Cosa dicono i calciatori iraniani delle proteste delle donne nel loro Paese

Sardar Azmoun e diversi suoi compagni si sono espressi sui social a difesa delle loro connazionali.

Manca poco più di un mese e mezzo ai Mondiali di calcio, ma c’è una nazione-Nazionale che sta dirottando la sua concentrazione su altro. Si tratta dell’Iran, inserita nel Gruppo B – con Inghilterra, Stati Uniti e Galles – e alle prese con le proteste nei confronti del regime della Repubblica Islamica. Tutto è cominciato dieci giorni fa, quando Mahsa Amini, una donna di 22 anni, è morta in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato il velo nella maniera corretta. In diverse città del Paese, da allora, sono scoppiate delle manifestazioni di grande impatto: oltre agli incendi appiccati, ai lanci di pietre e alle auto rovesciate, molte donne hanno bruciato i propri veli e/o si sono tagliate i capelli in pubblico. Gli inevitabili scontri con le forze dell’ordine hanno portato alla morte di 41 persone tra manifestanti e poliziotti, ma secondo Il Postche a sua volta cita Iran Human Rights, organizzazione per i diritti umani nel Paese – le persone uccise sarebbero molte di più, almeno 57.

Come detto, in questa storia il calcio c’entra eccome. E non solo perché si approssimano i Mondiali. La Nazionale di calcio ha giocato – e vinto, per 1-0 – una partita amichevole contro l’Uruguay giocata in Austria, ma nel frattempo ha manifestato la sua vicinanza alle donne iraniane. E l’ha fatto a partire dal suo uomo-simbolo, dal giocatore più forte e rappresentativo: si tratta di Sardar Azmoun, attaccante 27enne del Bayer Leverkusen che ha pubblicato una stories di denuncia sulla sua pagina Instagram. Nel post, Azmoun ha scritto che «noi giocatori non possiamo esprimerci prima della fine di questo ritiro per via del regolamento interno della Nazionale, ma personalmente non sono più in grado di tollerare il silenzio. Possono anche escludermi dalla squadra: è un sacrificio che farei anche per una sola ciocca di capelli di una donna iraniana. Vergognatevi per la facilità con cui uccidete le persone. Lunga vita alle donne iraniane».

Il post non è più visibile, perché l’account Instagram di Azmoun è stato svuotato di tutti i contenuti, pur essendo ancora attivo, ma è stato ricondiviso dall’attivista e giornalista Reza H. Akbari sul suo profilo Twitter. La manifestazione non è rimasta isolata: diversi compagni di Nazionale hanno mostrato il loro sostegno alla causa sui loro social, in particolare cambiando la loro foto del profilo o pubblicando il messaggio «I capelli delle nostre ragazze sono coperti da un sudario». Tra questi ci sono alcuni pilastri della rappresentativa guidata dal portoghese Carlos Queiroz, per esempio Mehdi Taremi, Vahid Amiri o Karim Ansarifard. Insomma, la spedizione ai Mondiali dell’Iran sta iniziando in maniera a dir poco controversa. Anche perché, come racconta Forbes in questo articolo, in occasione dell’amichevole contro l’Uruguay sono state annullate le interviste in zona mista e la conferenza stampa del postpartita, in modo che i giocatori e Queiroz non dovessero rispondere a domande scomode – per loro e per la politica iraniana. Alla fine, però, Azmoun e i suoi compagni hanno deciso di esporsi comunque. E in maniera netta. Nonostante il rischio concreto di dover saltare la Coppa del Mondo.