Il Qatar dice che accoglierà i membri della comunità Lgbtq+ al Mondiale, a patto che non si bacino

«In Qatar tutti sono benvenuti, ma le manifestazioni pubbliche d'affetto sono disapprovate».
di Redazione Undici
02 Dicembre 2021

Da tempo, e giustamente, si discute sul fatto che assegnare il Mondiale in Qatar sia stata una scelta avventata – per non usare altri aggettivi. Nell’emirato il rispetto dei diritti umani non è pienamente garantito, e le notizie sui lavoratori migranti morti e/o costretti a lavorare in condizioni disumane, senza alcuna tutela, non hanno fatto altro che alimentare i dubbi e le manifestazioni di protesta preventiva – prime tra tutte, quella delle Federazioni calcistiche scandinave. L’ultimo fronte aperto, a un anno esatto dall’inizio della fase finale, riguarda l’accoglienza dei tifosi appartenenti alla comunità LGBTQ+ in un Paese dove sono in vigore delle leggi che vietano l’omosessualità – gli uomini che hanno relazioni con altri uomini possono essere incarcerati fino a tre anni, mentre per i musulmani che seguono la sharia c’è il rischio potenziale di essere condannato a morte.

In merito a quest’aspetto, sono arrivate le rassicurazioni di Nasser Al Khater, il presidente del comitato organizzatore dei Mondiali: intervistato dalla CNN, Al Khater ha detto che «In Qatar, le manifestazioni pubbliche di affetto sono disapprovate. Questa è l’unica indicazione da rispettare, per il resto le persone possono vivere la propria vita. E questo vale per tutti. Il Qatar e i Paesi che confinano con il Qatar sono molto conservatori. Perciò chiediamo rispetto ai tifosi che verranno a vedere le partite. Siamo sicuri che rispetteranno la nostra cultura, esattamente come fanno con tutte le altre». Sostanzialmente, quindi, le persone della comunità LGBTQ+  che si recheranno in Qatar non avranno problemi, a patto che non si bacino. O che comunque non si bacino in pubblico.

Josh Cavallo, calciatore dell’Adelaide United (club della A-League, la massima divisione australiana) che di recente ha fatto coming out, quando è stato interpellato dal Guardian aveva espresso preoccupazione e disappunto per la scelta di far svolgere la fase finale di Coppa del Mondo in un Paese che vieta l’omosessualità a titolo di legge. «Ho letto che in Qatar c’è la pena di morte per i gay», ha detto Cavallo. «E questo mi rattrista. Disputare i Mondiali è un grande traguardo per un calciatore, così come rappresentare il proprio Paese. Ma dover andare a giocare in una nazione che mette in pericolo la vita delle persone è un rischio troppo grande, secondo me. È più importante restare incolumi o raggiungere un traguardo professionale così importante?». Cavallo è stato citato direttamente da Al Khater durante l’intervista alla CNN: «Se vuole venire in Qatar anche prima dei Mondiali è il benvenuto. Tutti sono benvenuti. Penso che, sfortunatamente, abbia questa percezione a causa di letture sbagliate, si sarà imbattuto in alcune notizie che mettono il nostro Paese sotto una luce negativa. Ma il punto è che il Qatar è un Paese che non vede di buon occhio le manifestazioni pubbliche d’affetto, a prescindere che siano di natura etero o anche omosessuali».

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