Virgil Abloh ha allargato i confini del calcio

Perché il lavoro dello stilista, con la sua contaminazione di codici, linguaggi e ambiti diversi, è stato determinante anche nel mondo dello sport.

Il calcio e la moda, le maglie da gioco che diventano capi da indossare su outfit formali, le collezioni ispirate allo sport e alla sua cultura. A Undici tutto questo è diventato parte integrante del racconto, perché dimostra la direzione che sta prendendo lo sport: quella di un fenomeno culturale, trasversale, non più solo limitato alle logiche di campo. Dietro questo processo le motivazioni sono molteplici, eppure ci sono delle figure che hanno contribuito, se non a determinarlo, indubbiamente ad accelerarlo: più di tutti lo ha fatto Virgil Abloh, fondatore di Off-White e direttore creativo di Louis Vuitton, scomparso ieri all’età di 41 anni dopo una battaglia segreta di due anni contro il cancro.

Lo shock che ha colpito il mondo della moda e non solo racconta al meglio cosa ha rappresentato Abloh: un innovatore, un visionario, un game changer. Abloh ha spostato i confini della moda allargandoli fin dove nessuno si era mai spinto: è diventato la stella polare dello streetwear del lusso, al punto da influenzare in maniera determinante il lavoro di molti altri brand.

Se oggi non ci sembra più strano che marchi di lusso collaborino con i colossi dello sportswear, come è stato per Dior con Jordan e per Prada con Adidas, molto del merito è proprio di Abloh, che ha dato dignità sulle passerelle a sneaker, hoodie e berretti. Ed è stata proprio questa la sua lezione più importante: la contaminazione di codici, l’ideazione di un linguaggio stilistico che comprendesse più elementi e più mondi al suo interno, la capacità di mescolare l’alto e il basso per costruire non soltanto vestiti, ma veri e propri prodotti culturali.

E qui si arriva allo sport: Abloh è stato un grande appassionato di calcio, e il suo lavoro non poteva non influenzare, direttamente o indirettamente, l’estetica calcistica. Nel 2018 Off-White aveva prodotto la sua prima capsule esclusivamente calcistica, chiamata “Football, Mon Amour”, in collaborazione con Nike: ogni volta che si guarda a ritroso, alle esperienze che hanno ridefinito il calcio dandogli una veste più fashion, questa è una tappa ritenuta centrale in questo processo. Maglie bianche e bianconere a scacchi, dettagli arancione fluo, ma anche guanti da portiere e scarpini da calcio, la scritta “Logo” proprio sotto lo swoosh, oppure “Foam” esattamente sulla suola fatta di foam.

Prima lo sport in passerella, poi gli sportivi: nel lancio della collezione SS19 di Off-White “Track & Field” hanno sfilato le atlete Dina Asher-Smith e Vashti Cunningham al fianco di top model come Bella Hadid e Kristina Grikaite, mentre nella sfilata SS20 di Louis Vuitton ecco comparire Hector Bellerin, difensore notoriamente appassionato di moda e più volte coinvolto nel processo creativo di alcune collezioni. Gli argini erano rotti, lo sport è diventato qualcosa di più: un concetto declinabile sotto varie forme. Secondo Abloh, «lo sport come la moda condivide un linguaggio comune che cerca di unire le culture, abbattere le barriere e celebrare il potere dello spirito umano». Non era affatto scontato che qualcuno facesse così tanto per metterlo in pratica. E che ci donasse una consapevolezza al riguardo così definita, così scintillante.