Anche il New York Times si è accorto delle plusvalenze nel calcio italiano

«Un sistema oscuro con una regolamentazione lassista e una contabilità creativa».

«Quanto vale un calciatore?». È questa la domanda retorica che il New York Times ha scelto di utilizzare come titolo per un articolo sulle plusvalenze sospette nel calciomercato. L’autore dell’inchiesta, Tariq Panja, si è concentrato soprattutto sull’Italia, e sulle indagini portate avanti dalle nostre autorità – tra cui la Consob – sulle operazioni che permettono alle società di rendere più sostenibili i loro bilanci attraverso le plusvalenze. Un termine che da noi è molto familiare e utilizzato, ma che non era mai stato usato prima dal prestigioso quotidiano americano – e infatti è finito sull’account Twitter New New York Times, che raccoglie tutti i termini che vengono sdoganati negli articoli del NYT. Per Panja, «il calciomercato è un sistema oscuro che muove sette miliardi di dollari, una sala degli specchi in cui la regolamentazione è lassista, la contabilità è piuttosto creativa e persino i club fantasma possono distorcere il mercato». E interpreta il fenomeno delle plusvalenze come una tipicità tutta italiana.

Nell’articolo, si parla di diverse operazioni di mercato ritenute sospette: «Nell’ambito del trasferimento che ha portato Victor Osimhen al Napoli, nessuno ha ritenuto di dover verificare il valore del giovane attaccante nigeriano, uno dei talenti più brillanti del calcio europeo. I documenti mostrano che il Lille ha incassato 71,25 milioni di euro, e sembra un prezzo realistico. Il problema è sorto con i quattro giocatori inseriti dal Napoli nell’affare per incassare una cifra di  20,1 milioni di euro: un anziano portiere greco tutt’altro che famoso e tre giovani sconosciuti. Solo il primo, Orestis Karnezis, ha effettivamente giocato con il Lille. Gli altri tre sono tornati tutti in Italia, e giocano a basso livello. Uno addirittura è passato al calcio semiprofessionistico». Oltre al Napoli, anche la Juventus è citata nell’articolo del NYT: «Sono 42 le operazioni del club che sono finite sotto indagine, e sono in gran parte collegate a movimenti di atleti poco conosciuti, soprattutto giovani. Alcuni di questi affari sono stati portati a termine con top club di primo livello come Manchester City e Barcellona. Per esempio lo scambio tra Cancelo e Danilo con la società inglese, oppure un altro tra due calciatori del settore giovanile; e poi il passaggio di Arthur in Italia, avvenuto contestualmente a quello di Pjanic al Barcellona: anche nell’estate 2020, quando il doppio trasferimento fu definito, l’operazione sembrava essere un esercizio contabile, più che un movimento di mercato».

Il punto è che tutte queste operazioni, per quanto oscure, non sono illegali. E, soprattutto, si fondano su un criterio di valutazione che non ha nulla di empirico. Nell’articolo del NYT si cita una lettera di Paolo Boccardelli, capo della Covisoc, inviata a uno dei suoi procuratori: nel testo c’è scritto che «identificare il fair value per la prestazione di un atleta professionista è notoriamente un compito difficile e non supportato da un adeguato livello di evidenza scientifica». Da qui, dunque, nasce la tendenza a rialzare il valore dei giocatori per determinare una plusvalenza a bilancio. Una pratica che dall’Italia (secondo il giornalista Pippo Russo «i nostri club hanno il copyright su queste operazioni») si è espansa anche in altri Paesi europei, per esempio Spagna, Francia e Portogallo.