Guarda Steve Kerr che tiene un discorso motivazionale ai giocatori del Maiorca

Le parole di chi ha giocato con Micheal Jordan e ha vinto quattro titoli NBA da head coach possono far bene anche a una squadra di calcio, in fondo.

Steve Kerr non è ancora molto anziano – compirà 57 anno il prossimo 27 settembre – eppure è già considerato uno dei più grandi allenatori della storia della NBA, per via del suo palmarés (quattro titoli vinti alla guida dei Golden State Warriors, tutti negli ultimi sette anni) e della sua capacità di rinnovare e quindi innovare il gioco. Nel corso della sua carriera, ha parlato di calcio in diverse occasioni. Lo ha fatto soprattutto in relazione al basket, per esempio qualche anno fa – in un’intervista rilasciata a Man in Blazers, format della NBC – disse che «tutti i giovani americani che si avvicinano alla pallacanestro dovrebbero praticare anche il calcio, così capirebbero l’importanza del passaggio e del movimento relativo a questo fondamentale». Insomma, è evidente che si tratta di uno sport che apprezza. E che segue. Questa sua prossimità si è manifestata di nuovo nei giorni scorsi, quando è stato ospite del Real Maiorca – club della prima divisione spagnola – e ha tenuto un discorso motivazionale ai giocatori della squadra rossonera.

Ovviamente l’head coach degli Warriors non è sceso nel tattico, piuttosto ha parlato di come vede il lavoro di tecnico-motivatore, in base alle sue esperienze in campo e in panchina. Kerr, infatti, prima di diventare allenatore è stato un giocatore di successo: dopo aver esordito nei Phoenix Suns, ha giocato con i Cleveland Cavaliers e con i San Antonio Spurs; nel 1993 è entrato a far parte dei Chicago Bulls, con cui nel 1998 ha completato il three-peat, vale a dire la vittoria di tre titoli NBA consecutivi. Erano i Bulls di Michael Jordan e Scottie Pippen, Dennis Rodman e Phil Jackson in panchina, praticamente una delle squadre più iconiche nella storia della lega americana, forse la più iconica in assoluto. Kerr era uno dei comprimari di quel gruppo irripetibile, ed è partito proprio da qui mentre si rivolgeva a Vedat Muriqi, Lee Kang-in, Pablo Maffeo e tutti gli altri giocatori del Maiorca, allenati dal messicano Javier Aguirre: «Da coach, ma anche perché sono stato un giocatore, capisco le frustrazioni provate da chi sta in campo solo per pochi minuti nel corso della stagione. Quando non giochi per quattro o cinque partite consecutive è sempre difficile, ma devi capire che la tua energia e il tuo ruolo nel gruppo sono fondamentali per il successo collettivo. Quando ti dai completamente alla squadra e ai tuoi compagni, il tuo valore si moltiplica». Un altro aspetto importante trattato da Kerr è stato il rapporto con giocatori leggendari come Jordan: «Allenarsi con lui non è stato facile. In ogni sessione dava il massimo e ti spingeva a farlo. Lavorare con lui è stato molto intenso, dovevi spingerti sempre un po’ più in là, oltre la soglia della fatica, ma allo stesso tempo sapevi che in quel modo ti stava spingendo a migliorare ogni giorno».

Da qui è nato un allenatore che, per sua stessa definizione, crede che per fare bene «sia fondamentale mantenere un equilibrio tra gioco e lavoro, tra divertimento e allenamento. Tutti iniziamo a fare sport da piccoli perché ci piace giocare, quindi cerco sempre di ricordare questa cosa ai miei giocatori, di rafforzare quest’idea nella mia squadra. Noi andiamo in campo per competere, per battere gli avversari, ma è importante anche fare le cose con gioia, con il sorriso. Steph Curry, in questo senso, è un fenomeno, e lavorare con atleti così rende meno faticoso l’allenamento, i viaggi, ci permette di affrontare al meglio l’enorme pressione cui siamo sottoposti». Kerr ha raccontato anche di quella volta in cui, durante una partita ufficiale, lasciò che uno dei suoi giocatori – Andre Igoudala – prendesse letteralmente il suo posto come head coach: Golden State vinse quella partita di quaranta punti. Il discorso di Kerr è stato registrato e pubblicato dal Maiorca sui suoi canali multimediali. Potete guardarlo qui: