Cosa succede al calcio con la guerra in Ucraina?

Il campionato che doveva ricominciare, le squadre del Donbass e dei dintorni, la finale di Champions e le sanzioni internazionali.

Con l’invasione russa dell’Ucraina – non solo nelle sue province orientali ma anche verso la capitale, Kiev, e nelle zone meridionali – che succede al calcio? Partiamo dal campionato ucraino, la VBet Liha (chiamata così per l’azienda di scommesse che la sponsorizza): dopo la pausa invernale, che ha fermato le partite da metà dicembre 2021, si sarebbe dovuto giocare proprio questo fine settimana, a partire dall’anticipo di venerdì alle 14, tra Minaj e Zorja, per poi proseguire con la partita del sabato, tra Dynamo, attualmente secondo in classifica, e Inhulets. Tutte le partite sono state rinviate.

A causa della guerra che da diversi anni si trascina nel sud-est del Paese, già due squadre del massimo campionato ucraino giocano “in esilio”: la più famosa nonché capolista, lo Shakhtar, che ha lasciato Donetsk per Kiev; e proprio lo Zorja, che non è più di casa a Luhansk ma a Zaporizhzhia, appena più al centro. Nelle leghe inferiori un’altra squadra ha lasciato le regioni in guerra: da Donetsk è migrato l’Olympik, che però giocava nella seconda divisione.

Due club sono addirittura scomparsi: il Sevastopol’, della città di Sebastopoli in Crimea meridionale, e il Simferopoli, sempre in Crimea, tra l’altro vincitore della prima edizione del campionato ucraino nel 1992. A Mariupol, città portuale dell’oblast di Donetsk, la squadra è rimasta invece nel suo stadio, così come a Kramatorsk; qui la squadra gioca nella seconda lega, e la città è diventata, dopo la proclamazione della Repubblica popolare del Donbass, il capoluogo di ciò che rimane del vecchio oblast’ in sostituzione di Donetsk. Nelle prime ore di giovedì 24 febbraio in entrambe la città sono state registrate diverse esplosioni e movimenti di truppe.

Per quanto riguarda le competizioni Uefa in corso – Champions, Europa e Conference League – nessuna squadra ucraina è rimasta in corsa. Lo Shakhtar di De Zerbi è stato eliminato dalla Champions League da Real Madrid, Inter e Sheriff Tiraspol, senza nemmeno retrocedere in Europa League. Stesso destino per la Dinamo, ultima con Benfica, Bayern Monaco e Barcellona. Lo Zorja, infine, ai preliminari di Europa League aveva perso contro il Rapid Vienna.

Ma le conseguenze dell’invasione a uno stato sovrano potrebbero estendersi anche oltre: la Uefa sta valutando di togliere la finale di Champions League 2021/22 alla città russa di San Pietroburgo, simbolo di Gazprom, uno degli sponsor più potenti della competizione. La richiesta è arrivata anche da Boris Johnson e dal ministro degli esteri britannico, Liz Truss. Gazprom ha acquistato lo Zenit nel 2005, ha investito molto anche nella costruzione proprio della Gazprom Arena, ha insomma contribuito a portare in Russia l’Europa League del 2007 e la Supercoppa Europea dell’anno successivo. E Gazprom non è soltanto un’azienda privata, ma un ente parastatale, di proprietà – in parte – del ministero dell’economia russo.

In questo senso, anche lo Schalke in Germania non passerà ore tranquille: dal 2007 Gazprom è il principale sponsor del club, nonostante diverse proteste di tifosi e politici. Il club ha detto, prendendo tempo, che «monitora gli sviluppi della situazione e chiede con forza la pace», che vuol dire poco ed è la stessa cosa che ha detto anche la Uefa sotto le pressioni già consistenti.

Infine, capitolo sanzioni internazionali che potrebbero intaccare alcuni club europei: in questo senso, oltre al Chelsea, potrebbe essere preoccupato l’Everton. Il principale sponsor dei Toffees è USM, un gruppo con diversi interessi negli ambiti dei metalli, tecnologia e telecomunicazioni, ed è controllato da un oligarca molto legato al Cremlino, Alisher Usmanov. Una direzione delle sanzioni potrebbe andare a colpire o intaccare i patrimoni di alcuni oligarchi molto vicini a Putin.