La Svizzera fatica a trovare calciatori di talento perché conviene fare altri lavori

Secondo Fabio Celestini, allenatore del Lucerna, «i ragazzi studiano e poi vanno subito a lavorare, perché in banca o in altri posti guadagnano molto di più».

È un giorno importantissimo per il calcio svizzero: la Nazionale di Petkovic sfiderà la Spagna per accedere alla prima semifinale della sua storia in un Europeo o in un Mondiale, due anni dopo l’ottimo percorso in Nations League – anche nel 2019 la squadra di Sommer, di Xhaka e di Seferovic, tra gli altri, si è fermata a un passo dalla finale. Nonostante gli evidenti progressi, la rappresentativa elvetica deve fare i conti – in tutti i sensi – con un’evidente problematica: ci sono pochi giocatori che diventano professionisti, quindi inevitabilmente il bacio di talento da cui pescare risulta ridotto. Secondo Fabio Celestini, 45enne allenatore del Lucerna ed ex centrocampista del Marsiglia, del Getafe e della Nazionale (35 presenze dal 1995 al 2007), ci sarebbe un’unica e sorprendente motivazione alla base di questa carenza di calciatori: «In Svizzera i ragazzi studiano tutti», ha spiegato al giornale spagnolo El País, «e poi iniziano a lavorare appena terminano il loro percorso accademico. È difficile fargli cambiare idea, perché le cifre che guadagnano sono molto più alte rispetto a quelle garantite dai contratti per i calciatori professionisti».

Insomma, il fatto che la Svizzera offra enormi occasioni lavorative e garantisca un’elevata giustizia sociale – il PIL pro capite dei cittadini elvetici è il secondo al mondo, davanti c’è solo il Lussemburgo – finisce per penalizzare la crescita del movimento calcistico. «I giovani», racconta Celestini, «giocano per divertirsi, non perché vogliono fare carriera. Così è più difficile fare il salto dai settori giovanili alle squadre senior. È anche una questione di sacrifici: se militi in un club di alto livello, non hai il weekend libero, non puoi uscire e bere qualcosa con gli amici, non puoi mangiare quello che vuoi, in estate c’è il precampionato e non puoi andare in vacanza. In altri Paesi, questi sacrifici sono bilanciati dal tornaconto economico, ma in Svizzera fare questa scelta non conviene: se vai a lavorare in una banca importante, guadagnerai subito il triplo di un giovane calciatore professionista».

Secondo Celestini, i giocatori che diventano professionisti «non sono quelli che hanno più talento, piuttosto quelli che non danno troppo peso ai soldi, almeno inizialmente, e che hanno una vera passione per questo sport». Nella sua intervista al País, il tecnico del Lucerna cita un suo ex giocatore, Remo Freuler: il centrocampista dell’Atalanta ha militato con la squadra biancoblu dal 2014 al 2016, e secondo Celestini «è un ragazzo che ha sempre avuto intenzione di diventare calciatore, e ha lavorato in questo senso. Quando lavorava con me al Lucerna non era il miglior centrocampista che avevo a disposizione, ma aveva troppa determinazione, troppa voglia di emergere, e alla fine è riuscito a superare tutti i suoi compagni. Lui è migliorato tantissimo, gli altri invece hanno continuato a vivere nella loro comfort zone. Perché la Svizzera ha ed è proprio questo: una comfort zone, soprattutto economica».