovic, prima che un problema fisico gli togliesse l’opportunità di disputare il quinto Europeo consecutivo. Insomma: vecchi, vecchi ovunque. Ma autorevoli.

Grazie al gol realizzato contro l’Austria all’età di 37 anni e 321 giorni, Goran Pandev è diventato il secondo marcatore più anziano nella storia degli Europei; al primo posto di questa classifica c’è l’austriaco Ivica Vastic, che nell’edizione 2008 segnò a 38 anni e 257 giorni (Marko Djurica/Pool/Getty Images)

In virtù di tutto questo, si può dedurre che sia innanzitutto una questione di leadership, per di più al termine di una stagione che, per via del calendario fitto, ha concesso pochi allenamenti alle Nazionali per provare nuove cose, aprendo la strada alla logica dell’usato sicuro. Ma è anche una questione economica, perché la tendenza non sembra slegata dai più recenti sviluppi del calciomercato continentale: negli ultimi anni, l’incremento esponenziale dei prezzi dei cartellini e dei budget stipendi avevano reso più appetibili e sostenibili i giovani talenti rispetto ai campioni affermati, per il semplice fatto che, in un’ottica di bilancio, i ragazzi sembravano rappresentare un investimento più sicuro, data la possibilità di essere rivenduti successivamente, per di più a cifre non inferiori – anzi, quasi sempre molto superiori – rispetto a quelle investite in fase d’acquisto. I prezzi, però, si sono gonfiati a dismisura, come succede sempre quando aumenta la domanda. Ed è stato difficile, per un certo periodo, distinguere il reale valore di certi ragazzi da quello economico calcolato da siti come Transfermarkt.

Sembra invece chiaro che il calciomercato post-pandemia sarà diverso, ne abbiamo già avuto un assaggio ben prima dell’inizio degli Europei. In generale sarà incentrato sugli scambi e soprattutto sui trasferimenti a parametro zero, per la gioia dei procuratori: l’ex Bayern Alaba, 28 anni, è il grande colpo a zero di questa estate del Real Madrid, mentre Georgninho Wijnaldum (30), contesissimo in tutta Europa dopo essere arrivato al termine del suo contratto col Liverpool, si è infine accasato al Psg. Sono tutti affari simili al passaggio di Agüero (33) al Barcellona, arrivato sempre a zero, così come quelli di Suárez (34) all’Atletico Madrid e di Cavani (34) al Manchester United concretizzatisi lo scorso anno. Si tratta di calciatori esperti, nella fase finale della loro carriera, ma ancora appetibili per tanti club, mentre tutti i giovani migliori sembrano incatenati da contratti in media più lunghi e da valutazioni dei cartellini non più sostenibili dai bilanci dei potenziali acquirenti. Sembra allora normale che i campioni già affermati, di trent’anni o anche di più, siano diventati improvvisamente i soli pezzi pregiati di un mercato decisamente meno ricco. Questa è la tendenza, e ce ne stiamo accorgendo anche a Euro 2020.