Perché gli svincolati sono diventati protagonisti del calciomercato

Un effetto della crisi, ma anche del potere sempre crescente di giocatori e procuratori: i trasferimenti del futuro saranno soprattutto a parametro zero?

In una sceneggiatura lineare, Leo Messi sarebbe arrivato alla Ciutat Esportiva lunedì 2 agosto, si sarebbe unito al ritiro del Barcellona, avrebbe iniziato la preparazione con un po’ di ritardo dopo la vittoria della Copa America e poi nulla più. È quello che hanno fatto anche i due nuovi acquisti blaugrana, Emerson Royal e Sergio Agüero, anche loro impegnati nella finale in Brasile. Solo che questa sceneggiatura non è un bel po’ intrecciata: Messi formalmente è un free agent, non è più legato al Barcellona dal 30 giugno scorso, e ha annunciato il suo addio, perché la Liga prevede un limite agli stipendi di ogni club, una soglia calcolata sulla base degli introiti, e per questo l’accordo – raggiunto – con Messi non è stato finalizzato. Uno script paradossale se consideriamo la storia di Messi, del Barcellona e di Messi-nel-Barcellona. Invece è uno scenario che rischia di ripetersi anche in altri contesti, magari con modalità leggermente diverse ma con lo stesso significato. Lunedì Giorgio Chiellini ha firmato il contratto che lo legherà alla Juventus per altre due stagioni, dopo oltre un mese passato da svincolato. In un altro momento storico i bianconeri difficilmente avrebbero permesso a una bandiera come Chiellini di arrivare alla scadenza del contratto, soprattutto con l’intenzione manifesta di tenerlo in squadra.

È evidente: il mercato dei calciatori si sta trasformando, anzi per certi versi è già cambiato. La crisi ha tolto liquidità ai club, costringendoli a rivedere e rivalutare i propri progetti economici, imprenditoriali, sportivi. Calciomercato compreso. La pandemia ha accentuato e accelerato un trend già presente, ma forse nascosto. I club adesso dovranno diventare più fantasiosi, sarà sempre meno scontato il rinnovo di contrattoni pesanti e diventeranno più frequenti i trasferimenti a parametro zero. Quest’estate, proprio il Barcellona ha portato in Catalogna Memphis Depay, Sergio Agüero, Eric Garcia, tutti teoricamente a costo zero; i rivali del Real Madrid hanno acquistato David Alaba per la stessa cifra nulla; il Paris Saint Germain proverà l’assalto alla Champions League con Donnarumma, Sergio Ramos e Georginio Wijnaludm, in attesa dell’annuncio dell’arrivo di Leo Messi. Tutti da free agent.

La crisi economica è un punto di partenza, anzi è il punto di partenza per spiegare quest’anomalia nel mercato: già nel 2020 il giro d’affari del calciomercato era sceso a 3 miliardi nella sessione estiva, quasi la metà dei 5,5 del 2019, e quest’anno sembra andare nella stessa direzione. Dovrebbero adeguarsi di conseguenza tutti gli altri accordi: è probabile che un giocatore che si trova a rinnovare un contratto oggi firmi per una cifra più bassa, o magari per un periodo più breve, rispetto a quanto si sarebbe verificato solo un paio d’anni fa. Sta accadendo ancora al Barcellona, un club che calza a pennello in ogni esempio perché fortemente indebitato, quindi costretto a fare scelte diverse dal solito: il club ha proposto a Piqué, De Jong, Lenglet e Ter Stegen un rinnovo al ribasso, allungando la durata degli accordi.

Ma l’eccezionale situazione economica non è l’unica spiegazione. Se il calciomercato si è spostato verso uno schema in cui i trasferimenti costosi sono sempre meno e quelli a parametro zero aumentano è perché conviene praticamente a tutti. Certo, nella catena di produzione del valore qualcuno rischia di rimetterci. Un report di Kpmg segnala che l’impatto della crisi è accusato maggiormente dai club “venditori”, il primo anello della catena: «È probabile che i club con settori giovanili forti continuino a sviluppare i migliori talenti. Tuttavia, supponendo che gli impatti della pandemia avranno effetti a lungo termine sull’industria del calcio, non tutti i club saranno colpiti allo stesso modo: quelli considerati “venditori netti”, che basano il loro modello di business principalmente sui profitti derivanti dallo scambio di giocatori, potrebbero soffrire più di altri».

Una società che perde un giocatore a parametro zero ci rimette, in qualche modo. Ma anche quella perdita, se ben gestita, può essere ammortizzata. Prendiamo l’esempio di Donnarumma al Paris Saint-Germain: il Milan rinuncia a uno dei suoi migliori giocatori e uno degli asset più importanti, ma lo rimpiazza con un portiere di buon livello come Maignan, spendendo una quindicina di milioni – operazione complessiva da 33 milioni di euro in cinque anni – e risparmiando sullo stipendio di Donnarumma, che costava circa 11 milioni lordi annui (e sarebbe salito fino a 14,8  in caso di rinnovo). Quindi Maignan peserà a bilancio a 6,27 milioni per il 2021/22, tra ammortamento e stipendio lordo; Donnarumma sarebbe costato molto di più. Poi c’è la differenza di valori tecnici tra i due portieri, ovviamente, ma quello è un altro capitolo della stessa storia. E ovviamente va dato per scontato che, per il Paris Saint-,Germain l’acquisto di una stella come Donnarumma, a parametro zero, sia molto conveniente.

