Darwin Núñez e il Liverpool sembrano fatti l’uno per l’altro

Il centravanti uruguagio ha un fisico esplosivo e adora giocare in verticale, ma non è una punta elementare. Insomma, ha tutto ciò che serve ora che la squadra di Klopp deve reinventare la propria fase offensiva.

La prima volta in cui Darwin Núñez ed Erling Braut Haaland hanno calpestato lo stesso campo è stata il 24 maggio 2019, in una partita del Mondiale Under 20. Dei due, solo il primo riuscì a segnare, con uno dei gesti tecnici più belli della competizione: un tiro potente da fuori area su una palla a mezz’aria, con una traiettoria ad abbassarsi, accompagnata da una coordinazione perfetta, come se a calciarla fosse stata tutto il corpo e non soltanto il piede destro. In realtà anche Haaland ci andò vicino di testa, da due passi, ma in fuorigioco: avrebbe chiuso il torneo da capocannoniere con 9 gol, tutti segnati all’Honduras, nell’unica vittoria degli scandinavi. Da quest’estate in avanti, si incontreranno di continuo nel campionato più competitivo del mondo e nelle coppe, con la maglia delle due squadre più tatticamente avanzate del mondo, che hanno individuato in loro due centravanti generazionali.

Nei suoi primi mesi al Benfica, Núñez aveva chiarito fin da subito – e con i fatti – che, ammesso ne esistesse uno, l’erede di Luis Suárez ed Edinson Cavani nella linea dinastica dei grandi centravanti uruguayani sarebbe stato lui. La prima stagione al Da Luz sembrava sufficiente per mettere sottosopra il contesto portoghese, ma dopo un buon inizio ha accusato un netto calo di rendimento, aggravato anche da un un infortunio muscolare che ha condizionato il suo gioco fatto di strappi e sterzate. Avrebbe chiuso il campionato con soli sei gol (14 in tutte le competizioni), finendo persino per lasciare il posto da titolare all’inaspettata resurrezione di Haris Seferović, autore di ventidue gol solo in campionato. La sua prima annata fu dunque una piccola delusione, nel quadro del totale naufragio del Benfica di Jorge Jesus, una squadra costruita per schiacciare la Primeira Liga in virtù di risorse nettamente superiori a quelle delle rivali, lo stesso Núñez era stato pagato 24 milioni di euro, eppure scivolata al terzo posto dietro a squadre qualitativamente inferiori ma meglio allenate.

Quest’anno, il percorso di Darwin non ha avuto grossi intoppi: oltre a dominare la Primeira Liga con 26 gol in 28 partite, una quota comunque non sufficiente per competere con le altre due grandi, ha dimostrato una disinvoltura fuori dal comune nelle grandi partite di Champions League. In questo modo ha cancellato – come se i primi mesi di Luis Diaz ad Anfield non fossero sufficienti – ogni dubbio sulla sua capacità di replicarsi in un contesto più competitivo del Portogallo. Anche perché parliamo di un centravanti moderno, che rispetta la prima regola per ogni nove che ambisce ad essere protagonista ai massimi livelli: sa rendersi utile alla squadra con un contributo che va oltre il numero dei suoi gol. Allo stesso modo, però, non è un virtuoso, né un centravanti di manovra. Il suo modo di giocare si lega a un altro grande tema calcistico della contemporaneità: l’importanza di una fisicità fuori dal comune. In questo, Haaland è probabilmente la luna a cui si indica, quando si immagina un futuro in cui i calciatori si impegneranno, generazione dopo generazione, metodologia dopo metodologia, a spingere sempre più in alto l’asticella delle misure e delle prestazioni atletiche.

Darwin Núñez non è un alieno come il norvegese, ma è un attaccante longilineo ed esplosivo, che fa del modo in cui abbina fisico e istinto l’arma con cui determina le partite. Questo aspetto, ancor più che il campionato portoghese, lo evidenzia la sua prima annata in Champions League, in cui il Benfica di Nélson Veríssimo ha raggiunto i quarti di finale sfidando due volte Bayern Monaco, Barcellona, Ajax e Liverpool. Tutte squadre più forti degli Encarnados, tutte squadre che hanno imposto – o perlomeno cercato di imporre – il loro gioco al Benfica. In uno schieramento compatto a difesa dell’area, Núñez è stato quasi sempre lo sbocco dei palloni recuperati, e sulle sue spalle c’era la responsabilità di inventarsi qualcosa che facesse respirare la squadra, se non addirittura che creasse dei pericoli insperati. Sui lanci lunghi in profondità ha saputo contendere il possesso ai difensori avversari grazie alle sue potenti falcate, oppure utilizzare la sua strepitosa elevazione – un altro dei suoi punti di forza – per raggiungere i palloni alti: insomma sembra non esistere un pallone fuori dalla sua portata. Il suo gioco spalle alla porta è artigianale e, come molti aspetti del suo calcio, valorizzato dal modo in cui cerca di incidere grazie all’ottimo controllo del corpo, ma quando mette giù il pallone sa improvvisare, sterzare per girarsi, farsi strada in allungo, portare palla, fermarsi per nasconderla e strappare di nuovo. La sua è una tecnica, come detto, molto istintiva, che abbinata alle sue doti fisiche gli ha permesso di uscire da situazioni complicate o far salire la squadra nei momenti di difficoltà.

