Il Milan è sulla strada giusta

Un progetto portato avanti con coerenza, un mercato positivo e un gioco offensivo, intenso, ritagliato sui giocatori in rosa: non è un caso che la squadra di Pioli abbia iniziato così bene il campionato.

Kjaer riceve la palla da Krunic a ridosso del centrocampo, la gira sul centrosinistra a Tomori, che verticalizza – di prima e rasoterra – per Giroud; il centravanti francese non controlla e non stoppa il pallone, piuttosto si limita a sfiorarlo con il tacco per mandare in porta Rafael Leão; l’attaccante portoghese mette i piedi in area e calcia troppo lentamente, quindi si fa rimpallare il tiro da Carboni: avrebbe potuto e dovuto segnare. Questa azione è uno dei primi highilights di Milan-Cagliari, il risultato era ancora sullo 0-0, e racconta molto della squadra di Pioli, di come vuole giocare, cosa vuole essere: i rossoneri hanno lavorato il pallone centralmente, con i difensori, poi sono arrivate una verticalizzazione improvvisa saltando il centrocampo, e una sponda per sfruttare il taglio esterno-interno del trequartista laterale. In questa sequenza, nei protagonisti di questa azione, ci sono ancora un paio di elementi che aiutano a raccontare il Milan di oggi: l’età di Tomori e Leão – rispettivamente un ‘97 e un ‘99 – e il ruolo centrale dei nuovi acquisti, cioè Giroud e lo stesso Tomori (il difensore era in prestito l’anno scorso).

È evidente: il Milan si trova esattamente dove avrebbe voluto essere a questo punto del suo percorso di crescita, anche perché è una squadra che da tempo ha smesso di essere una superpotenza europea, che non può ambire a ottenere tutto e subito ma deve costruirsi il presente e il futuro un passo alla volta. E lo sta facendo bene: siamo a inizio settembre e i rossoneri sono in vetta alla classifica, a punteggio pieno, al fianco di Lazio, Inter, Roma e Napoli. Nelle prime due giornate – solo un’anteprima del campionato – i rossoneri hanno giocato soprattutto per testare la propria maturità, il livello caratteriale, più che tecnico, della squadra. Sono arrivati dei segnali significativi: contro la Sampdoria, all’esordio, è arrivata l’ennesima vittoria in trasferta, un successo sofferto ma in fin dei conti meritato; contro il Cagliari, poi, il 4-1 è stato costruito tutto nel primo tempo, mentre la ripresa è servita per amministrare il vantaggio, per gestire le energie fisiche e mentali, per contenere lo sforzo. Del Milan si diceva anche che avrebbe accusato la pressione dei tifosi sugli spalti di San Siro, ma la vittoria davanti a 35mila persone dovrebbe aver dimostrato che non è vero, almeno per il momento.

Rispetto all’anno scorso il Milan ha un anno in più di esperienza, che per un gruppo giovane è un grosso punto a favore. Quella dei rossoneri è una crescita organica che, dunque, si legge anche nell’età media della squadra – 24,9 l’anno scorso, 26 quest’anno – ma in realtà non è solo numerica, statistica: Pioli, infatti, sta provando ad aggiungere nuovi elementi all’ossatura che ha caratterizzato la sua gestione. Da gennaio 2020, cioè da quando è arrivato Ibrahimovic e i risultati hanno iniziato ad andare in una certa direzione, il Milan è sempre stato una squadra molto verticale, con un’aggressività ben oltre la media anche nei suoi momenti più conservativi, per esempio il finale della scorsa stagione; ha sempre sfruttato il fatto di avere una rosa giovane per giocare ad alta intensità, una novità per gli standard italiani, anche se magari non aveva e non ha l’ossatura e l’impronta tattica di squadre freak come il Lipsia o dell’Atalanta. In virtù di tutto questo, l’idea di Pioli non è solo quella di perfezionare la macchina dello scorso anno, ma di aggiungere caratteristiche nuove, soprattutto alla fase offensiva, generalmente demandata alle intuizioni dei singoli: nelle prime due uscite, non a caso, abbiamo visto un Milan che non ha paura di sbilanciarsi in avanti, di portare sette o otto uomini a ridosso dell’area di rigore avversaria, o di far salire entrambi i terzini contemporaneamente. L’anno scorso, invece, non si vedevano molti movimenti al centro di Saelemakers per far spazio a Calabria, che rimaneva spesso bloccato al fianco dei due centrali.