In un mercato in cui è sdoganato l’acquisto di giocatori a parametro zero, a tutti i livelli, c’è anche maggior scelta, perché tutti i giocatori sono leggermente più raggiungibili. Così il nuovo format conviene a chi compra, e un pochino anche a chi perde. Ma non solo, ci sono anche altri attori coinvolti. E ne traggono beneficio. Ci sono gli agenti, ad esempio. Per loro un trasferimento a parametro zero significa soprattutto più soldi in entrata: un intermediario che promette e porta a un club un giocatore – di qualsiasi livello – senza far pagare una cifra per il trasferimento avrà gioco facile a forzare una commissione più alta del solito. Ad aprile, Forbes ricordava come negli ultimi tre anni i club della Premier League abbiano speso oltre un miliardo di dollari per le commissioni degli agenti. «La pandemia di coronavirus ha visto diminuire i prezzi di trasferimento in tutto il mondo, con la spesa dei club della Premier League che è scesa da circa 320 milioni di dollari nel gennaio 2020 a meno di 100 milioni a gennaio 2021. Ma nonostante questo le cifre sborsate per gli agenti hanno continuato a crescere: da circa 240 milioni di dollari nel 2016 a oltre 376 milioni di dollari tra febbraio 2020 e febbraio 2021». In Italia si era parlato molto dei trasferimenti alla Juventus di Emre Can, Ramsey o Rabiot, che non sono stati veramente gratuiti perché il club bianconero ha pagato decine di milioni in commissioni. Ma acquistare i cartellini di quei giocatori con due o tre anni di contratto sarebbe costato molto di più. Quindi anche le esorbitanti commissioni non rendono i free agent meno appetibili, non più di tanto: è probabile che gli agenti, anche una volta finita la crisi, prediligano trasferimenti di questo tipo, forzando la scadenza dei contratti e portando i loro assistiti verso un trasferimento gratuito.

Wijnaldum ha lasciato il Liverpool dopo cinque stagioni, in cui ha accumulato 237 presenze e 22 gol in tutte le competizioni; a Euro 2020, è stato il capitano dell’Olanda e ha segnato tre volte (Kenzo Tribouillard/Pool/ AFP)

È una condizione favorevole anche per i giocatori. Nell’epoca del player empowerment, di atleti che vogliono essere padroni del loro futuro – magari per interessi extra sportivi – è più facile accettare di uscire da un accordo per poter scegliere in libertà dove proseguire la carriera (qualcuno prima o poi farà una statua a Jean-Marc Bosman). Non è un caso che molti giocatori fortissimi siano in scadenza di contratto nel 2022, e non necessariamente rinnoveranno a occhi chiusi. Solo in Serie A ci sono ancora Dybala e Ronaldo, poi Kessié e Insigne e Marcelo Brozovic. Se guardiamo in Spagna troviamo Florentino Pérez che non sa più come sfregarsi le mani e non vede l’ora di portare al Bernabéu Kylian Mbappé a parametro zero l’estate prossima. Ma ci sono tanti altri giocatori fortissimi come Alexandre Lacazette, Gareth Bale, Isco, Paul Pogba, Leon Goretzka, Ángel Di María e Axel Witsel – ognuno con le sue caratteristiche, ognuno con il suo personale rapporto con il club, tutti in scadenza a giugno.

Qualche giorno fa Gabriele Marcotti scriveva su Espn che questa trasformazione può essere considerata un sottoprodotto della crisi, ma indica anche un cambio di paradigma di lungo periodo, che viene da lontano: «Una volta c’era una regola piuttosto semplice per una buona gestione di una squadra di calcio: non si doveva portare un giocatore all’ultimo anno, la cosa da fare era estendere il contratto prima che arrivasse a quel punto o venderlo cercando di ottenere il massimo. Quando un giocatore si avvicinava all’ultimo anno del contratto aveva una grande leva nelle trattative: poteva chiedere uno stipendio alto sapendo che, se il club non avesse accettato, l’avrebbe perso a zero. Oggi non è più così». I club si sono indeboliti almeno in termini relativi – ancor di più dal 2020 – e il player empowerment ha dato una nuova forza ai giocatori, supportati dai loro agenti che hanno saputo ritagliarsi – piaccia o meno – un ruolo da protagonisti in un calciomercato che ha già cambiato volto. Adesso i parametri zero sono la nuova normalità, sono qui per restare. Almeno per un po’.