Ma Darwin Núñez non è soltanto una punta fisicamente esuberante, molto propensa a spaziare ed allargarsi per facilitarsi le ricezioni e le conduzioni. È soprattutto un attaccante molto proiettato verso il gol: le sue partite sono sempre segnate dalla ricerca della profondità, di tagli in cui è fisicamente difficile da contrastare, con cui tiene in costante allarme la linea difensiva avversaria. Secondo i dati di Infogol, in campionato ha convertito 15.73 xG in 26 reti, dimostrandosi particolarmente concreto rispetto alle occasioni avute; numeri replicati in Champions League, dove ha segnato sei gol su 3.47 xG accumulati. Sono dati che confermano la sensazione percepita di ineluttabilità e freddezza, specie nei momenti decisivi, che quest’anno ha trasmesso vedendolo giocare. Quando è di fronte alla porta il più delle volte cerca la soluzione angolata, sia di pura potenza che piazzandola – nella doppia sfida contro il Liverpool ha dato un saggio della naturalezza con cui sente la porta. In generale, rimane un giocatore con molte soluzioni a disposizione, come testimonia la distribuzione dei suoi gol in campionato, escludendo i rigori: 12 di destro, 5 di sinistro e 5 di testa, un fondamentale in cui è davvero difficile contrastarlo.

Saggio breve sulle (enormi) qualità di Darwin Núñez

Adel Taarabt lo ha definito un giocatore «che pensa sempre a segnare», ma che quando non ci riesce «non si lascia prendere dallo sconforto e lavora molto per la squadra». Come tutti gli istintivi, talvolta Núñez pecca nel decision making, specie quando sente di poter risolvere da solo una situazione con un duello, o quando sente il gol più alla portata di quanto non lo sia davvero; nonostante questo, è un giocatore molto generoso – sia con il pallone che nell’enorme dispendio fisico – e molto propenso ad associarsi con i compagni. Quando viene chiamato in causa sulla trequarti, infatti, cerca spesso sponde o passaggi filtranti di prima intenzione per l’uomo che vede scattare, anche con gesti tecnici non proprio immediati: il tocco nel passaggio non è sempre preciso, ma nella testa, pur amando azioni personali torrenziali, sembra avere sempre un quadro molto pulito. Al di là delle esagerazioni – il fandom della Premier League è spietato e ha già confezionato la sua prima playlist di controlli sbagliati – sarà compito di Klopp affinarlo anche in questo aspetto per renderlo più incisivo nelle situazioni bloccate.

Al Liverpool arriva in un momento particolare, in cui la cessione di Sadio Mané costringerà i Reds a dare una nuova forma al reparto offensivo. Le prime dichiarazioni di Klopp e di Núñez sul tema sono praticamente speculari: l’uruguaiano spiega di aver scelto il Liverpool perché è una squadra molto adatta alle sue caratteristiche, il tedesco dice di averlo comprato perché si incastra bene nel suo sistema. L’incognita più grossa, probabilmente, è il fatto che a 23 anni è già stato operato tre volte al ginocchio, tante per un giocatore che vive della sua esplosività fisica. Ma tutto il resto, oltre alla determinazione con cui ha affrontato le difficoltà, fanno sembrare questa operazione un incontro-incastro perfetto. Un calciatore così aggressivo, fisicamente esondante, attratto naturalmente dalla verticalità, forte sotto porta ma allo stesso tempo capace di rendersi utile a tutto campo e con ancora del potenziale – specie a livello tecnico – da sviluppare è il blocco di marmo perfetto per Klopp, che può lavorarlo quel tanto che basta per estrarre un centravanti incontenibile, anche per la Premier League e per i suoi ritmi infernali. Darwin Núñez e il Liverpool si sono scelti e, viste le premesse, sembrano aver fatto benissimo.