Tra Manchester City e Liverpool è nata una rivalità perfetta

Due squadre che giocano benissimo ma in maniera diversa, due tra i migliori allenatori, i progetti più vincenti, poche scorie politiche o territoriali. È il Clásico della nostra era?

Ogni stagione, così come ogni epoca calcistica, ha i suoi migliori giocatori del mondo. Veniamo da un decennio di bipolarismo Messi-Ronaldo, uno scontro di religioni più che una rivalità sportiva, e il dibattito calcistico non offriva campo per alternative ai due santoni di Barcellona e Real Madrid. Per quanto riguarda i calciatori sembra iniziata un’era c’è di multipolarismo in cui lo spettatore deve solo decidere se innamorarsi dei gol di Lewandowski, del genio di Benzema, dell’imprendibilità di Mbappé, del sinistro prensile di Salah, del qualsiasi-cosa-si-possa-immaginare di De Bruyne. Funziona allo stesso modo con le squadre: ognuno è libero di preferire la perfezione meccanica del Manchester City, lo strapotere offensivo del Paris Saint-Germain o del Bayern Monaco, la verticalità elettrica del Liverpool, la mistica del Real Madrid. C’è solo un ambito in cui non ci sono discussioni, né dubbi: quello relativo alle singole partite. Non ci sono discussioni né dubbi perché Manchester City-Liverpool è il meglio che il calcio europeo, quindi mondiale, ha da offrire in questo momento storico.

Da un po’ di anni Manchester City e Liverpool dominano in Premier League, sono le squadre da battere in Champions League e ogni stagione la iniziano con l’idea di fare un Treble – per il City questa possibilità è già sfumata, mentre il Liverpool potrebbe ancora vincerne addirittura quattro, di trofei, avendo già sollevato al cielo la Coppa di Lega. Ogni volta che si incontrano c’è qualcosa da segnare tra i preferiti di Google, lo dice la storia: nelle ultime stagioni ci sono state partite con sette gol, vittorie clamorose, pareggi insperati, giocate senza senso, sperimentazioni tattiche arrivate direttamente dal futuro. Le sfide tra le squadre di Pep Guardiola e Jürgen Klopp sono l’apice della grandezza sportiva di quest’epoca. Lo ha spiegato bene Jamie Carragher, ex difensore del Liverpool, in un articolo sul Telegraph in cui racconta l’unicità di questa sfida in questo momento storico: «È la prima volta che le due migliori squadre in Inghilterra sono le due migliori squadre del mondo, guidate dai due più grandi allenatori della loro generazione».

Lo scontro Manchester City-Liverpool è paragonabile, per livello calcistico, al Clásico di Spagna dello scorso decennio, e di cui si candida a unico successore. Negli anni Dieci, Real Madrid-Barcellona è stata la partita di cartello dell’universo calcistico, il must-watch per eccellenza. I quattro incontri ravvicinati in appena 18 giorni nella primavera 2011, quelli raccontati da Paolo Condò nel libro Duellanti (Baldini e Castoldi, 2016), hanno formato una parte dell’epica sportiva per il decennio successivo. Questa primavera non è proprio uguale, ma ad aprile c’è già stato uno scontro diretto per il titolo in Premier League – finito in pareggio – e una semifinale di FA Cup vinta dal Liverpool. Manca il testa a testa in campo internazionale, perché il tabellone della Champions ha separato Guardiola e Klopp in due semifinali diverse. Meglio così: un cammino apparecchiato per avere la finale migliore possibile, per l’appuntamento di gala di Parigi, a fine maggio. Sarebbe l’ideale chiusura del cerchio. Quella finale europea tra Real Madrid e Barcellona che non c’è mai stata.

L’epica del Clásico è sempre stata accompagnata dai simbolismi e dai significati accesi fuori dal campo. La corona di Madrid e l’indipendentismo catalano, la vittoria a ogni costo dei blancos e lo stile inconfondibile dei blaugrana, la Fábrica e la Masía, i tradimenti imperdonabili di Luís Figo e Luis Enrique, e poi tutto il resto che ha montato una rivalità spesso trasformata in astio. Se non in guerra aperta. Il confronto sopra le righe è una caratteristica di molte sfide storiche del calcio: derby d’Italia, Old Firm, il Kıtalararası Derbi tra Fenerbache e Galatasaray, e praticamente ogni derby cittadino o regionale in Inghilterra. La rivalità distante di Liverpool e Manchester City, invece, non si origina e non viene alimentata da rancori e ostilità così aspre, e quindi non ha motivo di diventare violenta. Sì, forse dovremmo abituarci al fatto che la grande sfida di quest’epoca sia priva della parte piccante. Ma il resto è talmente dolce che possiamo farne a meno, forse.

I migliori giocatori inglesi di Liverpool e City sono cresciuti insieme nelle Nazionali giovanili: Trent Alexander-Arnold, Phil Foden, Jordan Henderson, Kyle Walker, John Stones hanno trascorso molto tempo giocando uno accanto all’altro nei vivai dell’Inghilterra; Kevin De Bruyne e Virgil van Dijk si stimano, si conoscono fuori dal campo e hanno molte cose in comune. Al termine della partita di campionato, due settimane fa, prima di uscire dal campo hanno fatto una chiacchierata affettuosa: «I nostri figli vanno nella stessa scuola e amano giocare insieme, quindi è stata solo una conversazione amichevole», ha detto De Bruyne. Siamo molto distanti da Casillas e Xavi che devono nascondere la loro amicizia per non diventare i traditori della propria squadra di club. Non c’è niente di quell’ostilità tossica che siamo abituati a vedere tra grandi rivali nel calcio, non c’è odio, non c’è antagonismo exstrasportivo, non ci sono risse, colpi proibiti e dita nell’occhio. È una rivalità che dovremmo goderci anche per quello che non c’è fuori dal campo. In un’epoca di polarizzazione delle idee, di discorsi politici inutilmente populisti e conflittualità create ad arte per consenso e alterità, Manchester City-Liverpool insegna una rivalità sana, agonistica, basata sul rispetto dell’avversario anche quando la posta in palio è la più alta possibile – relativamente a due squadre di calcio – nello sport più popolare e visibile del mondo. Non è un cimelio da custodire, è una lezione da imparare. E replicare.