In questo processo di ampliamento, il Milan sta provando a colmare le sue lacune anche guardando in casa, sviluppando i giocatori a disposizione. Era inevitabile, in un certo senso: acquistare dei giocatori già forti e riconoscibili, oggi, è un po’ più complicato rispetto al passato. Questo cambiamento ha reso necessario una trasformazione radicale anche nella filosofia di mercato, nei metodi di lavoro. È per questo che la crescita del Milan parte dagli uffici della dirigenza e poi passa per il campo. È un percorso segnato prima di tutto dalla continuità, una condizione che dà al Milan un vantaggio – almeno a inizio stagione – rispetto a molte concorrenti: tra le sette squadre più forti del campionato, solo quella rossonera e l’Atalanta hanno confermato l’allenatore dell’annata 2020/21. Rispetto alla squadra di Gasperini, però, quella di Pioli è ancora in costruzione, e lo stesso tecnico emiliano sta aggiornando il curriculum in tempo reale (il secondo posto dell’anno scorso è il miglior piazzamento per lui). Ma lo sviluppo del Milan oggi si può rappresentare con una curva continua e graduale, laddove per molte società italiane si tratta di una linea spezzata, interrotta in più punti. Va ricordato anche che questa versione del Milan ha già rischiato di essere smontata, con il licenziamento di Boban e/o con l’arrivo di Rangnick – che a un certo punto pareva cosa fatta. Allora la forza del Milan non è necessariamente un valore assoluto, piuttosto da un numero composito, dalla somma di diversi elementi: un progetto portato avanti con grande coerenza da Maldini, Massara e da Pioli; delle scelte indovinate sul mercato e sul campo d’allenamento; uno stato di avanzamento dei lavori diverso rispetto alle altre big – la Juventus deve ritrovare la sua stella polare, l’Inter alla lunga dovrà fare i conti con l’assenza di Lukaku, Hakimi e Conte, il Napoli ha buchi evidenti nella rosa, e poi ci sono tutte le altre.

Gli highlights di Milan-Cagliari 4-1

Ripensandoci, proprio il mercato è un esempio di questa questa nuova era di linearità, realismo e fantasia: magari alla fine la rosa non si è rafforzata con l’aggiunta di tante pedine di livello superiore, ma la rinuncia a uomini chiave come Donnarumma – il miglior portiere del mondo – e Calhanoglu – l’uomo che batteva tutti i calci piazzati e faceva da trait d’union tra centrocampo e attacco – non ha impedito al Milan di trovare sostituti di livello come Maignan e Brahim Díaz, ripreso e promosso come trequartista titolare, ma anche di colmare altre carenze che l’anno scorso erano evidenti. Prendiamo l’esempio di Junior Messias, l’ultimo acquisto: è uno che, semplicemente avendo il pallone tra i piedi, con la sua tecnica in dribbling, può creare vantaggi per sé e per la squadra. È una qualità che il Milan cercava sul mercato, in profili non raggiungibili – come quelli di Bernardo Silva e Ziyech. Lo stesso Giroud, probabilmente l’essere umano più simile a Ibrahimovic – non per visione, solo per efficacia – quando si tratta di giocare da fermo e offrire uno scarico ai compagni, va a colmare un buco che l’anno scorso era stato non-riempito da Mandzukic. Poi ovviamente il Milan è ancora una squadra con alcuni difetti: la stessa centralità di Ibra, che tra poco compirà 40 anni, unita ai quasi 35 anni di Giroud, non offrono grandi prospettive per il futuro dell’attacco rossonero, e non è escluso che possano esserci problemi già in questa stagione (sia Giroud sia Ibra hanno giocato relativamente poco l’anno scorso). In questo senso, però, l’innesto di Pellegri può risultare molto importante, sul medio o lungo periodo. Così come l’arrivo di Bakayoko come backup di Kessié, Bennacer e Tonali.

È così, grazie a questi investimenti intelligenti, che Pioli ora può gestire una rosa che è la quarta della Serie A per valore di mercato aggregato – dietro a Juventus, Inter e Napoli secondo i dati di Transfermarkt – e che va annoverata tra le più competitive del campionato, perché ha un’organizzazione semplice e definita, e i giocatori adatti a questa organizzazione. Insomma, il progetto è sicuramente in divenire, ma è già valido. E in una Serie A multipolare almeno quanto il futuro visto dagli anni Novanta, il Milan di Pioli può e deve avere l’ambizione di consolidare il titolo d’inverno e il secondo posto raggiunti nello scorso campionato. E perché no, anche di puntare a qualcosa di più.