Gli agenti dei calciatori stanno cercando di approfittare della guerra in Ucraina

Lo Shakhtar e tutti gli altri club locali stanno vivendo questa e tantissime altre difficoltà.

Lo scorso 24 febbraio, il giorno dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la VBet Liha – il campionato di massima divisione ucraina – è stata sospesa. In testa c’era lo Shakthar Donetsk di Roberto De Zerbi, con due punti di vantaggio sulla Dinamo Kiev di Mircea Lucescu, ma un mese dopo, quando il campionato è stato definitivamente annullato, nessuno ha festeggiato lo scudetto. Inevitabile, visto che la guerra in Ucraina ha travolto ogni settore del Paese, compreso quello calcistico. Il presidente Volodymir Zelensky ha promesso che il campionato ripartirà il prossimo agosto, ma non si sa ancora se le squadre potranno tornare a giocare a casa loro, nei propri stadi, anche perché molte squadre uno stadio non ce l’hanno più, e altre non ce l’hanno da molto tempo. È dal 2014 infatti, ovvero dallo scoppio della guerra in Donbass, che lo Shakthar Donetsk non gioca nel proprio impianto, la Donbass Arena: lo stadio è stato praticamente distrutto dai bombardamenti russi, e da otto anni la squadra è migrata prima a Leopoli, poi a Kharkiv, e poi, fino all’invasione, ha giocato a Kiev: «Abbiamo ottenuto successi sportivi, nello scouting e nei ricavi, anche in situazioni difficili. Dopo aver lasciato Donetsk abbiamo girovagato in tutta l’Ucraina. Poi è arrivato il Covid-19.  Pensavamo che quello sarebbe stato il momento peggiore, che avessimo toccato il fondo. Ma ora siamo andati ancora oltre il fondo. Ogni giorno viviamo ormai in modalità sopravvivenza». Queste parole sono di Sergei Palkin, amministratore delegato dello Shakhtar, che The Athletic ha incontrato in un hotel di Londra.

«Questa guerra sta mostrando tutti i problemi del mondo del calcio. E tutti stanno cercando di sfruttare la situazione a proprio vantaggio», ha aggiunto Palkin. Secondo lui, il comune sentimento di solidarietà e sostegno che ha unito l’Europa calcistica e – in buona parte – il mondo intero all’Ucraina è solamente un’ipocrita facciata: «Ovviamente ci sono club che ci hanno aiutato. In questi mesi abbiamo giocato diverse amichevoli per raccogliere fondi: l’Olympiakos ci ha permesso di acquistare 1500 scatole mediche da donare all’esercito; il Benfica ha inviato un’enorme quantità di aiuti umanitari. Ci sono però anche persone che vanno in giro a dire “Io sostengo l’Ucraina”, ma alla fine non fanno niente di concreto». Durante questo periodo di guerra, cercando di mandare avanti il club nonostante tutto, Palkin ha raccolto più di qualche esempio in giro per l’Europa: «C’è un club europeo, uno importante, con cui abbiamo un contratto che include una clausola: dobbiamo giocare un’amichevole, altrimenti sono costretti a pagarci 300mila euro. Questa partita ovviamente non l’abbiamo mai giocata, nonostante i nostri sforzi per organizzarla. Quando è iniziata la guerra, gli abbiamo detto: “Guardate, il nostro club non ha bisogno di soldi, quindi, per favore, donateli ai rifugiati ucraini”. Non l’hanno fatto comunque. E questo club aveva i soldi per farlo, un sacco di soldi».

Ma le difficoltà del club ucraino si manifestano soprattutto sul calciomercato: «Tempo fa abbiamo cercato di acquistare un calciatore. Volevamo farlo a rate, dato che al momento per noi è difficile avere liquidità immediata, ma abbiamo comunque rilasciato garanzie per pagare tutto entro un anno. Questo club mi ha però fornito un elenco di requisiti così lungo che l’ho guardato e ho pensato: “Onestamente, scordatelo”». Secondo Palkin c’è una categoria che più di altri sta creando diversi problemi allo Shakthar e agli altri club ucraini: «Alcuni agenti stanno cercando di distruggerci. Vogliono rubare i nostri giocatori: contattano autonomamente i club e gli dicono di non pagarci, perché tanto i giocatori si libereranno a zero. Piuttosto cercano di ottenere commissioni milionarie, da dieci milioni di euro, che ovviamente si alzano senza il costo del cartellino».

Lo scorso febbraio,  al momento dell’interruzione del campionato ucraino, la FIFA ha consentito ai giocatori stranieri di liberarsi momentaneamente dal proprio contratto e cercare un’altra squadra con cui concludere la stagione. «Gli agenti stanno cercando di approfittare della situazione, di manipolarla» ha continuato Palkin. «Sperano che la FIFA svincoli definitivamente tutti gli stranieri del nostro campionato». In realtà però la Federazione Internazionale ha annunciato nei giorni scorsi che «i giocatori e gli allenatori stranieri avranno il diritto di sospendere i contratti di lavoro con i loro club fino al 30 giugno 2023», a meno che non venga trovato un accordo per il trasferimento definitivo entro il 30 giugno. Un lasso di tempo estremamente ridotto per concludere una trattativa, e che lascia club come lo Shakthar senza la possibilità di raccogliere fondi per sostenersi economicamente.

La decisione della FIFA è stata accolta invece con favore da Malle Koido, direttore del calcio internazionale presso l’agenzia International Sports Consulting: «Questa decisione è essenziale per dare un’opzione ai giocatori. La ripresa del calcio può certamente restituire al popolo ucraino un senso di normalità, ma nessuno dovrebbe essere costretto a tornare in una zona di guerra, a meno che non lo faccia di propria spontanea volontà. È vero che i giocatori sotto contratto con i club ucraini saranno un anno più vicini alla scadenza dei loro contratti – sempre che gli stessi non siano già scaduti – e questo ovviamente rende molto più difficile trarre vantaggio dalla vendita dei giocatori, ma non possiamo tenere in ostaggio una manciata di professionisti stranieri in ogni club solo perché hanno un valore di trasferimento assegnato».

Insomma, questa settimana sarà particolarmente impegnativa per Palkin e il suo Shakthar, che, dopo aver venduto il centrocampista brasiliano Marcos Antonio alla Lazio, ha altri nove giocatori stranieri da piazzare. In Ucraina il club sta cercando di esercitare la sua leadership, e di certo aiuta il fatto che il proprietario, Rinat Akhmetov, sia considerato l’uomo più ricco del Paese, con un patrimonio stimato di oltre 4,5 miliardi di euro. Ma quali sono le prospettive? «Oggi noi possiamo solo vendere, non siamo in grado di acquistare giocatori. Cosa possiamo offrirgli? Giochiamo in Champions League ma non è chiaro dove disputeremo le partite. Se il campionato si svolgerà all’estero, allora possiamo trattenere alcuni giocatori, altrimenti nessuno verrà a giocare il campionato nazionale in Ucraina». «La nostra intenzione» ha continuato l’amministratore delegato dello Shakthar «è quella di ricominciare a giocare ad agosto. In Polonia, Ungheria, nell’ovest dell’Ucraina: ne stiamo ancora discutendo con gli altri club di prima e seconda divisione, ma tutti i nostri ricavi saranno sicuramente donati a rifugiati e all’esercito. Perché l’obiettivo resta vincere la guerra. Quindi ogni partita dovrebbe essere dedicata a promuovere la pace».