Baciala ancora Rom

Il ritorno di Lukaku all'Inter: un bilancio tra i ricordi del passato felice e il rancore per l'addio del 2021.

Nei primi giorni di agosto del 2021, mentre chissà cosa mi aveva convinto che restare a Milano fosse una buona idea, un corriere suona alla mia porta. Come l’agosto a Milano, il citofono che suona è un unicorno della mia vita. Quando esco dall’ascensore e il corriere mi viene incontro, so perfettamente cosa aspettarmi. Un po’ emozionato, come se fossi alla vigilia di Natale, già in ascensore scarto il sacchetto, dagli squarci fatti con le unghie si intravedono la lettera “L” e la “K”, sotto giganteggia un 9. Non so quanto quella maglia sia rimasta in bella vista sul tavolo, un numero che oscilla tra i cinque e i sette giorni, fino a che non è stato ufficiale che Romelu Lukaku non sarebbe più stato un giocatore dell’Inter. So per certo quando è uscita da quel cassetto, ovvero in questi giorni, proprio mentre la Gazzetta dello Sport titolava: “Inter mi sei mancata”. Sembra ormai che sia una questione di dettagli, una di quelle trattative che aspetta solo lo here we go di Fabrizio Romano: Romelu Lukaku sta tornando all’Inter.

In questi giorni, beffardo, il mio telefono mi ha proposto una di quelle carrellate di foto che di solito contengono ex fidanzate e ex amici sorridenti, mentre noi tendenzialmente siamo nelle nostre pose peggiori. Il titolo era qualcosa che alludeva alla preparazione della nuova estate e che quindi faceva rivivere quella trascorsa appena un anno prima. Tra queste foto campeggiava entusiasta quella della maglia di Lukaku appena spacchettata. Non riesco a capire come mi sia sentito. Non credo nel “tradimento” nel calcio: una parte recondita – ma neanche troppo – del mio cervello, spera ancora che quello che ormai è solo il ricordo del nostro Mauro Icardi decida di tornare a Milano per chiudere la carriera in modo dignitoso anziché all’ombra della Torre Eiffel. Trovo dunque impossibile provare rancore per Romelu Lukaku, un giocatore che ha cambiato la storia recente dell’Inter e che si è trasferito per una voglia di riscatto nella prima squadra che lo ha lanciato ma che non ha davvero mai creduto in lui (continuando a non farlo neanche quest’anno, in cui con 14 reti è il marcatore più prolifico del Chelsea). Non è forse la fame, la voglia di rivalsa ciò che chiediamo ai calciatori perché “sudino la maglia”? Proprio mentre scrivo queste righe, la Curva Nord è uscita con un comunicato che in breve recita “Né con Lukaku, né contro Lukaku”, uno di quei messaggi in cui si ricorda, appunto, come per conquistare il rispetto si debba sudare la maglia. Ma davvero si può imputare a Lukaku di aver “tradito” l’Inter?

In queste ore, come per tutta la sessione estiva del primo campionato dopo dieci anni che vedeva l’Inter campione d’Italia, i tifosi hanno imparato a impilare numeri e fare calcoli ancor prima che emozionarsi per i nomi che compongono il frenetico turbinio del calciomercato. La frase da bar che più sento mia è quella che dice che alla fine quelli non sono soldi nostri e quindi, consequenzialmente, cazzi nostri. Però se davvero dovessi provare un minimo di sentimenti negativi legati all’approdo di Lukaku all’Inter, sarebbe legato a quello che i soldi investiti in lui potrebbero cambiare. Se davvero, come sembra, Paulo Dybala svincolato fosse passato in secondo piano per permettere al belga di rientrare per un anno in quella che considera senz’ombra di dubbio la sua casa, come ci ha tenuto a specificare in memabili interviste sin da dicembre, be’, sinceramente un po’ mi stupirei dell’attitudine poco lungimirante della mia squadra. Un po’ come negli ultimi film Marvel, in cui easter egg e inside joke hanno travolto completamente la trama, rendendo le pellicole un fugace show-off di volti che forse una volta, in un film di 20 anni fa, sullo sfondo, avevi intravisto.

I ricordi di Lukaku all’Inter non sono niente male

Si dice in realtà che sia stato Simone Inzaghi, in sede, a chiedere a gran voce Lukaku. Le poche foto che li ritraggono insieme, mentre sono entrambi sotto contratto per la stessa squadra, vedono l’allenatore cercare con frequenza il contatto fisico con la punta. Anche nelle sue dichiarazioni in cui contestualizzava le difficoltà dei suoi primi mesi da allenatore, il nome di Lukaku, ancor più di quello di Hakimi, era in cima alla lista delle rinunce che aveva dovuto accettare a malincuore. C’è poi un aspetto del ritorno di Lukaku, che si accompagna a quella che sicuramente a conti fatti è una narrazione positiva, che però galvanizza il me tifoso nato a metà degli anni Novanta che ha dovuto aspettare quasi vent’anni della sua vita per godersi l’apoteosi del successo: questa grande voglia di Inter che parrebbero avere i cedibili e i ceduti, per cui nessuno vuole lasciare o rinunciare per troppo tempo all’Inter.

C’è un ultimo aspetto che mi fa soffrire di tutta la vicenda. Capita spesso dopo una relazione importante, non necessariamente duratura – due sono stati gli anni di matrimonio tra Lukaku e l’Inter – in cui si torna dall’ex, un po’ per paura del futuro, un po’ per noia, un po’ perché si sa quel che si lascia, ma non sono in grado di chiudere davvero una frase con un proverbio. L’Inter di Simone Inzaghi ha trovato una sua quadra, sfortunatamente vincente fino a un certo punto. È un gioco fatto di possesso nella metà campo avversaria. Un qualcosa dovrà cambiare, dunque, se davvero arrivasse Romelu Lukaku, ma persino Tancredi del Gattopardo diceva  – parafrasando – che cambiare tutto è uno dei bisogni per far sì che tutto rimanga com’è. Eppure l’Inter sembra aver bisogno di cambiare alcune cose, se non altro il proprietario dello scudetto in mezzo al pezzo.

Tutti i dubbi, però, vanno via non appena si ripensa al momento in cui Lukaku decise di riprendersi Milano. Quella foto di lui alla bandierina mentre bacia la maglia è un concentrato di ricordi così positivi che non può che dissipare ogni dubbio. Mi spaventa l’idea delle voci che si sentiranno la prima volta che Romelu Lukaku bacerà di nuovo lo stemma, perché so che succederà, è fatto così e fa parte del suo personaggio. Potrà farci soffrire, sembrare una vigliaccata o una paraculata per riconquistare i tifosi quanto prima. L’unica cosa da pensare è che quel bacio arriverà dopo un gol e, quasi come se fossimo Catullo, non possiamo non sperare che quei baci siano mille, poi altri cento e infine ancora mille. Bentornato big Rom.