Jean-Paul Belmondo era uno dei cofondatori del Psg

Non solo un semplice tifoso: ha partecipato alla creazione della squadra nel 1970 e, soprattutto, ha investito nel grande rilancio del progetto, avvenuto tre anni dopo.
di Redazione Undici 07 Settembre 2021 alle 12:00

La notizia della morte di Jean-Paul Belmondo ha travalicato i confini del mondo del cinema, ed è inevitabile che vada in questo modo quando parliamo di un personaggio così influente, così ricco di sfaccettature. Anche lo sport renderà omaggio a uno degli attori simbolo della Nouvelle Vogue, scomparso ieri a 88 anni, anche perché lo sport ha significato tanto per lui: da giovane è stato un aspirante pugile, poi anche durante la sua grande carriera da attore ha sempre manifestato una grandissima passione per il calcio. Al punto da andare oltre la figura del tifoso o del vip in tribuna al Parco dei Principi: Belmondo, infatti, ha partecipato attivamente alla fondazione del Paris Saint-Germain (nel 1970) e al rilancio del progetto dopo un po’ di problemi iniziali (nel 1973).

L’intera storia è ripercorsa in questo dettagliato articolo della rivista So Foot: da bambino, Belmondo seguiva due squadre parigine, il Racing e lo Stade Français. Alla fine degli anni Sessanta, però, entrambi i club erano nelle serie inferiori della piramide calcistica francese, anche perché il Racing Club rinunciò all’iscrizione alla prima divisione, e quindi era evidente che la capitale avesse bisogno di una nuova squadra ai massimi livelli, di un progetto serio. Fu addirittura la Federazione francese, attraverso un sondaggio pubblicato su diversi giornali, a raccogliere 66mila pareri positivi per l’istituzione di un nuovo club. Anzi, in realtà il primo passo era stato già compiuto: la Federcalcio aveva già fondato il Paris FC, una squadra senza giocatori e iscrizione al campionato e che quindi aveva bisogno di un’affiliazione, o di rilevare un titolo sportivo altrui, per poter entrare ufficialmente in un campionato professionistico. L’occasione arrivò nel 1970, quando lo Stade Saint-Germain aveva conquistato da poche settimane la promozione nel campionato cadetto. Nacque così la prima versione del Paris Saint-Germain, anche grazie alla sottoscrizione e ai versamenti di 17mila soci. Tra questi, c’era Jean-Paul Belmondo.

In realtà, il contributo più grande e significativo di Belmondo alla storia del Psg risale al 1973, quando il progetto iniziale si era già sfaldato. Dopo l’immediata promozione nella massima divisione, il bilancio del nuovo club era in condizioni pessime, e per risolvere la situazione fu contattato il Consiglio comunale di Parigi. L’amministrazione si disse pronta a salvare e sostenere la nuova società, a patto che il club cambiasse la propria ragione sociale. La nuova nomenclatura, Paris Football Club, piacque ovviamente all’ala proveniente dal Paris FC, non a quella che si riconosceva nella storia dello Stade Saint-Germain. Fu così che la società venne di nuovo scissa, anzi scorporata: da una parte il Paris FC – che si tenne il titolo sportivo e la possibilità di giocare al Parco dei Principi – e dall’altra il Paris Saint-Germain, che invece si tenne i colori sociali rossoblu ma fu costretto a ripartire dalla terza divisione.

Nel 1973, però, un nuovo progetto portato avanti dallo stilista Daniel Hechter permise al Psg di risalire la corrente, anche grazie ai cospicui versamenti di alcuni investitori. Tra questi c’era ancora Jean-Paul Belmondo: secondo un altro socio, il produttore discografico Charles Talar, l’attore avrebbe versato 3000 franchi; Daniel Hechter, invece, sostiene che Belmondo sia arrivato a investire addirittura 100mila franchi, che gli sono stati rimborsati dopo la stabilizzazione del club in Ligue 1. In seguito, nel corso di un’intervista a Le Figaro, Belmondo ha dichiarato di non essere rimasto a lungo all’interno del club perché «era un impegno non era più compatibile con la mia carriera cinematografica»; inoltre, nel 1976, Belmondo non prese bene il licenziamento del primo allenatore del “nuovo” Psg, Just Fontaine (il capocannoniere dei Mondiali 1958 con la maglia della Francia), e quindi decise di allentare un po’ il suo rapporto con la società.

Nonostante questo distacco, Belmondo è rimasto molto legato al Psg: Alain Cayzac, dirigente e poi presidente del club tra il 1987 e il 2008, ha raccontato che «J-PB voleva sempre venire al Parco dei Principi, anche quando non era ufficialmente invitato. Sentiva che quella era la sua squadra, che andare allo stadio era un modo per rimanere legato alle passioni della sua infanzia, quindi di rimanere giovane». Era proprio così, come si evince anche dalla prefazione del libro The Mad History of PSG, curata proprio da Belmondo: nel 2009, l’attore scriveva che il Psg, ai suoi occhi, «non è un club legato al mondo dello spettacolo, piuttosto un club dello spirito, una squadra popolare, l’unica di una grande città. La sua storia vive da sempre in uno scenario mozzafiato, ricco di colpi di scena. Che ci piaccia o no, la realtà è che il Psg respira la vita». Poi qualche anno dopo le cose sono un po’ cambiate con l’arrivo degli emiri qatarioti, ma questa è un’altra storia.

>

Leggi anche

Calcio
Per la prima volta nella storia, i tifosi che vorranno entrare in una fan zone dei Mondiali 2026 dovranno pagare un biglietto
Dopo le polemiche sul meccanismo dei prezzi voluto dalla FIFA, ora si pagherà anche per vedere le partite fuori dagli stadi.
di Redazione Undici
Calcio
La FIFA ha finalmente annunciato il suo nuovo videogioco ufficiale, che sarà realizzato in collaborazione con Netflix
In occasione del Mondiale, la Federazione calcistica internazionale tornerà con un suo gioco ufficiale, a tre anni dalla fine del rapporto con EA Sports.
di Redazione Undici
Calcio
Niclas Füllkrug va in cerca di riscatto, e sarebbe una buona occasione per l’attacco del Milan
L'attaccante tedesco del West Ham, reduce da una carriera fatta di picchi e cadute, è il prototipo che servirebbe al gioco di Allegri.
di Redazione Undici
Calcio
Anche se sembra assurdo, il campionato straniero più seguito in Brasile è la Bundesliga
C'entra il passato migratorio del Paese, ma soprattutto il nuovo piano di contratti televisivi che lega il calcio tedesco al pubblico verdeoro.
di Redazione Undici