Per colpa di Abramovich, il Chelsea non può più vendere biglietti

Uno dei primi effetti del congelamento dei beni disposto nei confronti dell'oligarca russo.
di Redazione Undici

Il conflitto in Ucraina ha avuto inevitabili ripercussioni anche nello sport, con i massimi organismi mondiali che hanno estromesso tutti gli atleti e le squadre russe dalle varie competizioni. Ad esempio, russi e bielorussi sono stati esclusi dai Giochi paralimpici, mentre nel calcio lo stesso è successo con lo Spartak Mosca che si era qualificato per gli ottavi di Europa League e per la Nazionale russa che non potrà disputare i playoff per i Mondiali del prossimo autunno. La questione ha toccato anche il Chelsea, in quanto dal 2003 di proprietà di Roman Abramovich, uno di quei multimilionari russi chiamati “oligarchi”: il numero uno del Chelsea infatti avrebbe costruito la sua ricchezza anche in virtù del quadro politico post-sovietico, e sarebbe stato pure decisivo nell’ascesa politica di Putin. La sua vicinanza con il presidente russo lo ha inserito come personaggio “ostile” in alcuni documenti di sicurezza nazionale, come il Putin Accountability Act redatto dal Congresso americano.

Con questa situazione, Abramovich nei giorni scorsi ha annunciato di voler mettere in vendita il Chelsea: una decisione presa a malincuore, ha specificato il magnate russo, ma inevitabile proprio per mettere il club al riparo da possibili sanzioni. Una mossa obbligata che però non sarebbe sufficiente a garantire al club un presente tranquillo: se il Chelsea può continuare normalmente la propria stagione, la sua vendita è stata messa in stand-by dal governo inglese. Tra le varie misure che penalizzano il club tese al congelamento dei beni di Abramovich, c’è il divieto di emettere nuovi biglietti: vuol dire che per assistere alle partite a Stamford Bridge ci sono soltanto due opzioni, o essere in possesso di abbonamento o aver acquistato un biglietto prima di queste disposizioni. Tra gli altri divieti, anche quello di comprare nuovi giocatori e rinnovare i contratti di chi è già in rosa. Un aspetto che certamente danneggia il club sia in senso sportivo che economico, e che preannuncia mesi complicati.

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