Il Telegraph, risalendo all’ultima volta che il Nottingham Forest ha giocato una partita in Premier League, ha fatto riemergere un tempo della nostra vita che in effetti è davvero lontanissimo: «C’erano Tony Blair, era appena uscito Fight Club e i Westlife erano al primo posto in classifica». Come se non bastasse, in quel Forest c’erano Pierre van Hooijdonk, Jean-Claude Darcheville e Dougie Freedman, tutti attaccanti tipicamente anni Novanta. Sono passati 23 anni da quella retrocessione, la seconda in sei anni dopo quella storica del 1993, e il Forest non si è ancora ripreso il suo posto nel massimo campionato inglese. Anzi, tra il 2005 e il 2008 è diventato il primo – e finora unico – club vincitore di una Coppa dei Campioni/Champions League a militare nella terza divisione della propria piramide domestica. Da 14 anni, poi, ogni tentativo di ritornare in Premier League è fallito in maniera più o meno spettacolare. Come per esempio due stagioni fa, quando la squadra allenata allora da Sabri Lamouchi, una vecchia conoscenza del calcio italiano, perse in modo atroce la possibilità di disputare i playoff: zero vittorie nelle ultime sei partite di campionato, sconfitta all’ultima partita per 1-4 e discesa al settimo posto in classifica in virtù della differenza reti.
In casi del genere, è difficile non parlare di sortilegio, di maledizione, o comunque non scomodare qualcosa di etereo che aleggia sul club, sull’iconico City Ground, sul cosiddetto ambiente. Ora, però, le cose sembrano andare in una direzione diversa: il Nottingham Forest, infatti, è terzo in classifica e tra poche ore si giocherà la promozione diretta in casa del Bournemouth, secondo con tre punti di vantaggio. In caso di successo in casa delle Cherries, dunque, i Reds arriverebbero all’ultima giornata di campionato a pari punti e con una differenza reti migliore rispetto alle Cherries. Il merito di questa evidente inversione di tendenza è da ascrivere quasi completamente a Steve Cooper, 42enne ex manager dello Swansea e delle Nazionali giovanili inglesi (Under 16 e Under 17, con cui ha vinto la Coppa del Mondo di categoria) dopo l’apprendistato nell’Academy del Liverpool, arrivato a Nottingham a settembre 2021 per sostituire Chris Hughton, a sua volta sostituto di Lamouchi dopo l’esonero del tecnico francese, avvenuto a ottobre 2020. Da quando ha preso possesso della panchina che fu di Brian Clough, Cooper ha messo insieme 25 vittorie, nove pareggi e sei sconfitte in 40 partite di tutte le competizioni, rimontando addirittura 19 punti al Bournemouth.
L’idea fondativa di Cooper è stata recuperare il senso di appartenenza a uno dei club più prestigiosi del calcio inglese, forse anche d’Europa: prima di ogni partita, il manager del Forest tiene una riunione in cui ricorda ai giocatori che «indossare questa maglia è un onore che non dovrebbe mai essere dato per scontato». Poi, ovviamente, c’è anche il lavoro sul campo: Cooper utilizza il metodo della periodizzazione tattica, basato su allenamenti focalizzati nelle varie fasi di gioco, e vuole che la sua squadra pratichi un calcio rapido, veloce, in cui il possesso del pallone è un aspetto importante ma non fondamentale – l’ultimo successo in campionato, 5-1 contro lo Swansea, è arrivato nonostante i gallesi abbiano tenuto la palla per il 70% della gara. Il Forest ha vinto nove delle ultime dieci gare di Championship, e anche in FA Cup ha vissuto delle giornate da ricordare: nei primi due turni ha eliminato Arsenal e Leicester City, poi ha battuto l’Huddersfield prima di arrendersi al Liverpool di Klopp nella gara dei quarti di finale.
L’ottimo rendimento e la possibilità di centrare la promozione sono il frutto del lavoro del tecnico e della società, che ha investito sul potenziamento del proprio centro sportivo e del proprio staff tecnico-dirigenziale, anche alla luce del fatto che la rosa di Cooper è piuttosto giovane – età media 25,6 anni – e non è provvista di grandi stelle: il miglior giocatore in assoluto, l’attaccante ventenne Brennan Johnson (autore di 15 gol e nove assist), è un prodotto del vivaio; tra i calciatori con più di 3mila minuti in campo – i vari McKenna, Yates, Worrall, Spence, Garner: nessun nome di richiamo, evidentemente – solo il portiere Samba e il mediano Colback hanno più di 27 anni. Anche l’altro grande protagonista di questo finale di stagione, Sam Surridge, ha una storia in divenire: nato nel 1998, allevato nel settore giovanile del Bourmemouth, è arrivato a gennaio per una cifra di poco superiore ai due milioni di sterline dopo un’esperienza piuttosto negativa con lo Stoke City. Da allora ha messo a segno sette gol in 15 partite, tra cui quello decisivo nell’importantissima vittoria in casa del Peterborough United (0-1 lo scorso 23 aprile). Ora Suridge potrà vendicarsi della sua ex squadra, tra l’altro a domicilio, in una partita che avrebbe dovuto giocarsi a febbraio, che allora non aveva sicuramente avuto questo peso e che fu rinviata a causa del vento che spirava su Bournemouth. Poi però a Nottingham il vento è cambiato, e ora il Forest ha un’occasione enorme per tornare a fare la storia, dopo anni di delusioni.