Qualche giorno fa il Manchester City ha pubblicato sul suo sito ufficiale una lunghissima presentazione della nuova rivalità con il Liverpool, un articolone che ripercorre le tappe di un confronto prima a distanza, poi sempre più ravvicinato e diretto, come per canonizzarlo. La corsa al titolo della stagione 1976-1977 è un’eccezione, la rivalità tra Liverpool e Manchester City è tutta moderna, è iniziata negli Dieci con il City che ha battuto il Liverpool al titolo 2013/14 di soli due punti all’ultima giornata. Poi c’è stata la stagione più incredibile di tutte, quella del 2018/19, con il City che ha vinto nuovamente il titolo all’ultima giornata, con 98 punti, e il Liverpool fermo a 97. La stagione successiva ha vinto il Liverpool, finendo 18 punti sopra il City secondo. L’articolo del City inizia con una citazione di Pep Guardiola: «Liverpool e City negli ultimi anni hanno alzato l’asticella. Abbiamo alzato gli standard della Premier League».

È evidente che la rivalità si sia accesa, nel senso di illuminata, dal 2016, cioè da quando Guardiola è diventato l’allenatore dei citizens, creando un nuovo terreno di scontro con l’altro gigante della partita, Jürgen Klopp, arrivato in Inghilterra qualche mese prima. Quindi Manchester City-Liverpool è anche – se non soprattutto – la partita tra i due migliori allenatori del momento. L’ultima volta che Guardiola aveva avuto di fronte a sé un duellante così valoroso si è rivelata una mattanza: ha lasciato il Barcellona nel 2012 ed era stremato, sfiancato da un’infinita battaglia psicologica e mediatica contro José Mourinho. La rivalità con Klopp ha tutt’altra aria. C’è un momento alla fine della partita di campionato del 10 aprile in cui Guardiola sta uscendo dal campo salutando i tifosi, Klopp lo chiama, Pep si gira e gli offre il cinque e una stretta di mano, con una forza che forse gli avrebbe permesso di vincere un campionato di braccio di ferro. Si sono abbracciati e hanno scambiato due parole come due amici che si incontrano per sbaglio al bar. Guaridola non andrà mai in conferenza stampa a parlare di Klopp come «el puto jefe, el puto amo» della sala stampa. E figuriamoci se Klopp si mette a ripetere ossessivamente porque quest’arbitro, porque l’altro arbitro, a prendere in giro la sponsorizzazione del City.

È tutto qui, e sembra davvero che siano due persone in sintonia tra loro

L’unico terreno di scontro di Guardiola e Klopp è il campo. Il loro duello è una gara interminabile di auperfezionamento che non è una guerra identitaria, una battaglia tra due mondi opposti, ma un’esigenza puramente sportiva che costringe a fare sempre un passo in più, una cosa diversa e migliore per superare un rivale fortissimo e vincere una competizione in più, perché purtroppo non ce ne sono abbastanza per tutti e due. In questi anni Klopp e Guardiola si sono superati tra loro in più occasioni, anche rubando idee dal manuale dell’avversario. Ne sono nate due squadre che hanno imparato a mutare, a crescere settimana dopo settimana per diverse stagioni, aggiornandosi per necessità e per virtù: partendo da filosofie diverse si sono avvicinate e riallontanate più volte, somigliandosi e distinguendosi a ogni scontro diretto, mentre facevano il vuoto dietro di loro. Una nota di merito piuttosto significativa in un campionato come la Premier League, che abbonda di soldi e quindi di competitività.

Le città di Liverpool e Manchester hanno un percorso di storia comune che potrebbe essere la base perfetta per alimentare la rivalità calcistica, ammesso che ci sia bisogno di una storia del genere alle spalle. Sono i due centri principali del Nord-Ovest dell’Inghilterra, 56 chilometri di distanza. La rivoluzione industriale le ha messe in competizione: fino al XVIII secolo Manchester è stata la città più popolosa e importante, rappresentava il polo industriale del Nord. Ma già alla fine del XVIII secolo Liverpool era diventato un porto fondamentale per la crescita e il successo dei cotonifici della regione. Nell’Ottocento Liverpool crebbe fino a sostituire Manchester come seconda città dell’Impero britannico dopo Londra. Lo scontro a distanza divenne diretto e ravvicinato alla fine dell’Ottocento: la costruzione del Manchester Ship Canal, finanziata dai mercanti di Manchester, fu contrastata dai politici di Liverpool che temevano di essere relegati sistematicamente in una condizione di subalternità. Nasce da qui il primo vero risentimento tra le due città. La tensione tra i lavoratori portuali del Liverpool e gli operai a Manchester si intensificò dopo il completamento del canale, nel 1894. Oggi gli stemmi della città di Manchester e del Manchester City hanno navi stilizzate che rappresentano il canale e lo spirito commerciale di Manchester, come a dire «in your face, Liverpool». Ecco, forse anche chi ama ricordare al mondo che “non è solo un gioco” può ritenersi soddisfatto di questa rivalità nuova, bellissima, perfetta.